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Walter Salles

Walter Salles è un regista, produttore, produttore esecutivo, co-produttore, sceneggiatore, è nato il 12 aprile 1956 a Rio de Janeiro (Brasile). Oggi al cinema con il film Io sono ancora qui distribuito in 117 sale cinematografiche. Walter Salles ha oggi 68 anni ed è del segno zodiacale Ariete.

Uno stile documentaristico per i film di finzione

A cura di Fabio Secchi Frau

Icona cinematografica brasiliana, Walter Salles è uno dei cineasti che, puntualmente, infrange ogni record al botteghino del suo Paese.
Estremamente politico, ammonitore sociale, la sua voce è rapidamente diventata una delle più autorevoli nel campo cinematografico, tanto da essere oggetto di attenzioni da parte dell'industria hollywoodiana, che però gli ha proposto progetti mediocri, che non hanno fatto brillare la vera natura del suo cinema. Anzi, ne hanno svilito gli interessanti contenuti, al fine di una più facile commercializzazione.
Pluripremiato per le sue celebri opere, Salles è il creatore di un cinema immersivo e popolare che punta non all'individuo, ma a un'arte che possa essere esperienza collettiva. La visione di un film come insegnamento comune e la sala cinematografica come luogo dove le persone possono provocare cambiamenti e sollevare domande. E il pubblico ha risposto a questo tipo di storie risvegliandosi da un'epoca di intorpidimento, portando dentro una verità alternativa a quella presentata dal potere e dai social media e rifugiandosi in dimensioni cinematografiche, letterarie e musicali, che diventano strumenti potenti per alterare questo senso di congelamento della coscienza.
Salles si fa quindi narratore di modi in cui si esercita la libertà di parola, all'interno di relazioni in cui nulla è davvero proibito, di modi in cui si viene invitati a far parte della conversazione, anche superando le barriere generazionali. E parallelamente, è anche un narratore della memoria, di quello spazio dell'umanità che deve essere conservato anche nell'immediatezza della vita sociale e politica e che, per quel che riguarda la sua nazione, è stato plasmato e macchiato dalla violenta storia civile che lo ha costruito nel quadro più ampio della Storia dell'America Latina.

L'eredità dei Moreira Salles
Figlio dell'ambasciatore e banchiere Walter Moreira Salles e dell'icona di stile Eliza Gonçalves, Walter Salles nasce nel 1956 e cresce seguendo il padre in giro per il mondo assieme ai suoi fratelli, Pedro e Joào (quest'ultimo diventerà un noto documentarista), e al suo fratellastro Fernando (nato da un precedente matrimonio del padre).
Indubbiamente, la ricchezza dei Moreira Salles (sono anche i controllori della Companhia Brasileira de Metalurgia e Mineração, quindi responsabili di oltre l'80% di niobio prodotto nel mondo con un patrimonio che solo a Salles frutta 4,2 miliardi di dollari) gli consente di fare scelte di vita molto più ampie rispetto a chi ha meno possibilità.
Per questo, dopo aver studiato economia alla Pontifícia Universidade Católica do Rio de Janeiro, si trasferisce negli Stati Uniti, dove completa i suoi studi alla University of Southern California. Ma invece di lavorare all'interno di quello che è il settore finanziario, come ci si aspetterebbe, sceglie di avvicinarsi all'arte cinematografica.

Il lavoro in televisione
Già nel 1986, firma una serie televisiva di documentari intitolati Japão - Uma Viagem no Tempo, cui segurà i film tv documentaristici Marisa Monte (1988), sulla nota cantante, compositrice e produttrice discografica brasiliana, e Chico - O País da Delicadeza Perdida (1989). Concluderà poi la sua esperienza televisiva firmando un episodio della serie tv Un siècle d'écrivains (1995).

La sua opera prima
Nel 1991, dirige il suo primo lungometraggio, Arte mortale, con Peter Coyote. Storia di un fotografo che, assistendo a un omicidio a Rio de Janeiro, si improvvisa detective nel tentativo di scoprirne il colpevole.
È bene ricordare che i film di Salles, proprio per la componente socio-politica così forte, saranno spesso terreno di scontro tra la Destra e la Sinistra.
Questa sua prima opera segna proprio un primigenio scontro tra le due fazioni di critici cinematografici. Quelli di Destra definiranno il film strampalato, inverosimile e sonnolento, con un intreccio che fa acqua da tutte le parti. Giornalisti meno influenzati politicamente, salveranno invece le suggestioni del film, pur ammettendo la grande lacuna emotiva che porta con sé.

Le collaborazioni e l'influenza di Daniela Thomas
Quattro anni più tardi, firma con Daniela Thomas Terra straniera, che narra le vicende di due ragazzi alle prese con la vita in Brasile che, dopo trent'anni di dittatura militare, elegge come Presidente Fernando Collor de Mello, l'uomo dietro al quale si attua un programma economico che consiste principalmente nella confisca dei risparmi della popolazione.
Salles e Thomas descrivono il totale stato confusionale del Paese e la conseguente fuga all'estero dei giovani brasiliani, in cerca di una sicurezza economica che non trovano in patria.
Anche questa pellicola, difesa a spada tratta dai critici più vicini alla Sinistra brasiliana, viene invece biasimata e ridicolizzata dalla Destra, senza che obiettivamente ci siano le ragioni di tali valutazioni.
Daniela Thomas sarà una figura centrale nella carriera di Salles. Sarà con questa regista, drammaturga e sceneggiatrice che l'autore approfondirà maggiormente le tecniche documentaristiche, firmando cortometraggi, sempre all'interno di questo genere, come Somos Todos Filhos da Terra (1998), Castanha e Caju Contra o Encouraçado Titanic (2002), Armas e Paz (2003) e l'episodio "Voyage" del più ampio progetto Stories on Human Rights (2008), mentre l'unico cortometraggio firmato in solitaria sarà Socorro Nobre (1996).
Questo tipo di lavori, ma in particolare il background documentaristico di Daniela Thomas, porteranno Salles a un evidente approccio più realistico e crudo, sviluppando la capacità di catturare la quotidianità all'interno di sfide sociali, che arricchiranno la narrazione dei film del regista, rendendola più autentica e profondamente umana. Andando così a confermare quella che è una regola sacra per tutti quelli che vogliono esprimere qualcosa all'interno di un'arte: più un linguaggio è povero di mezzi, tanto più densa e ricca sarà la sua forza evocativa.
Contribuendo in questa maniera al cinema di Salles, la Thomas spinge il regista a una maggiore attenzione ai dettagli e a una composizione visiva più lineare e diretta, sia nello stile documentaristico nudo e crudo (Jia Zhang-ke, um Homem de Fenyang, l'episodio "Quando a Terra Treme" del film collettivo Where Has the Time Gone?), sia nelle tante opere di finzione.

Il successo di Central do Brasil
Nel 1998, arriva il capolavoro che zittisce tutti: Central do Brasil. La storia di un'ex insegnante, interpretata da una folgorante e straordinaria Fernanda Montenegro, che scrive lettere per conto dei tanti analfabeti brasiliani che affollano ogni giorno la stazione di Rio de Janeiro e che si troverà (suo malgrado) ad affrontare un viaggio on the road con un bambino rimasto orfano di madre, restituisce al mondo intero il ritratto di un Brasile molto lontano da quello legato all'immagine da cartolina turistica, che occupa le fantasie dello straniero medio.
Lodato per la dolce amarezza di un legame, che è nel medesimo tempo fortissimo e fragilissimo, tra due generazioni così diverse, Central do Brasil è una coinvolgente e scoraggiata esplorazione della povertà nazionale. Qui, è proprio la mancanza di sentimentalismo tra i due nemici-amici a delineare delicatezze e tenerezze che cambieranno la percezione del Paese (e quindi del mondo), all'interno degli occhi dei due protagonisti. Come a indicare che il Brasile è sì indurito, ma continua a essere amorevole nonostante tutto. Un messaggio che mette d'accordo tutti (o quasi, alcuni insisteranno definendolo "patetico"), ma in particolar modo gli esperti di cinema internazionale che offriranno a Salles il Golden Globe per il miglior film straniero, l'Orso d'oro al Festival Internazionale del Cinema di Berlino e il Premio BAFTA per il miglior film non in lingua inglese.

Gli ultimi film degli Anni Novanta
Ritornerà a lavorare con Daniela Thomas in Midnight(1998), nuova pellicola sull'incontro di due persone diametralmente opposte sulla linea della morale, ma che comunque dialogano e si salvano a vicenda. Da una parte, un giovane carcerato che viene fatto uscire da una prigione, durante un'evasione e solo per diventare un killer agli ordini del direttore del penitenziario, dall'altra una fidanzata abbandonata che non sa che fare della propria vita senza il suo compagno.
Definito pessimista, Midnight ci suggerisce che ciò che ci si aspettava dopo il Capodanno del 1999 non era certo un futuro roseo, ma pieno di tradimenti, di voltafaccia e di perdita di importanti speranze. Con il senno del poi, non si può dar torto ai due registi, che hanno avuto questa visione così triste dell'umanità del prossimo futuro e che, per quel che ci riguarda, è tristemente quella dell'oggi.
Dopo due anni, arriva nelle sale Disperato Aprile, ambientato nelle praterie brasiliane del 1910, anno in cui, a causa dell'assenza di tutori della legge, in numerose regioni si mietevano le vittime delle sanguinose faide familiari, lunghe in alcuni casi anche diverse generazioni.
Il protagonista (Rodrigo Santoro) è appunto un giovane che riceve dal padre l'ordine di vendicare la morte del fratello maggiore, ma è combattuto tra dovere e pietà.
Tratto dal romanzo "Aprile spezzato" dello scrittore albanese Ismail Kadaré, anche in questo caso, il titolo mette d'accordo tutti, ma in senso negativo. Non servono a nulla le panoramiche sui tramonti fiammanti e, soprattutto, la ricerca visiva di una bellezza che trova valore ed eleganza in elementi che normalmente potrebbero essere considerati semplici e ordinari. Il film non piace a nessuna delle due fazioni politiche.
Anche se la visione estetica celebra lo splendore delle cose comuni, dei gesti trascurati o apparentemente insignificanti, anche se lo stile è un approccio artistico che cerca di mettere in luce la miseria autentica ma non inaspettata (che è poi la formula usata anche per Central do Brasil), Disperato Aprile non riesce a esprimere pienamente il cuore dietro questo fascino del vecchio, del trascurato, e di conseguenza è incapace di compiere rivalutazioni e reinterpretazioni. L'epica cultura atavica, la tragedia che si consuma all'interno di essa, il sostegno di una musica pomposa, spingono alcuni teorici e critici a etichettarlo come "autore sopravvalutato", anche alla luce del fatto che il racconto è troppo sfilacciato, incapace di reggere la sontuosità alla quale Salles aspirava.

I diari della motocicletta
A far rimangiare il termine "sopravvalutato" sarà la sua prossima fatica: I diari della motocicletta (2004), un on the road attraverso l'America Latina degli Anni Cinquanta, che ha come protagonista un Ernesto Guevara ventitreenne (Gael Garcia Bernal) e il suo migliore amico, Alberto Granado (Rodrigo de la Serna).
Sintetizzando in un unico script i libri proprio di questi due amici ("Latinoamericana" del Che e "Un gitano solitario" di Granado), Salles ripercorre non solo gli scorci di paesi come l'Argentina, il Cile, il Perù, la Colombia e il Venezuela, ma anche quella "faccia triste dell'America", antica quanto disoccupata, perseguitata quanto malata. Tutto in uno stile allineato ai toni medi che, però, lo rendono dannatamente accattivante.
Con due personaggi del genere come protagonisti, i critici di Destra non possono che andare all'attacco dell'autore, attribuendogli un servilismo da parte del Partito Democratico americano (questo perché il film è stato prodotto da Robert Redford) e sbeffeggiando l'intuito di Gianni Minà che ne aveva i diritti. Non contenti, indicano il film come "farinoso", con chiare allusioni non solo alle condizioni della strada, ma alla vecchiaia dello stile registico. Nonostante questo, il pubblico apprezza la bellezza della pellicola e si convince della necessità di una storia che narri un Guevara prima che aggiungesse quel "Che" davanti al suo cognome, lontano quindi da premonizioni e risvegli di coscienze rivoluzionarie, ma ancora teso verso le passioni (femminili, perlopiù) e la costruzione di esperienze.
Ancora una volta, Salles ottiene il Premio Bafta per il miglior film non in lingua inglese, al quale si aggiungono il Premio François-Chalais e il Premio della Giuria Ecumenica al Festival di Cannes del 2004.

La mediocre esperienza hollywoodiana
A questo punto, il regista si avvicina a Hollywood, facendo un triste passo falso.
Gli Studios lo scelgono perché gli venga affidata la regia del remake del film horror giapponese Dark Water di Hideo Nakata. Quanto di più lontano si possa associare a Salles.
La storia di una donna che, trasferitasi in un nuovo condominio dopo il divorzio dal marito assieme alla figlia, comincia ad assistere alla manifestazione di strane presenze, non è decisamente il film più in linea con quelli che sono gli importanti contenuti del suo cinema e lui, difatti, svolge il suo lavoro esteriormente e fedelmente, ma senza metterci l'anima. Un titolo superbo esteticamente, ma privo di quella malinconia e di quell'effetto di paura che un horror dovrebbe sviluppare.
Nel 2006 e nel 2007, lavora ai collettivi Paris, je t'aime con l'episodio "16e Arrondissement" e Chacun son cinéma con l'episodio "À 8 944 Km de Cannes", poi ritorna in patria e alla regia in tandem con la Thomas in Linha de passe (2008), su quattro fratelli di San Paolo che cercano di trovare le loro strade, in una metropoli in piena crisi economica e identitaria, tanto quanto la famiglia di origine dalla quale provengono. Povertà e incomunicabilità tra sfiducia nel futuro e rassegnazione.
Lo stile è spoglio, quasi neorealista, tormentato dalla ricerca di inquadrature semplici che possano raccontare meglio lo sforzo del sopravvivere. Un Rocco e i suoi fratelli che lottano "nella e per la speranza".
Nel 2012, vuole ridare fiducia a Hollywood con un soggetto che è più nelle sue corde: On the Road, la trasposizione (prodotta da Francis Ford Coppola) del resoconto di viaggio attraverso l'America del Nord degli amici Sal, Dean e Marylou, contenuto all'interno di uno dei più importanti romanzi del Novecento, l'omonimo libro firmato da Jack Kerouac.
Purtroppo, il risultato non è dei migliori. Malgrado Salles faccia un lavoro incredibilmente disperato sulla bellezza del paesaggio, la sceneggiatura di José Rivera è fiacca e non ha quella innata esplorazione del proprio paese, che è invece contenuta all'interno dei Diari della motocicletta. Sembra quasi un'opera priva dell'anima infusa di Kerouac, senza la sua dimensione ribelle, febbrile, da gioventù bruciata e arrabbiata e, soprattutto, senza la rabbia meditativo-menefreghista della Beat Generation.

Io sono ancora qui
Passano ben dodici anni, prima che Salles ritorni di nuovo al cinema, dirigendo la trasposizione di un altro romanzo, "Ainda Estou Aqui", autobiografia di Marcelo Rubens Paiva. In Io sono ancora qui, Salles mette in scena la vita reale di una famiglia che deve fare i conti e affrontare gli orrori della dittatura militare brasiliana dei primi Anni Settanta, partendo proprio dalla madre dello scrittore, Eunice Paiva, che vede la sua vita rovesciata quando scompare suo marito Rubens, ex membro del Partito laburista brasiliano.
Con un'attenzione chirurgica, Salles descrive la crudele morsa militare e il clima di oppressione che aleggia sul Paese, portando a una pellicola che è il più grande successo del cinema brasiliano post COVID-19 e che, nonostante e più di altre volte, è oggetto a richieste di censura e di boicottaggio da parte dell'estrema destra.

Vita privata
Terzo regista più ricco del mondo (prima di lui c'è la coppia George Lucas e Steven Spielberg), Walter Salles è sposato con la pittrice Maria Klabin, dalla quale ha avuto un figlio, Vincent.

Ultimi film

Drammatico, (Brasile - 2008), 108 min.
Horror, (USA - 2005), 105 min.
Drammatico, (Brasile - 2001), 106 min.

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venerdì 24 gennaio 2025
 

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