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In questa ultima pellicola di Nanni Moretti si nota una conferma e una novità. La prima riguarda il fatto che il regista romano traspone a terze figure non più interpretate da lui, le proprie idee e angosce inconsce. Come già fatto con Il Caimano e Habemus Papam. Quanto alla seconda, lo fa con maggiore ironia, leggerezza, mediante sequenze che interrompono la drammaticità delle storie.
Mia madre rappresenta un film biografico ma in modo poco evidente, quasi impercettibile. Si rivedono in sintesi gli aspetti degli ultimi suoi tre film: un dramma familiare (La stanza del figlio), un regista alle prese con una vita privata verso lo sfacelo e problemi al lavoro (Il Caimano), una persona in crisi d'identità (Habemus Papam).
La riuscita del film la si deve non solo alla ottima sceneggiatura, ma anche alla bravura di Margherita Buy che interpreta un ruolo che le calza a pennello: quello della donna insicura, nevrotica e fragile. E a un John Turturro in gran forma nei panni di un attore americano troppo pieno di sé. La figura della madre, infine, invece che essere protagonista del film, fa da sfondo alle vicende dei personaggi. Il suo capezzale diventa momento di confronto e riflessione soprattutto per Margherita, che comprende di non essere stata una brava figlia e di non saper vivere la vita come dovrebbe. Nanni Moretti da attore appare invece un pò spento, forse troppo rimesso. Autoimpostosi sempre più in un ruolo di spalla, quasi secondario. Forse in futuro ci abitueremo a non vederlo più dirigere se stesso, ma solo dietro una macchina da presa.
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