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Trattasi solo di film

Moretti e il papa. Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

In foto Nanni Moretti, in una scena del suo ultimo film Habemus Papam
Nanni Moretti (Giovanni Moretti) (70 anni) 19 agosto 1953, Brunico (Italia) - Leone.

lunedì 28 marzo 2011 - Focus

Sono solo canzonette" e "Trattasi di canzonette". E poi "Vi stupiremo con gli effetti speciali".
Le prime due definizioni appartengono a Bennato e Jannacci, artisti intelligenti, consapevoli del proprio ruolo e del ruolo delle canzoni. La terza appartiene al cinema.
"Effetti speciali" va inteso come cifra prevalente del cinema, come opzione primaria, che sarebbe l'evasione. Poi il cinema ha dato molto, su tutti i piani, anche su quello della cultura naturalmente, e lo ha dato a suo modo. Perché il cinema ha dei limiti.
Ho letto la poca letteratura, della carta e del video, riferita a Habemus papam, il film in uscita di Nanni Moretti. Il mio naturalmente è un pezzo preventivo, il film non c'è ancora, i miei argomenti derivano delle informazioni che sono state suggerite, che non sono molte, ma sufficienti per un quadro generale. Non sono tanto sprovveduto da recensire un film che ancora non c'è. Scrivo su un'indicazione e su un principio.
Ciò che trapela racconta di un cardinale che, eletto papa, sprofonda in una crisi di fede. Lo psicanalista Moretti, davanti ai cardinali del conclave gli domanda se abbia problemi con la fede. Sale a quel punto la voce di Mercedes Sosa che canta la sua canzone simbolo "Todo cambia". Parole contro la dittatura argentina e universale. È interessante l'omologazione dei simboli, è davvero cinematografica. È un effetto, appunto.

Temi
E qui riprendo il concetto detto sopra. Il cinema non gradirebbe essere applicato ai grandi temi dell'uomo e del divino, ai pronunciamenti sulle due vite, questa e l'altra. Non intenderebbe cercare soluzioni sulla fede. È una responsabilità fuori portata. Non ne ha la cultura e la potenza. E anche chi fa il cinema ha dei limiti. Le grandi idee, quelle fondamentali e "legislative", arrivano sempre prima del cinema e dei cineasti. Quelle idee le pensano altri. Dopo questa premessa, un'altra premessa. Ho scritto più volte che considero Nanni Moretti una delle pochissime prove dell'esistenza in vita del cinema italiano. Dunque, se ho un pregiudizio su di lui, è un "contropregiudizio", è buono e positivo. Sono dunque sicuro che il suo film non sarà banale o convenzionale, cercherà di trovare soluzioni e indicazioni alla Moretti. Ma quelle indicazioni/soluzioni, per quell'argomento, non potranno che essere inadeguate e improprie. E, aggiungo, poco utili.

Il papa in crisi, interpretato da Michel Piccoli, assume il nome di Celestino VI. E questo ci sta, è appropriato ed è un simbolo corretto. Il predecessore, chiamiamolo così, Celestino V, fu eletto papa nel luglio del 1294. Deluso dalla mondanità e dalla corruzione della curia papale, abdicò -unico caso nella storia della Chiesa- dopo cinque mesi per tornare alla sua vita di eremita. Il contrappasso morettiano certo non è casuale. Ribadisco che il regista romano assume un'iniziativa sproporzionata. Non apparterebbe a lui e a nessuno del cinema. Tuttavia, qualche volta un cineasta smarrisce il senso del proprio ruolo, la percezione delle proprie possibilità e si misura in una missione impossibile. Un richiamo omologo seppure meno vasto: Inception. L'autore Christopher Nolan ha inteso applicare il cinema, e se stesso, su una soluzione fra la psiche, l'inconscio e il sogno. Ha salvato il film mettendoci Di Caprio e una massa di effetti speciali che hanno stordito lo spettatore e mimetizzato il primo intento. Roba da cinema, appunto. Per i meccanismi del sogno c'era già stato... Freud. Il target che conosce Freud, in parte ha riso e sorriso, in parte si è irritato. È la solita storia degli artisti che invadono campi che non conoscono, e non sanno di non conoscerli.

Analogie
È emerso Freud. Per analogie, sull'argomento fede, faccio emergere chi lo conosceva bene. C'è stata gente che ci ha messo la testa. Autori e pensatori a partire dal secolo della ragione, il Settecento. I nomi sono quelli, fra gli altri, di Voltaire, Rousseau, Diderot, Condorcet, Proudhon, i grandi illuministi e grandi atei, tutti francesi. E poi, salendo, Darwin, Marx, Nietzsche, Russell, Sartre. Tutti costoro sapevano ciò che dicevano. Avevano tutti gli strumenti. Possedevano il talento e l'efficacia. E avevano un disegno: consideravano la fede un ostacolo all'intelligenza e alla ragione, oppure al benessere collettivo. Il disegno non è stato compiuto. Non sono riusciti a scardinare ma certo un segno lo hanno lasciato. Tutti costoro non sono ... Moretti.
Mi accorgo, con queste memorie e citazioni di dare troppa importanza a un regista. Anch'io sono stato "sproporzionato" e sono caduto nell'effetto speciale. E comunque nel nostro tempo siamo tutti ragionanti e non credo che essere credenti ci penalizzi nel benessere. Così non riesco a capire l'"intento". Mi domando "a cosa serve". Rispondo che non serve a niente, ma fa parte di una delle mode di questa epoca. Scrivo sempre malvolentieri le parole che seguono: "politicamente corretto".

Digressione
Il cosiddetto messaggio laico, che poi è semplicemente ateo, è un dovere preciso di gran parte della comunicazione e delle altre discipline. Ed è qui che riprendo le canzonette dell'inizio, e inserisco una digressione. In contemporanea ad Habemus papam, habemus Vasco Rossi che presenta il suo nuovo album "Strano, sono ancora qui" e che definisce "un severo manifesto ateo". Come se fosse una medaglia. Oltrepassando i concetti detti sopra sul cinema e sul film, estendo gli assunti all'album del cantautore. Con qualcosa in più riferito all'artista: l'ateismo promosso da un modello come Vasco mi sembra un incoraggiamento e un'indicazione irresistibile in senso opposto. E le canzoni non sono gli strumenti adatti per quel compito. Hai a disposizione due o tre minuti, ma come fai? E certo non intendo svilire le canzoni e i loro contenuti. E qui porto un altro autore e un altro esempio. Roberto Vecchioni. Nella sua bella performance di Sanremo,"Chiamami ancora amore", canta: "...perché le idee sono come farfalle/che non puoi togliergli le ali/perché le idee sono come le stelle che non le spengono i temporali, perché le idee sono voci di madre/che credevamo di avere perso/e sono come il sorriso di Dio/in questo sputo di universo...".
In semplicità e magari ingenuità, in quelle parole ci sono indicazioni intense e alte ma che non debordano dai confini della "canzonetta". E Vecchioni è un innamorato delle idee senza neppure essere ateo.

Tema
Rientrando dalla digressione, il tema di Habemus non può che ricondurre a Benedetto XVI, come modello attuale. Il papa è stato più volte "oggetto artistico". In Che bella giornata Checco Zalone, capo della sicurezza del pontefice, ferma tutta la colonna e fa scendere "Benedetto" per presentargli un parente. La sequenza è divertente, avrà divertito anche il papa, se l'ha vista. C'è un artista, Paolo Schmidlin, che nella sua opera Miss Kitty, ha rappresentato un Ratzinger ammiccante in tanga e autoreggenti. Ci sono altre rappresentazioni che la richiamano. Ho già avuto modo di scrivere che è davvero troppo facile usare il papa secondo quei simboli, il grottesco, la dissacrazione, il "laicismo". Il papa è ingessato nei suoi pochissimi gesti rituali. Tutto ciò che gli fai fare di diverso diventa subito comico, o grottesco, appunto. Le risate che Crozza strappava nel suo programma erano un trucchetto a buon mercato.

Senza effetti
Considerazione senza effetti speciali: se venissimo a sapere che Ratzinger ha perso la fede credo proprio che ci dispiacerebbe e ci preoccuperebbe, magari ci angoscerebbe. E credo anche che se il papa avesse dei dubbi se li terrebbe per sé. Il dubbio individuale (anche se di un individuo... importante), sarebbe grave, diciamo così, ma il danno per i miliardi dei "suoi" sarebbe il più grave dal trentatrè a oggi. Insomma il grande dubbioso ci starebbe molto attento. La lunga diplomazia delle mura leonine certo gli avrebbe insegnato a simulare. E comunque non sarebbe uno psicanalista la soluzione. Ma non è davvero il caso di Ratzinger, che mi sembra un fedele vero. Ritengo che anche nel quadro delle mode che ho detto sopra, tutto possa essere toccato, proprio tutto, ma il papa lo lascerei stare. È un'entità troppo esclusiva. Un sortilegio buono che non c'entra con tutto il resto, anche per un ateo. Gli concederei una franchigia che dopotutto non credo demeriti. Nei suoi interventi ho sentito indicazioni solo buone, a favore dei deboli e degli umani in difficoltà in tutti i posti della terra. Ho sentito il dolore per i delitti storici della chiesa e per gli imbarazzi contemporanei. E anche i tentativi di evolvere un'ortodossia sorpassata, nei limiti che il suo "capo" gli consente. Sì, lo lascerei stare.

In attesa, con curiosità, del film di Moretti.

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