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Alfred Hitchcock: l'uomo che visse due volte

Passati 30 anni dalla scomparsa del maestro della suspense. Il mito sopravvive.
di Tirza Bonifazi Tognazzi

Il signore scompare
Alfred Hitchcock (Alfred Joseph Hitchcock) 13 agosto 1899, Londra (Gran Bretagna) - 29 Aprile 1980, Los Angeles (California - USA).

giovedì 29 aprile 2010 - Celebrities

Il signore scompare
Il 29 aprile 1980 se ne andava, spezzato da un blocco renale, uno dei più grandi artisti della storia del cinema, il maestro della suspense, Alfred Hitchcock. Solo un anno prima, nel ricevere il Premio alla carriera da parte dell'American Film Institute, aveva commentato coi suoi amici che doveva essere arrivata la sua ora. D'altronde lo humour macabro del regista, specie quando applicato alla morte, era cosa nota. Nel 1974, in una riflessione su cosa facesse di Hitchcock un autore unico, François Truffaut – che qualche anno prima aveva pubblicato il libro-intervista "Il cinema secondo Hitchcock" – dichiarava: "Era impossibile non rendersi conto, guardando i suoi film, che le scene d'amore erano girate come se fossero delle scene di omicidio e viceversa. Finché non mi è stato chiaro che nel cinema di Hitchcock fare l'amore e morire sono la stessa identica cosa".
Sempre Truffaut – che per il maestro nutriva una venerazione al punto da mettere in atto, insieme a Claude Chabrol e ad altri illustri colleghi della rivista Cahiers du Cinéma, una vera e propria crociata con la quale raggiunse l'obiettivo di far riconsiderare e apprezzare l'opera hitchcockiana – disse che il regista amava essere frainteso perché aveva basato tutta la sua vita sui fraintendimenti; altra componente che si rifletteva nel suo cinema. Non era raro, ad esempio, che giocasse la carta dell'uomo sbagliato. Le trame di film come Sabotatori, Io confesso, Il ladro e Intrigo internazionale ruotano intorno al tema del fraintendimento inteso come scambio di identità. È possibile che fosse una paura risalente a quando, da bambino, il padre lo aveva fatto incarcerare dalla polizia per una decina di minuti, considerato che lo stesso regista una volta disse che l'unica maniera per sbarazzarsi delle sue fobie era di trasferirle sul grande schermo. Una volta catturate su pellicola, c'è da scommetterci che nel buio della sala Hitchcock si divertiva a vedere gli attori alle prese con le sue stesse ossessioni.

Un rapporto controverso con i suoi interpreti
Quando un attore viene da me per discutere il personaggio gli dico che è tutto nel copione. Se mi chiede quale sia la sua motivazione gli rispondo "il tuo salario". Il rapporto tra Hitchcock e i suoi interpreti era noto per essere controverso. Dopo che a lungo era girata voce che odiasse gli attori, quando ebbe la possibilità di smentire o ritrattare dichiarò di essere stato citato erroneamente. "Figurarsi se uno possa odiare Jimmy Stewart o Jack L. Warner. Non ho mai detto che gli attori sono delle bestie. Probabilmente avrò detto che gli attori dovrebbero essere trattati come bestiame". Per stessa ammissione del maestro, Cary Grant (che aveva diretto in quattro film) è stato l'unico attore che abbia mai amato. Eppure grazie al suo lavoro, otto degli interpreti che aveva diretto – Judith Anderson, Albert Bassermann, Michael Chekhov, Claude Rains, Ethel Barrymore e Janet Leigh – ottennero una candidatura all'Oscar con la Fontaine come unica vincitrice della statuetta per Il sospetto, quando lui stesso, nonostante le sue cinque nomination, non l'avrebbe mai impugnata (l'unico film a ottenere l'Oscar è Rebecca - La prima moglie ma a essere premiato è il produttore David O. Selznick).
Hitchcock era anche noto per "affezionarsi" per così dire ai suoi attori al punto da ingaggiarli più volte. Leo G. Carroll compare in ben sei film; Cary Grant, James Stewart ed Edmund Gwenn ne contano quattro a testa; tre sono le volte che Hitchcock ha voluto al suo fianco Ingrid Bergman, Grace Kelly, John Williams e la figlia Patricia. Quanto al riguardo che avesse per loro, non è chiaro. Secondo Bruce Dern – che il regista aveva diretto nel suo ultimo film, Complotto di famiglia – per Hitchcock a essere drammatico era il movimento, non la recitazione. Quando voleva commuovere il pubblico spostava la macchina da presa. "Era un uomo molto sottile ed era anche il miglior regista con il quale io abbia mai lavorato". Chissà quante volte il maestro avrà girato, con la mente al posto della macchina da presa, la scena della sua morte. Come sempre ad avere la meglio, però, è stato il destino che avrà riso in un angolo della stanza assistendo alla pacifica morte di Alfred Hitchcock nel sonno.

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