Advertisement
Storia "poconormale" del cinema: puntata 123

Una rilettura non convenzionale della storia del cinema. Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

Vittorio De Sica 7 luglio 1901, Sora (Italia) - 13 Novembre 1974, Neuilly-sur-Seine (Francia).

venerdì 15 luglio 2011 - Focus

I grandi titoli
Gli ultimi anni Sessanta sono decisivi in molte chiavi. I vari, conosciuti movimenti, quello americano del '67 a Berkeley, del '68 a Parigi e Milano soprattutto, si riverberano non soltanto sulla cultura studentesca, ma su quella generale, sociale (gli operai e i sindacati) e su quella della intellettuale e artistica. Molte cose si evolvono. Il cinema si pone altri orizzonti e programmi. Adesso comanda il sociale, il cambiamento, la rivendicazione. Davvero realtà diverse.
Mentre gli anni Sessanta venivano ancora rappresentati da un movimento, la commedia italiana, e da due grandi modelli popolari prevalenti, Gassman e Sordi, il decennio successivo è il momento delle individualità, in chiave di titoli e in chiave di autori. Nel 1971 De Sica, in vacanza sulla costa amalfitana, riceve una notizia inattesa, il suo Il giardino dei Finzi Contini ha vinto l'Oscar. È il quarto per il regista. De Sica aveva avuto l'umiltà di dedicarsi a un grande romanzo del momento, scritto da Giorgio Bassani. Non c'era molto da ritoccare nel racconto, per storia e per rappresentazione. De Sica si limitava, appunto, a rappresentare. Ma lo faceva benissimo naturalmente. Il "Giardino" è l'ultima opera importante dell'artista. Cinque decenni coperti dal suo cinema.

Trilogia
Visconti, di cinque anni più giovane di De Sica, riesce a firmare una trilogia che non dà certo la sensazione del tramonto, in tre anni gira Morte a Venezia, Ludwig, Gruppo di famiglia in un interno. Tutto questo è ancora "grande cinema italiano", una definizione che non sarà applicabile ancora per molto. Fellini è ancora un uomo e un autore abbastanza giovane. E nel '73 firma Amarcord, titolo eroico del cinema del mondo. Il titolo stesso è una definizione, un sortilegio e un testamento. L'ispirazione è ormai nel ricordo, nel passato dunque. Come a dire "il meglio è stato dato". Ed è così. Federico farà film fino al 1990 ma... il meglio finiva proprio con Amarcord.
Evocando i nostri grandi artisti non si può ignorare Rossellini. Il concetto del "meglio" vale anche per lui. Gli anni Settanta vedono l'autore romano impegnato soprattutto in fiction televisive. Certo piene di qualità, persino di nobiltà (televisiva). L'ultimo film da grande schermo è Il messia. Ma occorre davvero fare una certa fatica per rintracciare il talento dell'uomo di Roma città aperta e Paisà in quella storia, certo corretta, ma non di più.

Accreditati
Questi erano i maestri accreditati, era la nostra grande storia. Nei Settanta, naturalmente c'è il "nuovo". Rispetto ai concetti iniziali di cambiamento eccetera. Il decennio parte con una bella sorpresa, un Oscar. Se lo vede attribuire Elio Petri, col suo Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto. Era il primo film italiano sulla polizia. È la vicenda del capo della squadra mobile di Roma che uccide l'amante. Nella solita chiave detta sopra, il primo "poliziesco" italiano assume già una posizione revisionistica, rivoluzionaria nei contenuti. Fu un titolo di cui molto si scrisse. Ma "Indagine" rimane un film perfetto per quell'epoca. Non ha sfondato il tempo. Un rilievo, un piccolo paragrafo merita il nostro cinema a Cannes. In quegli anni i francesi ci amano molto, anche in virtù del vento nuovo ispirato proprio da Parigi e dal quale il nostro cinema si è fatto trasportare. Nel '72 Cannes assegna la Palma d'oro ex-aequo a due film italiani, Il caso Mattei di Francesco Rosi e La classe operaia va in paradiso, ancora di Petri che vive davvero un momento d'oro. Nel '77 sono i Taviani a vincere la Palma, con Padre padrone. E l'anno dopo la vittoria è di Ermanno Olmi col suo "Albero degli zoccoli". Come ho detto sopra un momento di ottime individualità, titoli e autori. Ma non un movimento artistico.

Evocabile
Due nomi importanti segnano il decennio. Bernardo Bertolucci gira un film evocabile, Ultimo Tango a Parigi (1972). Ma è un'opera che viene identificata per istantanee, non come insieme. Per cominciare Marlon Brando. È lui il padrone del film, sempre lui senza un momento di intervallo. E poi il grande seno della Schneider e il famoso gioco erotico della dita.
L'altro nome è Pasolini. Autore improprio in senso alto. Non aveva avuto bisogno del Sessantotto, aveva intuito prima di suo. E i suoi film del momento iniziale del decennio, Decameron, I racconti Canterbury e Il fiore delle mille e una notte, non hanno bisogno di implicazioni desunte dal grande cambiamento. Raccontano storie dove prevale, usando le stesse parole del regista "l'ideologia delle vita". Ancora una volta lo scrittore-regista sorpassava.
In sintesi, guardando al decennio, selezionando e ricordando di getto, secondo il meccanismo del richiamo più forte e senza mediazioni, fra i tanti titoli citati, tutti di qualità naturalmente, quali fanno parte del corpo del cinema? Nel senso che senza quei titoli il corpo sarebbe malformato, magari zoppicherebbe?
Ho detto più volte che niente è più discrezionale del cinema. E dunque lascio alla discrezione di chi segue questa storia poconormale, scovare all'istante nella memoria, quei titoli: quelli che hanno sfondato il tempo, appunto. Do un'indicazione: non più di due.

Gallery


{{PaginaCaricata()}}

Home | Cinema | Database | Film | Calendario Uscite | MYMOVIESLIVE | Dvd | Tv | Box Office | Prossimamente | Trailer | Colonne sonore | MYmovies Club
Copyright© 2000 - 2024 MYmovies.it® - Mo-Net s.r.l. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale. P.IVA: 05056400483
Licenza Siae n. 2792/I/2742 - Credits | Contatti | Normativa sulla privacy | Termini e condizioni d'uso | Accedi | Registrati