Shining |
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Un film di Stanley Kubrick.
Con Jack Nicholson, Shelley Duvall, Danny Lloyd, Scatman Crothers.
continua»
Titolo originale The Shining.
Horror,
Ratings: Kids+16,
durata 116 min.
- USA 1980.
- Lucky Red
uscita lunedì 7 ottobre 2024.
- VM 14 -
MYMONETRO
Shining
valutazione media:
4,27
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un dono visionariodi SkratFeedback: 0 |
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giovedì 17 luglio 2008 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Un capolavoro di forma e contenuto, mirabile nella sua estetica razionale ed essenziale, capace di rivisitare tutti i canoni del genere horror con una intelligenza cinematografica e visiva, che rasenta la perfezione. La forza espressionista delle immagini, direttamente desunta da una sagace commistione di gotico e filosofico, si riempie di ambiguità disturbanti ed estreme: l’incontro/scontro tra “il padre Saturno e il figlio Pollicino”, così come tra l’irrazionale adulto e la nuova vitale illogicità del bambino, il gioco del doppio e degli specchi… Il regista sembra in tal modo volersi confrontare con una quantità esorbitante di tematiche distinte: dal ruolo dell’intellettuale (raziocinio) all’incontestabile superiorità dell’occhio sulla parola. In particolare i profondi, intimi silenzi che si susseguono tra una scena e l’altra (lasciando che siano le immagini a dialogare) sembrano proprio voler ribadire la centralità del linguaggio cinematografico nell’odierna società. L’essenzialità della narrazione, dunque, è abilmente compensata dall’estremo virtuosismo del regista, che traspare da ogni singola inquadratura, capace di intensificare il sottile strato di angoscia che abbraccia l’intera opera con calcolate e fluenti riprese in steadycam: celeberrime le scene con Danny che procede con il triciclo sui tappeti dell’Overlook; scene, queste, aventi la funzione di enfatizzare l’aspetto labirintico dell’hotel, richiamando sia il reale labirinto esterno, sia quello metaforico in cui si perde la logica capacità di raziocinio del protagonista (il labirinto, difatti è sempre per kubrick una rappresentazione allegorica del cervello e delle sue circonvoluzioni, della mente umana e deii suoi meandri –così anche in Eyes Wide Shut, Arancia Meccanica, 2001: Odissea nello spazio). Ecco, dunque un utilizzo ossessivo di forme geometriche nelle inquadrature e nei movimenti di macchina: linee rette, perpendicolari e cerchi, che nella loro pura razionalità si configurano come una sorta di baluardo, un tentativo di contenere e circoscrivere l’irrazionalità dell’uomo. Kubrick costruisce questo crescendo di terrore di 2 ore e venti minuti con una maestria, che, a sua volta, rivela non pochi aspetti demoniaci. Il regista non coglie solo l'orrore, ma anche la sua perversa bellezza, un risultato ancora più significativo. La stessa cinepresa di Kubrick si muove come fosse un fantasma, sfrecciando dietro il piccolo Danny mentre con il suo triciclo pedala furiosamente lungo gli infiniti corridoi dell'albergo; indietreggiando insieme con Wendy mentre fugge disperatamente dal marito, trasformatosi in un pazzo omicida; scivolando accanto a Torrente, mentre attraversa barcollante i corridoi, con i gesti scomposti e i borbottii di cui ormai è composto il suo linguaggio mostruoso; percorrendo a velocità vertiginosa le svolte del labirinto antistante l'albergo, dove Danny si rifugia per scappare alle tendenze omicide del padre. Il panico e il terrore non sono mai stati coreografati con un ritmo così squisito, grazie anche al metodo ormai famoso di Kubrick di utilizzare musica pre-esistente, in questo caso quella di Bela Bartok, Gyorgy Ligeti e soprattutto del modernista polacco Krysztof Penderecki. La colonna sonora piena di gemiti e battiti, al contempo dissonante e seducente, diventa una sinfonia, o, meglio, una cacofonia della paura umana a contatto con le energie irrazionali sepolte in profondità nel proprio cuore.
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