Non mi chiedete se è un film autobiografico, perciò non risponderò né a questa né ad altre domande morbose sulla mia infanzia", ha tuonato Asia Argento di fronte ai giornalisti che le chiedevano lumi sui genitori inqualificabili messi in scena nel suo Incompresa. Eppure, Charlotte Gainsbourg è truccata e acconciata come Daria Nicolodi. Eppure la protagonista si chiama Aria. Eppure, alla fine del film, la ragazzina guarda in macchina e dice al pubblico "Se vi ho raccontato tutto questo non è per fare la vittima...", e sembra l'excusatio non petita di Asia Argento.

Il cinema autobiografico, insomma, non è quel tipo di film grazie al quale il giornalista morboso va alla ricerca di corrispondenze tra quel che vede sullo schermo e la vita vera. Bensì quel tipo di film che sottolinea, aprendo le virgolette e inserendo molti indizi all'interno della pellicola, la presenza di elementi intimi e personali, enfatizzati da somiglianze, onomastica e altre tracce. Francamente, davvero dovrebbe interessarci qualcosa se quei due genitori che si odiano e si vogliono tanto male rappresentano per interposta persona Dario Argento e consorte? O se la sorella maggiore nata da precedente matrimonio del papà, sia da identificare come Fiore Argento? Certo se qualcuno di loro si riconoscerà, in famiglia non ci sarà da stare allegri, ma appunto la questione è da liquidare con una battuta. Questo valeva anche per l'altro film al femminile e vagamente autobiografico di Cannes, il Gran Premio alla Giuria Le meraviglie, dove molti si sono chiesti se Alice Rohrwacher, in quel papà tedesco e così testardo, odioso, ingenuo e collerico avesse nascosto il suo vero padre. Anche in quel caso, a noi critici e spettatori riguarda ben poco. Lo spunto autobiografico interessa solamente nella sua capacità di farsi universale: la tua storia mi tocca perché è anche la mia. E il problema di Incompresa è proprio questo: la storia di Aria, narrata con stile volutamente scombinato e mercuriale, ci riguarda relativamente. È l'ultima di una serie infinita di pre-adolescenti incasinate, difficili, maltrattate e ignorate dal mondo degli adulti. Annusando un po' il cinema francese di Céline Sciamma, Delphine e Muriel Coulin, Valérie Donzelli, e insomma la "vague" femminile transalpina, e affiancando per citazione diretta il non plus ultra del melodramma strappalacrime italiano - Incompreso (rivisto oggi davvero impressionante per spudoratezza sentimentale) - Asia Argento punta a un mix di eccesso e ironia, molto spesso gestito con voluta noncuranza.

"Un melodramma punk", afferma ancora la regista, che però sembra più che altro gridare un'adesione superficiale alla musica che lei sente come propria - un genere in grado di far scattare la ribellione identitaria in ogni epoca, come racconta in questo stesso periodo anche We Are the Best. Incompresa possiede momenti molto riusciti e picchi di umorismo volontario davvero spiazzanti. Quel che lascia perplessi - e che risulta comune ad altri giovani autori del nostro panorama - è la sensazione di un'opera prima perenne. Incompresa sembra il film d'esordio di una venticinquenne incavolata col mondo, che gioca a presentare la sua bambina protagonista come se stessa, a scaricare la colpa su adulti più infantili di lei, e che deve sbattere in faccia allo spettatore la rozzezza stilistica come gesto punk.
Si può stare al gioco di una protagonista della nostra cultura che alla soglia dei quarant'anni ama ancora andare in giro per i festival col dito medio alzato, oppure ritirarsi in buon ordine, senza insultare nessuno, e limitarsi a sperare che - in un Paese dove forse, persino in politica, assistiamo a uno svecchiamento anagrafico - tutti quanti cominciamo a pensarci come adulti e non come eterni adolescenti che fanno le linguacce al "sistema".