paolopace
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venerdì 14 ottobre 2016
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si salva chi gioca e si diverte
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Con questo film Kubrick ha cercato di unire pubblico e intellettuali come aveva fatto in "2001". Per far questo, doveva realizzare una opera d'arte, quella che, bypassando i superficiali blocchi culturali essa, sia una canzone dei Beatles sia un grande quadro, comunican un linguaggio universale penetrando attraverso il suo contenuto nell'inconscio non facendo differenza tra chi guarda. Lo spettatore dell'opera di Kubrick é l'Uomo, e per questo essa è riuscita a essere insieme intellettuale e popolare, cosa difficile quanto la trasposizione di un libro al cinema, con il regista impegnato a trovare gli equivalenti del successo di un libro nel linguaggio cinematografico, anche se il libro non è una opera letterale seria.
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Con questo film Kubrick ha cercato di unire pubblico e intellettuali come aveva fatto in "2001". Per far questo, doveva realizzare una opera d'arte, quella che, bypassando i superficiali blocchi culturali essa, sia una canzone dei Beatles sia un grande quadro, comunican un linguaggio universale penetrando attraverso il suo contenuto nell'inconscio non facendo differenza tra chi guarda. Lo spettatore dell'opera di Kubrick é l'Uomo, e per questo essa è riuscita a essere insieme intellettuale e popolare, cosa difficile quanto la trasposizione di un libro al cinema, con il regista impegnato a trovare gli equivalenti del successo di un libro nel linguaggio cinematografico, anche se il libro non è una opera letterale seria. Kubrick scelse il romanzo di Stephen King unicamente per il congegno della trama, che egli trovava estremamente adatta a un film che mantenesse fino alla fine le sue ambiguità, la possibilità di infiniti punti di vista, suggerimenti plausibili secondo, ancora una volta, le credenze di ciascuno. Possiamo avere indicazioni della visione del mondo di Kubrick anche dai suoi film che egli amava di meno, come il suo primo lungometraggio "Fear and desire", titolo che potrebbe valere per tutta la sua opera. Come è stato fatto giustamente e acutamente osservare camminare sul filo del rasoio, passare dentro ciò che divide rappresenta anche ciò che unisce, anche se questo, non certamente nuovo nella storia della letteratura, forse i film di Kubrick come quelli di nessun altro é riuscito così bene da portare parte del pubblico e dei critici di valore ad attaccare l'opera kubrickiana, o ad attribuirle connotati neri, diabolici, a non accettare una certa visione di noi stessi, così come per l'epoca in cui venne scritto "Lo strano caso del Dr. Jekyll e di Mr. Hyde" era difficile accettare che uno stimato professionista possa rivelare una natura di assassino. Kubrick stravolge il libro di King con l'apporto di Diane Johnson e visita, secondo il suo stile, il cinema horror e fantastico con tutti i suoi elementi fondamentali, cercando di fare le cose meglio di come siano state mai fatte. Attore molto intelligente, Nicholson capisce e si mette in sintonia con le intenzioni kubrickiane, patendo le conseguenze di un metodo (ad esempio ripetendo una scena spesso cinquanta o anche cento volte (record una con Shelley Duvall, 126 volte) che non osa contestare, anzi definendolo esemplare. Kubrick può sfruttare quella inquietante luce dello sguardo che l'attore aveva sempre avuto nel cinema, già affrontando temi che riguardono la identità o la malattia mentale. Pur non essendo un film per bambini, il film si rivolge insieme al bambino e all'adulto che è in noi, che è lo spunto, la traccia in cui si svolge il film dove Wendy, che solo all'ultimo viene toccata dallo "Shining", sembra essere la posta in gioco tra il figlio e il padre. L'Overlook Hotel è impregnato della Storia e di storie "non tanto giuste" come dice Hallorann, che lasciano tracce, e mentre il figlio disturba coi suoi poteri - come la preveggenza - gli spiriti maligni il padre cade facilmente preda dei demoni che lo abitano, scrittore e insegnante fallito (cacciato per aver picchiato un alunno), oltre che alcolista da pochi mesi astemio (e quindi ancora in crisi), invidioso del figlio più intelligente di lui e sprezzante verso la moglie. La foto finale di un'America spensierata e gaudente (razzista e segregazionista) offre più di un indizio per più di una delle interpretazioni del film
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paolopace
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giovedì 29 settembre 2016
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vediamo quello che siamo
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Una nuova esplorazione di Kubrick dello spazio interiore ed esteriore dell'individuo, dove, al progressivo stringersi del tempo e dello spazio convenzionali corrisponde un'espandersi di quelli interiori. La progressiva follia di Jack si manifesta con fenomeni di sdoppiamento nonché della progressiva abolizione dei confino tra l'Io e il mondo, tra l'esperienza individuale e quella collettiva e generazionale. Come "2001" rappresentava un bang psichedelico che andava incontro alle esigenze spiritualistiche della generazione dei giovani di quegli anni "Shining" indaga le frustrazioni e le inadeguatezze (già presenti in "2001") dell'uomo contemporaneo, raccontando una famiglia disfunzionale che sembra la prosecuzione della guerra (a sua volta prosecuzione della politica) con altri mezzi.
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Una nuova esplorazione di Kubrick dello spazio interiore ed esteriore dell'individuo, dove, al progressivo stringersi del tempo e dello spazio convenzionali corrisponde un'espandersi di quelli interiori. La progressiva follia di Jack si manifesta con fenomeni di sdoppiamento nonché della progressiva abolizione dei confino tra l'Io e il mondo, tra l'esperienza individuale e quella collettiva e generazionale. Come "2001" rappresentava un bang psichedelico che andava incontro alle esigenze spiritualistiche della generazione dei giovani di quegli anni "Shining" indaga le frustrazioni e le inadeguatezze (già presenti in "2001") dell'uomo contemporaneo, raccontando una famiglia disfunzionale che sembra la prosecuzione della guerra (a sua volta prosecuzione della politica) con altri mezzi. Kubrick analizza i parallelismi tra i conflitti familiari e quelli sociali e storici, politici, annullando progressivamente in questo film, che in un certo senso ripete "2001", le differenze logiche convenzionali per ridurre tutto a un'immagine (senza riuscirci però mai completamente, in questo senso realizzando una specie di perfetta imperfezione, in quanto opera umana, e dunque impossibile in tal senso, ma tentando il più possibile di avvicinarsi all'impossibile). L'ambiguità del film, in parte dovuta allo spingersi oltre il limite, in parte alle incongruenze (che Kubrick ha disseminato in tutti i suoi film) volute che caratterizzano uno dei perni della narrazione, a volte talmente palesi da costringere lo spettatore a una riflessione che in ultima analisi è quella sul cinema (il film piace molto ai cinefili) e sull'arte, oltre che la vita. Per questo film non si è nemmeno imposta (come Nietzsche per "2001") una visione sulle altre, e quindi può andar bene per una infinita serie di argomenti. A differenza di Stephen King, Kubrick era un ateo che pensava che il mondo si reggesse sullo scontro-incontro tra forze contrapposte, il bene e il male che è fatale che vadano in conflitto tra di loro ma che hanno bisogno l'uno dell'altro. Hyde era l'anima di Jekyll, così come Fantomas e l'ispettore Juve erano fratelli gemelli, impossibile è pensare a Diabolik senza l'ispettore Ginko e viceversa, mentre George Simenon, creatore di Maigret, pensava che tutti fossero vittime e che non ci fossero colpevoli da condannare. L'elenco potrebbe continuare (ad esempio James Bond e il cattivo di turno) ma è significativa l'affermazione di Kubrick secondo la quale non bisognerebbe meravigliarsi del male che compie l'essere umano, quanto piuttosto del bene. Gli artisti sembrano avere una sorta di "salvacondotto" per le verità spesso scomode che son chiamati a rilevare (il che non vuol dire che piacciano loro o le condividano). Uno dei massimi compositori del XX secolo, Karlheinz Stockhausen era famoso per le sue affermazioni provocatorie (prima dell'ultima sull'11 settembre, quelle che sembrarono ancora più "giustificatorie" sul nazismo considerato la diretta espressione dei sentimenti - che comprendeva - del popolo tedesco del periodo). E' successo anche in Italia, dove Sordi, Tognazzi, Gassmann e altri mattatori paiono aver fatto un patto col potere per raccontare la verità, purchè mantenuta sotto l'iperbole comica e nella solita "pura casualità" dei fatti narrati rispetto alla realtà.
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paolopace
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venerdì 16 settembre 2016
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storia criminale
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Una famiglia da cui subito si marca la differenza del rapporto tra madre e figlio e il padre, che Nicholson interpreta con estrema intelligenza e sensibilità, e vera differenza del romanzo di Stephen King, che si è manovrato dalle oscure presenze dell'Overlook, ma è anche dall'inizio un uomo amareggiato e frustrato, che non tarderà troppo a manifestare in modo sempre peggiore il suo odio per il figlio e il suo disprezzo per la moglie. Che si tratti di una famiglia gravemente disfunzionale Kubrick lo mostra dal fatto che raramente vediamo i tre membri della famiglia, nel lungo periodo passato all'hotel, insieme, e quando sono insieme, all'inizio, basta guardare Danny quando arriva il padre, al contrario delle scene con la mamma, dove è sempre sereno, contento e felice.
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Una famiglia da cui subito si marca la differenza del rapporto tra madre e figlio e il padre, che Nicholson interpreta con estrema intelligenza e sensibilità, e vera differenza del romanzo di Stephen King, che si è manovrato dalle oscure presenze dell'Overlook, ma è anche dall'inizio un uomo amareggiato e frustrato, che non tarderà troppo a manifestare in modo sempre peggiore il suo odio per il figlio e il suo disprezzo per la moglie. Che si tratti di una famiglia gravemente disfunzionale Kubrick lo mostra dal fatto che raramente vediamo i tre membri della famiglia, nel lungo periodo passato all'hotel, insieme, e quando sono insieme, all'inizio, basta guardare Danny quando arriva il padre, al contrario delle scene con la mamma, dove è sempre sereno, contento e felice. Kubrick, anche se attribuisce parzialmente a un'aggressione del padre questo fatto, induce a credere in forze paranormali riguardo il bambino immaginario col quale Danny colloquia, a meno di non volere considerare schizofrenica tutta la famiglia; Danny dall'inizio e la madre alla fine, quando essa stessa ha delle visioni. Kubrick dissemina il film di tanti simboli, incongruità (come mettere qualcosa di autobiografico in personaggi totalmente diversi da lui) e ambiguità che ognuno, come in “2001”, può leggervi ciò che vuole o ciò che crede. Il film è amatissimo dagli intellettuali anche se Kubrick era intenzionato, senza sacrificare cnessuna delle sue ambizioni, a realizzare un'opera che valesse come puro film horror, credibile alla visione e con una sua logica. Il successo di pubblico arrise e Kubrick evitò un secondo “passo falso” in questo senso dopo “Barry Lyndon”, al quale non bastarono la più bella delle fotografie con molto del meglio pittorico (e musicale) dell'epoca per neutralizzare un cupo pessimismo, quel senso di morte del moralismo di un autore tanto bravo nel rappresentare uomini ed eventi che non condivide, anche se li ama o li comprende. Ciò vale anche per “Shining”, ma qui c'è la verve di Nicholson con momenti anche comici, da cartone animato, una delle sottotrame possibili del film. Anche qui Kubrick non manca di mostrare l'ambiguità degli atteggiamenti istintuali umani, o per lo meno così ci appare dagli inevitabili condizionamenti morali, educativi, sociali o magari innati. Come in Wendy, dove l'istinto materno e di sopravvivenza, componente animale in un personaggio buono se mai ve ne furono (che anche questo, come Jack, King che la considera - quella del film - stupida non può accettare) nel cinema di Kubrick, tanta parte hanno nella storia. Il film, che già Kubrick ha tagliato per l'edizione fuori USA e Canada non approfondisce troppo le ragioni della follia di Jack, la sua storia di probabili abusi avuti durante l'infanzia, come quelli da lui inferti a Danny, ma a un certo punto la spiegazione soprannaturale prevale, come se fossero due film in uno, che Kubrick ha cercato in qualche modo di fondere; uno in cui si tratta semplicemente della storia di un ubriacone violento e l'altro quella di un disgraziato in balia di forze più grandi di lui. Kubrick costruisce un ponte tra queste due storie; per lui è la verità stessa (o il nostro bisogno di dare senso alle cose) a essere ambigua. La fotografia di John Alcott è sublime, sia come fantastica sia come realistica. La colonna sonora è forse la più densa del cinema kubrickiano, come lo stesso film. Kubrick ha ricostruito tutto, ma pretendendo un realismo assoluto, dalle pietre al legno (che andò a fuoco).
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paolino77
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venerdì 19 agosto 2016
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la pietra miliare delle pietre miliari al cinema
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Si tratta di un film struggente da qualsiasi punto di vista. Kubrick sviluppa la trama come nessun altro avrebbe potuto fare. La qualità figurativa è una delle maggiori della storia del cinema. Sembra quasi che il regista si annulli nello spingere la tecnica di ripresa ai limiti possibili, ma solo perchè dotato dell'intuito e del talento nella scelta del mezzo (altrimenti il film sarebbe una porcata e non uno dei migliori della storia del cinema) mentre i livelli di lettura si moltiplicano in un'opera che resterà molto più a lungo di quasi tutte le contemporanee, come quelle di Fellini. E' chiaro che a Kubrick, come a Hitchcock, interessa più il modo di raccontare una storia che la storia stessa, ma sa bene che al cinema bisogna fare il contrario (prime il che cosa, poi il come che da esso deve scaturire) perchè il film diventi intenso, presente, forte, implacabile, perfino pietroso, come lui e pochi altri geni hanno saputo fare.
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Si tratta di un film struggente da qualsiasi punto di vista. Kubrick sviluppa la trama come nessun altro avrebbe potuto fare. La qualità figurativa è una delle maggiori della storia del cinema. Sembra quasi che il regista si annulli nello spingere la tecnica di ripresa ai limiti possibili, ma solo perchè dotato dell'intuito e del talento nella scelta del mezzo (altrimenti il film sarebbe una porcata e non uno dei migliori della storia del cinema) mentre i livelli di lettura si moltiplicano in un'opera che resterà molto più a lungo di quasi tutte le contemporanee, come quelle di Fellini. E' chiaro che a Kubrick, come a Hitchcock, interessa più il modo di raccontare una storia che la storia stessa, ma sa bene che al cinema bisogna fare il contrario (prime il che cosa, poi il come che da esso deve scaturire) perchè il film diventi intenso, presente, forte, implacabile, perfino pietroso, come lui e pochi altri geni hanno saputo fare. L'essenzialità che a una visione superficiale impopverisce il film in realtà lo arricchisce, "Shining" è uno dei film più geometrici e per alcuni aspetti paradossalmente semplici che siano stati fatti. ma è una semlpicità ottenuta togliendo via via quella zavorra che Frank Capra riteneva essere tutto il girare salvo quei due o tre modi che appartengono al film. I modelli per Kubrick sono sempre stati i registi semplici, che badavano relativamente poco alla forma, perchè anche essa è spazzatura senza l'idea (lo sosteneva pure Ciccio Ingrassia). Kubrik è una sorta di Re Mida del cinema, che rende oro tutto quello che tocca, e l'emozione che abbiamo visitando i luoghi del film è davvero quella di Wendy (l'unica persona normale della faccenda, davvero da film di Frank Capra - o Lewis Milestone o Leo Mc Carey - che manifesta la sua meraviglia visitando le sale dello splendido hotel). Shelley Duvall ha lamentato che il particolare - sbalorditivamente virtuosistico - uso degli obiettivi di Kubrick ha reso più belli gli oggetti che gli attori, ma cos' doveva essere, anche perchè l'Overlook Hotel, come il computer Hal in "2001", è il vero protagonista del film. Almeno su questo Kubrick e Stephen King, autore del romanzo originale (la cui traduzione italiana ha colto bene il senso con "Una splendida festa di morte") dovrebbero essere d'accordo.
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paolino77
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venerdì 19 agosto 2016
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questo pazzo pazzo mondo
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Un film che spesso raggiunge vette o profondità tra le più straordinarie non solo della storia del cinema ma della intera storia dell'arte; cosa che si può dire di ogni film kubrickiano, ma che qui porta al culmine, prima del sublime "Eyes Wide Shut", una ambizione ai limiti delle possibilità umane. Lo sperimentalismo, che passa da "2001: Odissea nello spazio" con la sua stanza del Settecento al Settecento "vero" (in realtà mutuato dalla sua migliore arte figurativa e musicale) di "Barry Lyndon" alle soluzioni tecniche di questo film, dove l'operatore cava il cavabile con tutta la gamma degli obiettivi migliori sul mercato, si tratti di riprendere pure gli scatoloni di uno sgabuzzino nella intuizione che il segreto della realtà, di "quello che noi chiamiamo il mondo" (Fellini) si trovi ovunque, fendendolo con la steadycam oppure contemplandolo riprendendo ambienti normali con una tecnologia (ma anche con trucchi da esperto fotografo) come se dovesse riprendere le galassie.
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Un film che spesso raggiunge vette o profondità tra le più straordinarie non solo della storia del cinema ma della intera storia dell'arte; cosa che si può dire di ogni film kubrickiano, ma che qui porta al culmine, prima del sublime "Eyes Wide Shut", una ambizione ai limiti delle possibilità umane. Lo sperimentalismo, che passa da "2001: Odissea nello spazio" con la sua stanza del Settecento al Settecento "vero" (in realtà mutuato dalla sua migliore arte figurativa e musicale) di "Barry Lyndon" alle soluzioni tecniche di questo film, dove l'operatore cava il cavabile con tutta la gamma degli obiettivi migliori sul mercato, si tratti di riprendere pure gli scatoloni di uno sgabuzzino nella intuizione che il segreto della realtà, di "quello che noi chiamiamo il mondo" (Fellini) si trovi ovunque, fendendolo con la steadycam oppure contemplandolo riprendendo ambienti normali con una tecnologia (ma anche con trucchi da esperto fotografo) come se dovesse riprendere le galassie. Tutto "Shining" potrebbe essere (anzi, in un certo senso deve essere, per noi che guardiamo) un sogno psichedelico ma molti non se ne sono accorti. Stephen King, agnellino quanto lo è Hillary Clinton, rimprovera a Kubrick scarsa sensibilità secondo me prendendo una cantonata epica. Lo stesso metodo di lavorazione di Kubrick dimostra una sensibilità (oltre che una intelligenza) che ci vogliono migliaia di persone per trovarne uno uguale. Alcuni critici hanno compreso che il film indica una via chiarificatrice per comprendere l'opera kubrickiana a parire da "2001", chi in una limitata lettura di genere, chi in senso filosofico, chi in senso (che è poi il più corretto) della sua originalità, del suo grave rigore, della percezione portata al limite di una ricerca perfezionista alla ricerca e forse alla scoperta di una traccia invisibile presente da semrpe e per sempre. Kubrick sembra averla trovata, questa lunghezza d'onda che gli permette una specie di super-visione, come la visione di un superno (alieni immaginati da Arthur Clarke ne "Le guide del tramonto" nel 1953). Con Kubrick vediamo in un altro modo, forse in un altro mondo; è questa la grandezza della sua opera. "Shining" è una odissea nello spazio e nel tempo ancora più allucinata e sottile che "2001". Un film che per alcuni è una barba, una perdita di tempo; per altri, una lettura, una rivelazione, una illuminazione, un venire a capo di che cosa è il tempo. Giustamente è stato elogiato Nicholson, nei cui occhi Kubrick cerca e trova segni oltreumani; ma lo sguardo calmo e ambiguo del bambino in certi momenti è ancora più inquietante.
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paolo vattelappesca
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mercoledì 10 agosto 2016
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viaggio nella quarta dimensione
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Questo film è una lettura del tempo che è lo spazio dell'Overlook Hotel come lo era la stanza del finale, dopo il viaggio oltre l'infinito, in "2001". Siamo, come già in "Arancia Meccanica", "entrati" nel monolito. "Entrati", perchè secondo le nostre convenzioni spazio-temporali non andiamo da nessuna parte, siamo già morti. E quello di "Shining" è il punto di vista di uno spirito, come appare appena ma chiaramente accennato in alcune inquadrature come la soggettiva del "nulla" in uno dei giri col triciclo di Danny, con la macchina da presa che prosegue mentre Danny è già svoltato (ma il film comincia dall'inizio con una inquadratura che non rappresenta nessun soggetto). Tutto "Shining" è costruito per perturbare le normali coordinate di riferimento degli spettatori.
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Questo film è una lettura del tempo che è lo spazio dell'Overlook Hotel come lo era la stanza del finale, dopo il viaggio oltre l'infinito, in "2001". Siamo, come già in "Arancia Meccanica", "entrati" nel monolito. "Entrati", perchè secondo le nostre convenzioni spazio-temporali non andiamo da nessuna parte, siamo già morti. E quello di "Shining" è il punto di vista di uno spirito, come appare appena ma chiaramente accennato in alcune inquadrature come la soggettiva del "nulla" in uno dei giri col triciclo di Danny, con la macchina da presa che prosegue mentre Danny è già svoltato (ma il film comincia dall'inizio con una inquadratura che non rappresenta nessun soggetto). Tutto "Shining" è costruito per perturbare le normali coordinate di riferimento degli spettatori. Il problema del film, secondo alcuni irrisolto e forse irresolvibile, era combinare la storia di King, scelta per l'equilibrio tra l'elemento psicologico e quello soprannaturale, con le idee di Kubrick, che erano molto diverse. Kubrick racconta soprattutto l'odissea in un cervello malato e, ancora una volta, una visione dell'uomo e della storia estremamente pessimista che non potevano andare a genio a un romantico come King. Soprattutto l'edizione tagliata da Kubrick per il mercato non americano sacrifica quasi tutte le scene "normali" del film che viene così classificato come un caso di follia (ma non lo era anche "Lolita"?). Non è che Kubrick non credesse che esistessero o non piacessero uomini come quelli interpretati da James Stewart nei film di Frank Capra, ma sapeva che ce n'erano almeno altrettanti che somigliavano più a Jack (o agli altri "eroi" del cinema kubrickiano) e che soprattutto fossero più interessanti in una storia che i buoni e i bravi. Kubrick, quasi un Dr. Jekyll della macchina da presa, sembra non prendere posizione, egli è combattuto, dilaniato dal ruolo da affidare al male, dal suo rapporto indissolubile col bene, e quindi si impone un freddo distacco, quello che tanto lamenta King. Saranno i critici, gli intellettuali, il pubblico (le civiltà?) a tirare le conclusioni che crederanno. Egli per usare le sue parole, ha cercato di essere semplicemente obiettivo, ossessionato innanzitutto di mantenere il controllo per cui nulla di essenziale (e perciò così forte) sfuggisse, in ogni immagine. Ma Kubrick parla anche al cuore, anche se dopo aver parlato al cervello, e alcune delle scene più strazianti dal punto di vista emotivo sono proprio del suo cinema. Anche a queste, non siamo abituati. La verità può far male come l'inferno. L'originalità di Kubrick è nel suo essere fuori dalle mode, dalle false coscienze, dalle astratte ideologie, dai dogmi accettati passivamente, dalle convenzioni, anche cinematografiche; da quelle "convinzioni" che sono convenzioni, dai riflessi condizionati. Kubrick ha cercato di sorprendere, di meravigliare, di raccontare l'imprevedibile o l'impensabile, così facendo allargando gli orizzonti e stimolando alla riflessione filosofica e morale, politica o anche "soltanto" cinematografica e artistica. Hollywood non gli ha mai perdonato la sua distanza dall'America, dall'averla raccontata, "esiliato" in Inghilterra da "Lolita" (dove la racconta bene) come una massa di mediocrità (come Hitchcock, che infatti non ebbe mai neanche lui l'Oscar), negandogli l'Oscar come miglior regista o come miglior film. E in Inghilterra ancora imbarazza: ministri del Regno Unito, dopo 35 anni, ancora non vogliono parlare di "Arancia Meccanica".
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urbano78
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lunedì 11 luglio 2016
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il terzo occhio
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"Il cinema è una invenzione senza futuro" dicevano i fratelli Lumiére. E, in un certo senso, questo si addice ai film di Kubrick, che si presentano sotto le apparenze di un cinema di genere, ne fanno un (o il) capolavoro assoluto ma rimangono senza figli, al massimo ne vengono copiati (come ha ammesso Spielberg) nei "trucchi" tecnici, come la sovraesposizione della pellicola, l'aumento dei tempi di sviluppo, l'aumento dell'apertura dell'obiettivo, l'uso di obiettivi grandangolari in interni, e altri accorgimenti. Kubrick attraverso uno spirito-occhio batte il tempo, le ore, i giorni, dentro lo spazio, in un gioco vertiginoso e insuperato, con la steadycam è il terzo occhio. Si sa che l'apparenza inganna: l'immagine nega ciò che rappresenta.
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"Il cinema è una invenzione senza futuro" dicevano i fratelli Lumiére. E, in un certo senso, questo si addice ai film di Kubrick, che si presentano sotto le apparenze di un cinema di genere, ne fanno un (o il) capolavoro assoluto ma rimangono senza figli, al massimo ne vengono copiati (come ha ammesso Spielberg) nei "trucchi" tecnici, come la sovraesposizione della pellicola, l'aumento dei tempi di sviluppo, l'aumento dell'apertura dell'obiettivo, l'uso di obiettivi grandangolari in interni, e altri accorgimenti. Kubrick attraverso uno spirito-occhio batte il tempo, le ore, i giorni, dentro lo spazio, in un gioco vertiginoso e insuperato, con la steadycam è il terzo occhio. Si sa che l'apparenza inganna: l'immagine nega ciò che rappresenta. Kubrick rielabora il fantastico, ne fa fare un balzo in avanti nei codici narrativi. Il film è un raro esempio di come una pellicola possa colpire l'anima, sondare gli abissi del terrore nella mente umana, toccare le corde più profonde. Viaggiamo sia nel male interno, che Jack si porta dentro e che aspetta una occasione per esplodere che in quello esterno, rappresentato dall'Overlook dove egli diventa una pedina di un gioco più grande di lui. Il film presenta inquietanti parallelismi con "2001: Odissea nello spazio", come esso è diviso in quattro parti: la prima comincia con i panorami in Colorado; la seconda con la missione che il direttore dell'albergo affida a Jack; la terza con i personaggi chiusi nell'Hotel, isolati dal mondo come gli astronauti nel Discovery; la quarta è il viaggio iniziatico nel labirinto dove avviene la morte di Jack e la sua trasfigurazione nella fotografia degli anni '20. Come in "2001" si intuisce che il mondo è un teatro con qualcuno o qualcosa (Dio? Satana? Gli extraterrestri? Una misteriosa forza cosmica? Forse l'Universo è una super-identità pensante?) che guida l'evoluzione umana, con il male (simboleggiato dal sangue che esce dalla porta dell'ascensore e in "2001" dal monolito nero che ogni volta che appare succede una violenza - e "Shining" è un film di un rigore che si può definire pietroso -) che ha una sua parte necessaria - qui Kubrick si conferma un autore tragico e niente affatto melodrammatico. Anche se non si nota troppo, come succede nei grandi, la raffinatezza formale - fotografia di John Alcott (e Stanley Kubrick) con tutta la gamma degli obiettivi Zeiss - è superiore allo stesso "Barry Lyndon". Gli attori (tranne Danny che ha partecipato come in un gioco senza conoscere la storia) hanno dovuto patire (sia la Duvall che Scatman Crothers hanno avuto delle crisi) i metodi di lavoro di Kubrick ma Nicholson fu sempre entusiasta; la sua intesa col regista fu eccellente anche grazie all'enorme stima reciproca. La critica, spesso grande nemica di Kubrick (come pure l'"Academy of Motion Picture Arts and Sciences": mai l'Oscar a Kubrick come miglior regista), annoverò stroncature quasi parodistiche, come "Variety", la bibbia dello show-businnes americano che si chiese come sia possibile che la Warner Bros sia stata così stupida da aver consentito a Kubrick di fare questo film. Rispetto al romanzo originale di Stephen King (che mai ha apprezzato il film, soprattutto i cambiamenti su Jack e Wendy) Kubrick e la cosceneggiatrice Diane Johnson apportarono grosse modifiche: il libro è stato scelto solo per la trama essenziale, un soggetto che si prestava a quello che Kubrick aveva in mente, cioè un perfetto equilibrio tra l'elemento psicologico e quello soprannaturale.
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e. hyde
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martedì 7 giugno 2016
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paradossal mente
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Un padre, una madre e un figlioletto di 7 anni che allegramente impazziscono insieme in uno dei film schizofrenicamente più cupi, tristi, deprimenti e insieme umoristici mai fatti. “Shining” descrive il divertimento e l'amore di una madre verso il figlio e viceversa, mentre il padre, che disprezza questa donna-bambina e odia questo figlio più intelligente di lui, che forse ha subito da piccolo quello che Danny ha subito da lui, è un totale fallito pronto a liberare i suoi fantasmi e a ricevere da loro gli ordini per il ruolo che all'Overlook Hotel è chiamato a svolgere. Danny è terrorizzato dal padre ma i suoi poteri (forse una versione del superuomo-superbambino di 2001?; in tal caso sarebbe meno lontano dall'altra possibile versione del superuomo di Kubrick, vale a dire Alex di Arancia Meccanica, perchè, come il montaggio del film sottolinea, per quanto buono è capace, come la stessa Wendy col marito, ma con più cattiveria e spirito di vendetta, di uccidere il proprio padre – secondo Michel Chion sarebbe invece Bill-Tom Cruise di “Eyes Wide Shut” il “bambino delle stelle” disceso sulla Terra, ma francamente mi pare la interpretazione meno convincente) interferiranno con le forze oscure dell'albergo lasciando al padre la sua “ascensione” alla eternità della sua nuova dimensione dove finalmente sorride felice.
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Un padre, una madre e un figlioletto di 7 anni che allegramente impazziscono insieme in uno dei film schizofrenicamente più cupi, tristi, deprimenti e insieme umoristici mai fatti. “Shining” descrive il divertimento e l'amore di una madre verso il figlio e viceversa, mentre il padre, che disprezza questa donna-bambina e odia questo figlio più intelligente di lui, che forse ha subito da piccolo quello che Danny ha subito da lui, è un totale fallito pronto a liberare i suoi fantasmi e a ricevere da loro gli ordini per il ruolo che all'Overlook Hotel è chiamato a svolgere. Danny è terrorizzato dal padre ma i suoi poteri (forse una versione del superuomo-superbambino di 2001?; in tal caso sarebbe meno lontano dall'altra possibile versione del superuomo di Kubrick, vale a dire Alex di Arancia Meccanica, perchè, come il montaggio del film sottolinea, per quanto buono è capace, come la stessa Wendy col marito, ma con più cattiveria e spirito di vendetta, di uccidere il proprio padre – secondo Michel Chion sarebbe invece Bill-Tom Cruise di “Eyes Wide Shut” il “bambino delle stelle” disceso sulla Terra, ma francamente mi pare la interpretazione meno convincente) interferiranno con le forze oscure dell'albergo lasciando al padre la sua “ascensione” alla eternità della sua nuova dimensione dove finalmente sorride felice. Kubrick non mette in discussione l'esistenza dei fenomeni paranormali: semmai si interroga sui loro limiti. Solo uno dei personaggi che ne è dotato - se escludiamo Wendy, che ne é lambita, contaminata solo alla fine, comunque una donna-bambina, un essere “buono e innocuo” (Scaruffi) -, il più giovane, quello ancora a uno stato anteriore dello sviluppo della ragione, si salva grazie ad essi, rimane con la madre nel nostro mondo, anche se abbiamo capito che non è questo mondo il Paradiso.
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angelino67
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martedì 3 maggio 2016
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le bambine ci guardano
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Un film coerente con il discorso del regista, tratto da un romanzo di chi la pensa in modo assolutamente diverso da lui. Kubrick riteneva che il grande pregio del romanzo di Stephen King - che non riteneva un'opera letteraria seria - fosse il soggetto, perché possedeva un eccezionale equilibrio tra l'elemento psicologico e quello soprannaturale. Egli ha costruito la sceneggiatura insieme a Diane Johnson in modo che il soprannaturale prendesse il sopravvento solo in un momento avanzato, con lo spettatore calato nella vicenda. A parte King, per il quale Kubrick era “una persona che pensa troppo e sente troppo poco”, non tutti anche tra gli estimatori del regista sono convinti che il egli sia riuscito a realizzare questo equilibrio, attratto da temi diversi (la stessa critica di mancanza di organicità che alcuni hanno rivolto a Eyes Side Shut).
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Un film coerente con il discorso del regista, tratto da un romanzo di chi la pensa in modo assolutamente diverso da lui. Kubrick riteneva che il grande pregio del romanzo di Stephen King - che non riteneva un'opera letteraria seria - fosse il soggetto, perché possedeva un eccezionale equilibrio tra l'elemento psicologico e quello soprannaturale. Egli ha costruito la sceneggiatura insieme a Diane Johnson in modo che il soprannaturale prendesse il sopravvento solo in un momento avanzato, con lo spettatore calato nella vicenda. A parte King, per il quale Kubrick era “una persona che pensa troppo e sente troppo poco”, non tutti anche tra gli estimatori del regista sono convinti che il egli sia riuscito a realizzare questo equilibrio, attratto da temi diversi (la stessa critica di mancanza di organicità che alcuni hanno rivolto a Eyes Side Shut). Molti non capiscono cosa Kubrick avesse realmente da dire, o se avesse realmente da dire qualcosa, o forse aveva troppo da dire. Il suo metodo lo portava a una ossessione di controllo totale, ma alla fine il film gli sfuggiva, ed è proprio la impossibilità umana della perfezione a sottrare il controllo definitivo al regista per cui, alle estreme conseguenze i suoi film cessano di essere diretti da lui per esserlo da quello che lui non può controllare, ma che lui controlla. In altre parole, un film di Kubrick potrebbe benissimo essere diretto dagli alieni, dai fantasmi, da Dio o da Satana, o da - per usare le sue parole sulla possibile ultima tappa dell'evoluzione - una coscienza immortale che esiste in ogni luogo dell'universo (possibile definizione scientifica della divinità). In questa opera centripeta Kubrick procede per condensazione, raccontando l'impossibilità e forse l'insensatezza di una definizione oggettiva della realtà. Come aveva mostrato in 2001 alla fine della sua ricerca (della ricerca propria della verifica umana) l'uomo incontra solo se stesso. La realtà esiste nella sua mente: in Shining più che mai Kubrick raffigura il mondo come cervello, come inconscio. Ma non è solo insensata (o meglio impensabile) una realtà fuori dall'uomo: in Shining è la ricerca stessa della realtà umana a essere nel segno della impossibilità e della insensatezza. In una epoca altamente tecnologizzata, anche qui ribadendo 2001, Kubrick mostra, usando al limite la tecnologia, che di fronte al mistero l'uomo ha fatto ben pochi progressi rispetto alle scimmie (se li ha fatti). Naturalmente il film ammette molte letture tutte giuste, tutte legittime, tutte importanti, sia evidenti che criptiche, forse anche volutamente; familiari, storiche, antropologiche ecc. Ribadisce le ossessioni di Kubrick come la follia, il ruolo del male; esprime in maniera simbolica, ma più chiaramente che in 2001, un ordine superiore e restituisce al cinematografo quella magia (che Kubrick dichiarava di voler cercare) che costituisce la sua caratteristica più importante. Alcuni registi giravano i loro film fregandosene del pubblico ma non era il caso di Kubrick. Per lui, il film, anche se difficile doveva piacere al pubblico, era esso la vera reputazione dell'opera. Nella critica, Kubrick ha suscitato reazioni le più contrastanti, come nel pubblico. Alcuni colleghi e attori si meravigliavano che non fosse considerato il numero uno (non ha mai vinto l'Oscar come regista). Alcuni, pur riconoscendone un inconfondibile originale fascino, non riescono ad amare i suoi film, la sua luce; percepiscono disagio, non li sopportano. Kubrick era estraneo alle mode. È quel tipo di artista che potrebbe essere trascurato per secoli e poi essere riconosciuto il più grande. È quel tipo di artista che in qualunque epoca storica potrebbe essere riconosciuto grande. Egli era talmente attento all'economia complessiva dell'opera da sacrificare scene straordinarie se non perfettamente in tono o per aumentare l'efficacia del film, anche a discapito della comprensione. Raramente il cinema ha avuto l'impatto, l'implacabilita, la densità, il senso definitivo e totale, diciamo pure mortuario, dei suoi film. Il grande Jack Nicholson é straordinario per come rende l'ambiguità del personaggio, sottolineata nel magnifico doppiaggio di Giannini diretto da Mario Maldesi, con i quali si é complimentato Kubrick, per il quale Maldesi " ha reso la post-sincronizzazione degli attori una forma d'arte." Il suo ruolo infatti deve poter permettere, prima dell'imprevedibile finale, interpretazioni diverse come la psicopatia, la possessione diabolica, o l'orco cattivo delle fiabe. Uno dei motivi di fondo del dissenso con Stephen King é che Jack arriva all'albergo psicologicamente preparato a uccidere: un alcolista violento in crisi di astinenza, amareggiato dai fallimenti professionali, che disprezza la moglie e soprattutto odia suo figlio, di cui ha abusato in un modo e forse anche in un altro, come probabilmente é accaduto a lui. Rispetto alla malvagità del luogo come in King, Kubrick sposta la riflessione sulla natura umana e i rapporti familiari, su quanto c'è di profondo e congenito nell'uomo di male - cosa che spiega perchè certi personaggi come i serial killer siano una specie di mito -. Kubrick é impietoso (efficacemente, ad esempio con grandangolari nei primi piani per renderla ancora più eccentrica) con Shelley Duvall, che pure interpreta un personaggio buono e innocuo, inoffensivo (anche se, ironia della sorte, costretto alla mazza e al coltello per difendersi dal marito assassino) ma si é opposto al proposito della cosceneggiatrice Diane Johnson di far morire Danny, realizzando così un relativo lieto fine prima dell'ultima tessera del puzzle di un enigma che rilancia un mistero che non si chiarisce (come sempre in Kubrick) alla fine del film.
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ale.tumbrl01
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giovedì 3 marzo 2016
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recensione fatta da me per la scuola
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a scuola abbiamo visto shining,un film del 1980 diretto da Kubric.
Racconta la storia di jack Torrance, un insegnate con problemi di alcolismo, che accetta il lavoro come guardiano di un albergo.
all'hotel suo figlio danny che possiede dei poteri, riesce a vedere il futuro conosce mr.halloran il capo cuoco dell'albergo.
mr.halloran racconta a danny che una volta in quel hotel il vecchio guardiamo aveva ucciso con un'accetta la moglie e le due figlie.
jack comincia a diventare pazzo e cercherà anche lui in tutti i modi di uccidere la sua famiglia, ma la sua moglie wendy e danny riescono a salvarsi.
il film finisce con la morte di jack ghiacciato in un labirinto.
a me questo film è piaciuto non solo perché il genere horror è il mio preferito ma anche per il motivo che jack Nicholson è riuscito ad intepretare il suo ruolo molto bene da colpirmi.
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a scuola abbiamo visto shining,un film del 1980 diretto da Kubric.
Racconta la storia di jack Torrance, un insegnate con problemi di alcolismo, che accetta il lavoro come guardiano di un albergo.
all'hotel suo figlio danny che possiede dei poteri, riesce a vedere il futuro conosce mr.halloran il capo cuoco dell'albergo.
mr.halloran racconta a danny che una volta in quel hotel il vecchio guardiamo aveva ucciso con un'accetta la moglie e le due figlie.
jack comincia a diventare pazzo e cercherà anche lui in tutti i modi di uccidere la sua famiglia, ma la sua moglie wendy e danny riescono a salvarsi.
il film finisce con la morte di jack ghiacciato in un labirinto.
a me questo film è piaciuto non solo perché il genere horror è il mio preferito ma anche per il motivo che jack Nicholson è riuscito ad intepretare il suo ruolo molto bene da colpirmi.
consiglierei a molte persone di vederlo.
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