Che Stephen King non potesse gradire il film di Kubrik era cosa scontata: infondo sembra quasi che il regista abbia "riscritto" l'opera, prima di portarla sul set. E pur tuttavia quel film è e rimane il "non plus ultra" dell'horror mondiale. Perfetto, imperfezioni a parte. Magistralmente condotto; interpretato in maniera tale che neanche lo stesso cast, anni dopo, sarebbe riuscito a replicarsi fedelmente.
È in assoluto l'unico film del suo genere a spaventare (ancora oggi, anche a vederlo e rivederlo) senza cadere nelle solite trappole stuzzica-nervi, in genere imperniate su assordanti sfoghi sonori. La differenza tra i buoni horror e i pessimi horror sta nel fatto che questi ultimi si limitano a creare la paura nello spettatore, usando allo scopo artifici di ogni genere che, a guardarli in chiave acontestuale, con la paura hanno poco a che vedere; il buon horror, invece, quella stessa paura la mette in scena, e fine del discorso. SHINING di Kubrik eccelle perché è la fonte del nostro spavento, ma prima ancora "è" lo spavento; fosse un'entità umana, diciamo che si "autospaventerebbe"; di quegli artifici ne è pieno, ma nessuno di essi ha altro fine che quello di aiutare gli attori (e in particolare quelli che "subiscono", la Duvall e l'allora piccolo Danny Lloyd) a provare davanti alle circostanze quello stesso terrore quasi incredulo che assalirebbe noi. Sembra quasi non esserci alcuna contingenza pubblica e cinematografica in ciò che vediamo: dall'interpretazione al montaggio; si può in realtà affermare che l'ambientazione isolata, chiusa, claustrofobica ha a sua volta molto a che vedere con quest'effetto di distacco da noi, di autosufficienza del fittizio rispetto al reale.
Come sempre, il buon film nasce quando la buona letteratura è portata su un buon set. E non mi riferisco al romanzo di King. Il film è di per sé letteratura inscenata, teatro televisivo e comunque lo si voglia chiamare il discorso è lo stesso. Pur nella cercata e studiata "sgradevolezza" dei suoi elementi (gli incesti cromatici e fonici, l'armoniosa ed eloquente sproporzione dell'universo scenografico rispetto a quello umano che vi agisce all'interno), esso non prescinde neanche per un istante dalle norme dell'estetica di cui si caratterizza per definizione un prodotto artistico: SHINING è l'esempio inoppugnabile di come a volte "brutto" non sia sinonimo di "malfatto", e di come la bruttezza possa essere infinitamente più "bella" del bello in sé.
A questo mira il continuo stato di climax che accompagna tanto le singole scene quanto il loro susseguirsi. Il frangente del lento inseguimento sulla scalinata della Colorado Lounge ne rappresenta l'apice: sfido chiunque a trarsi fuori alla stessa maniera di Kubrik dall'"impiccio" di dover imprimere alla storia una svolta-chiave: nel contesto di un albergo statico, senza ritmi, il ricorso alle "scale" per rendere visivamente un fremito ascensionale è in sostanza il modo più azzeccato, ma anche l'unico, per creare il climax. Lo stesso effetto non poteva darsi con Wendy che fende l'aria con la mazza retrocedendo lungo un corridoio cieco, al termine del quale Jack, ben saldo sulle gambe, l'avrebbe facilmente uccisa; né il climax della scena sarebbe esistito senza una soluzione di continuità, la quale in cima alle scale si presenta quasi naturalmente con Wendy in posizione di dominio su Jack, tre gradini più giù e verosimilmente in bilico. Su questa vittoria poggerà, alla fine, la salvezza di Wendy e Danny.
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u mestr
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mercoledì 6 febbraio 2008
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mammamia
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Tenta di migliorare lo stile di scrittura, il rischio di addormentarsi mentre si legge una tua recensione è fin troppo elevato.
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alessandro pacella
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domenica 6 aprile 2008
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mi sa che hai sbagliato forum...
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Questo è un forum di recensioni, non un laboratorio di pratica testuale con annessa commissione valutativa. Così è come scrivo io; se non ti piace, fermati alla prima virgola. Se no, valutami per quello che ho scritto, non per come l'ho scritto.Alla prossima.
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zaffo
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giovedì 12 giugno 2008
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?
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ha ragione u mestr.. non si capisce gran che :D prova a rileggerti. ciao!
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alessandro pacella
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domenica 15 giugno 2008
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non ci siamo capiti, vedo...
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Zaffo, non ci siamo capiti, forse! non me ne frega niente se non capite. Così scrivo e così continuo a scrivere. Non vi ha sfiorato l'idea che forse siete voi ad essere dislessici e non io ad essere complicato?
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il mattino ha l'oro in bocca
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domenica 10 maggio 2009
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x zaffo e u mestr
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Quanto siete critici per niente! Il commento si capisce benissimo, rileggetelo un paio di volte voi piuttosto.PS. x alessandro pacella: bella recensione, mi ha colpito particolarmente. complimenti.
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