Shining |
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Un film di Stanley Kubrick.
Con Jack Nicholson, Shelley Duvall, Danny Lloyd, Scatman Crothers, Barry Nelson.
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Titolo originale The Shining.
Eventi,
Ratings: Kids+16,
durata 116 min.
- USA 1980.
- Nexo Digital
uscita martedì 31 ottobre 2017.
- VM 14 -
MYMONETRO
Shining
valutazione media:
4,27
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Dal libro di King, un thriller caldo e avvincente.di Great StevenFeedback: 70013 | altri commenti e recensioni di Great Steven |
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lunedì 2 febbraio 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
SHINING (USA/GB, 1980) diretto da STANLEY KUBRICK. Interpretato da JACK NICHOLSON, SHELLEY DUVALL, DANNY LLOYD, SCATMAN CROTHERS, BARRY NELSON, PHILIP STONE, JOE TURKEL
L’insegnante disoccupato e scrittore fallito Jack Torrance viaggia lungo le Montagne Rocciose, accompagnato dalla moglie e dal figlioletto Daniel detto Doc, alla volta dell’Overlook Hotel, dove gli viene affidato l’incarico di custode per la durata di cinque mesi. Jack ha il compito di custodire l’albergo nei mesi freddi dell’inverno, durante i quali tutto l’ambiente esterno alla struttura ghiaccia ed è ricoperto da una spessissima coltre di neve. Ma, come gli spiega anche il direttore dell’albergo, esso può esercitare su chi lo sorveglia un’influenza malefica, e ciò è dovuto ad una storia violenta ivi capitata anni prima, quando un custode, colto da un’inspiegabile e insanabile paranoia, uccise la consorte e le due figlie. Di lì a poco, quando nell’hotel sono rimasti solo loro tre, anche Jack subisce il riflusso maligno esercitato su di lui dall’edificio, e precipita in una progressiva follia schizofrenica che lo porta dapprima a maltrattare i due famigliari e successivamente a minacciarli di morte. Quando l’uomo tenta di accopparli con un’ascia dopo aver sfondato la porta della loro camera da letto, la donna e il bambino fuggono con il gatto delle nevi, mentre Jack, ormai completamente impazzito, esce fuori e tenta di inseguirli, finendo poi per perdersi nel labirinto che si estende a poca distanza dall’hotel e morire assiderato. È corretto definirlo, più che un film dell’orrore e del terrore, come un thriller fantastico di parapsicologia che ribadisce, dopo 2001: Odissea nello spazio e Arancia meccanica, la filosofia di S. Kubrick. L’aneddotica di S. King (1947), che scrisse nel 1977 il romanzo da cui la pellicola ha preso ispirazione, diventa fiaba e rilettura di numerosi miti, da quello di Saturno a quello di Teseo e del Minotauro, per non parlare dei risvolti edipici che accomunano in modo latente e velato i caratteri dei personaggi. Il prodigioso brio tecnico-espressivo si mette al servizio di un discorso sul mondo, sulla storia e sulla società. Kubrick conferma il suo pessimismo cosmico e arriva addirittura a negare e a fuggire la storia, ma affronta l’utopia riaffermando che le radici del male sono da riscontrare nell’uomo, animale sociale e pensante; però, d’altra parte, non proibisce, anzi esalta, la possibilità di una riconciliazione futura, attraverso il bambino e il suo dono della luccicanza (shining) e quella di una nuova e diversa concordia. Ci furono divergenze fra l’autore del libro e il regista per come la pagina scritta è stata tradotta in immagini audiovisive: King, per esempio, si è lamentato di come siano stati trascurati il passato di Jack Torrance (riguardo soprattutto alle sue amicizie infantili) e il suo vizio dell’alcolismo (nel film semplicemente accennato quando Nicholson si rivolge all’inesistente barman degli anni 1920 per chiedergli un bicchiere), e Kubrick gli ha risposto che, oltre ad aver effettuato un adattamento ben più che decente, il libro non era poi un gran capolavoro. Un’altra discrepanza col testo scritto è la sorte del portiere nero, anch’egli possessore della luccicanza: nel volume viene colpito da Torrance ma rimane vivo, nel film invece muore. Nicholson ci mette tutto l’impegno che richiedono le circostanze per interpretare con puntiglio meticoloso lo sfaccettato aspirante scrittore mentalmente instabile che passa dall’amore per i suoi cari ad un beffardo odio che travalica i limiti della sanità psichica. E la Duvall se la cava egregiamente anche a recitare, non solo ad urlare. Abbreviato di quattro minuti dallo stesso Kubrick. La durata di centoventi minuti è quella di un’edizione italiana non approvata dal regista-produttore, ma se non altro la versione nostrana del film vanta l’eccellente doppiaggio di Giancarlo Giannini per J. Nicholson.
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