Shining |
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Un film di Stanley Kubrick.
Con Jack Nicholson, Shelley Duvall, Danny Lloyd, Scatman Crothers, Barry Nelson.
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Titolo originale The Shining.
Eventi,
Ratings: Kids+16,
durata 116 min.
- USA 1980.
- Nexo Digital
uscita martedì 31 ottobre 2017.
- VM 14 -
MYMONETRO
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Storia criminale
di paolopaceFeedback: 1800 | altri commenti e recensioni di paolopace |
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venerdì 16 settembre 2016 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Una famiglia da cui subito si marca la differenza del rapporto tra madre e figlio e il padre, che Nicholson interpreta con estrema intelligenza e sensibilità, e vera differenza del romanzo di Stephen King, che si è manovrato dalle oscure presenze dell'Overlook, ma è anche dall'inizio un uomo amareggiato e frustrato, che non tarderà troppo a manifestare in modo sempre peggiore il suo odio per il figlio e il suo disprezzo per la moglie. Che si tratti di una famiglia gravemente disfunzionale Kubrick lo mostra dal fatto che raramente vediamo i tre membri della famiglia, nel lungo periodo passato all'hotel, insieme, e quando sono insieme, all'inizio, basta guardare Danny quando arriva il padre, al contrario delle scene con la mamma, dove è sempre sereno, contento e felice. Kubrick, anche se attribuisce parzialmente a un'aggressione del padre questo fatto, induce a credere in forze paranormali riguardo il bambino immaginario col quale Danny colloquia, a meno di non volere considerare schizofrenica tutta la famiglia; Danny dall'inizio e la madre alla fine, quando essa stessa ha delle visioni. Kubrick dissemina il film di tanti simboli, incongruità (come mettere qualcosa di autobiografico in personaggi totalmente diversi da lui) e ambiguità che ognuno, come in “2001”, può leggervi ciò che vuole o ciò che crede. Il film è amatissimo dagli intellettuali anche se Kubrick era intenzionato, senza sacrificare cnessuna delle sue ambizioni, a realizzare un'opera che valesse come puro film horror, credibile alla visione e con una sua logica. Il successo di pubblico arrise e Kubrick evitò un secondo “passo falso” in questo senso dopo “Barry Lyndon”, al quale non bastarono la più bella delle fotografie con molto del meglio pittorico (e musicale) dell'epoca per neutralizzare un cupo pessimismo, quel senso di morte del moralismo di un autore tanto bravo nel rappresentare uomini ed eventi che non condivide, anche se li ama o li comprende. Ciò vale anche per “Shining”, ma qui c'è la verve di Nicholson con momenti anche comici, da cartone animato, una delle sottotrame possibili del film. Anche qui Kubrick non manca di mostrare l'ambiguità degli atteggiamenti istintuali umani, o per lo meno così ci appare dagli inevitabili condizionamenti morali, educativi, sociali o magari innati. Come in Wendy, dove l'istinto materno e di sopravvivenza, componente animale in un personaggio buono se mai ve ne furono (che anche questo, come Jack, King che la considera - quella del film - stupida non può accettare) nel cinema di Kubrick, tanta parte hanno nella storia. Il film, che già Kubrick ha tagliato per l'edizione fuori USA e Canada non approfondisce troppo le ragioni della follia di Jack, la sua storia di probabili abusi avuti durante l'infanzia, come quelli da lui inferti a Danny, ma a un certo punto la spiegazione soprannaturale prevale, come se fossero due film in uno, che Kubrick ha cercato in qualche modo di fondere; uno in cui si tratta semplicemente della storia di un ubriacone violento e l'altro quella di un disgraziato in balia di forze più grandi di lui. Kubrick costruisce un ponte tra queste due storie; per lui è la verità stessa (o il nostro bisogno di dare senso alle cose) a essere ambigua. La fotografia di John Alcott è sublime, sia come fantastica sia come realistica. La colonna sonora è forse la più densa del cinema kubrickiano, come lo stesso film. Kubrick ha ricostruito tutto, ma pretendendo un realismo assoluto, dalle pietre al legno (che andò a fuoco).
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