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Grazie a Dio, François Ozon: «La parola è protagonista in tutte le sue forme»

Il regista racconta il suo approccio all' inchiesta al centro del suo ultimo lavoro. Dal 17 ottobre al cinema.
di Paola Casella

Grazie a Dio

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lunedì 14 ottobre 2019 - Incontri

Questa volta François Ozon si cimenta con un tema trattato di recente da due grandi film internazionali, Il caso Spotlight e La mala educacion: la pedofilia all'interno della Chiesa cattolica. Ozon ha dedicato molto tempo a quella che definisce una vera e propria inchiesta investigativa sul caso di alcuni abitanti di Lione che hanno denunciato le molestie subite da un prete quando erano bambini. Dopodiché ha scritto e diretto Grazie a Dio (guarda la video recensione), Orso d'argento Gran premio della giuria all'ultimo Festival di Berlino: un film denuncia dalla trama avvincente del tutto privo di facili sensazionalismi ed eccessi emotivi.

La parola è l'eroe del suo film?
La parola è stata protagonista di questa vicenda in tutte le sue forme, ed è una parola che libera - non a caso l'organizzazione lionese che è riuscita a fare breccia nel muro di omertà della Chiesa cattolica si chiama "La parola liberata". È una parola che toglie un peso dalle spalle di genitori, figli, compagni di vita, che lascia la sua traccia nelle innumerevoli mail fra le vittime e l'istituzione ecclesiastica, che nutre i discorsi delle vittime fino alla svolta finale. Quando ho iniziato a girare questo film non me ne rendevo conto, ma la parola è davvero la star di Grazie a Dio.

Spesso però, come si dice anche nel film, la Chiesa non ha voluto passare dalle parole ai fatti.
È vero, nonostante i cardinali e lo stesso Papa avessero usato termini duri e inequivocabili. Anche questo però ha un valore cinematografico, perché la parola è un soggetto interessante proprio nelle sue contraddizioni: pensiamo ai film di Rohmer dove tutti parlano moltissimo, fanno grandi discorsi sull'amore e poi si comportano in modo diametralmente opposto alle loro elucubrazioni verbali.

Pur raccontando una storia dai contenuti emotivi fortissimi, ha scelto di raffreddare la messinscena.
Cioè non ho fatto il grande melodramma hollywoodiano, vuol dire? (Ride) È vero, sono stato molto attento a rispettare la delicatezza delle situazioni reali e la complessità degli eventi, piuttosto che lanciarmi in scene madri di sicura presa sul pubblico. Non tutto è bianco e nero, ci sono sfumature nei sentimenti, alcune famiglie ad esempio hanno reagito male durante la battaglia che le vittime hanno intrapreso contro il loro molestatore, ed è stato giusto rispettare anche la loro parola. Come dice Renoir ne La regola del gioco, "Tutti hanno le loro ragioni". Il suo umanesimo ci ha insegnato che cambiando la prospettiva cambiano anche gli altri elementi del racconto.

In Grazie a Dio la Chiesa come istituzione sembra separare il concetto di peccato da quello di crimine.
Il problema della Chiesa è proprio quello di considerare la pedofilia un peccato per il quale c'è un'assoluzione, dimenticando la sofferenza che provoca nelle vittime. Ma la pedofilia va contro il messaggio di Cristo che invita i fedeli a proteggere i più deboli: e certamente i bambini sono una parte debole. Per questo molti cattolici sono furiosi contro l'istituzione ecclesiastica che tollera la pedofilia fra le sue fila.

Infatti in Grazie a Dio uno dei protagonisti specifica che la sua battaglia non è contro la Chiesa, ma per la Chiesa.
Molti membri dell'associazione "La parola liberata" non hanno perso la loro fede cattolica, ma la fede nell'istituzione ecclesiastica, che con la sua tolleranza nei confronti della pedofilia tradisce il messaggio di Cristo.

Il suo film mostra anche come le persone vicine alle vittime della pedofilia vengano a loro volta travolte dalla spirale di dolore.
Attraverso le mie ricerche ho scoperto che un bambino abusato diventa una bomba ad orologeria e spesso finisce per dar luogo a una distruzione famigliare dall'interno, che coinvolge tutti quelli che gli stanno attorno. Quando un ex bambino abusato decide di parlare gli equilibri saltano, e spesso assistiamo a divorzi, schieramenti, divisioni interne al nucleo domestico. Ma il silenzio fa danni anche peggiori, mi creda.

I protagonisti di Grazie a Dio sono quasi tutti uomini, ma ci sono anche numerose figure femminili di rilievo.
Ho sempre messo le donne al centro dei miei film, e anche qui ho voluto delineare molti ruoli femminili di spessore, anche se di contorno, perché le mogli e madri delle vittime sono state fondamentali nella battaglia combattuta a Lione.

Del resto il suo cinema spesso racconta uomini e donne oltrepassando gli stereotipi di genere.
Io non faccio differenze fra uomini e donne, specialmente quando scrivo e dirigo un film. Mi interessa raccontare personaggi intelligenti che fanno scelte ad alto rischio. E trovo che gli attori migliori siano quelli che riescono ad accogliere il proprio lato femminile, come hanno fatto in questo film Melvil Poupaud, Denis Ménochet e Swann Arlaud.


GRAZIE A DIO: VAI ALLA SCHEDA COMPLETA
In foto François Ozon e Melvil Poupaud.
In foto una scena del film Grazie a Dio.
In foto François Ozon, Melvil Poupaud e Bernard Verley.

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