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Ultimo aggiornamento lunedì 20 novembre 2017
Da Nanni Moretti a David Cronenberg, da Wim Wenders a Gus Van Sant, trentacinque registi ci parlano dell'essenza del cinema.
CONSIGLIATO SÌ
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Ogni tanto gli anniversari non vengono per nuocere. È il caso del sessantesimo del Festival di Cannes che ha spinto il suo Presidente e mentore Gil Jacob a celebrare offrendo ai registi di cui sopra la possibilità di realizzare un film di 3 minuti avente al centro la sala cinematografica o comunque l'idea di film già realizzato. Quindi niente lavoro del set, registi e attori ecc.. ma l'opera finita e il suo rapporto con il luogo che resta ancora (almeno idealmente) al centro della sua fruizione. Ne è uscito un mosaico davvero interessante di letture e di spunti. È impossibile citarli tutti e quindi tratteremo, molto soggettivamente, di quelli che più ci hanno colpito.
Lars Von Trier ha ancora una volta 'esagerato' (nel senso positivo del termine) mettendosi in scena nella proiezione ufficiale di Manderlay con a fianco un produttore che comincia a parlare di quanto sia divenuto ricco grazie al cinema. Lars lo massacrerà nel senso più preciso del termine. Takeshi Kitano si è regalato il ruolo di un proiezionista in un cadente cinema di campagna che, grazie alla sua imperizia, mostra all'unico spettatore in sala solo dei frammenti di un film distribuito dal...Kitano Office. Se i Coen mettono in scena un cowboy che va a vedere un film turco che finisce col piacergli Abbas Kiarostami stupisce tutti rendendo omaggio a Franco Zeffirelli e al suo Romeo e Giulietta mostrando un cinema pieno di donne che si commuovono dinanzi al film del quale sentiamo il sonoro della sequenza finale. Polanski ci riporta alla proiezione di Emmanuelle e a una coppia borghese scandalizzata da uno spettatore che, molte file più indietro, sembra intento a masturbarsi. Sembra... Non mancano i film densi di nostalgia (ben due omaggi a Bresson e tre, se non abbiamo contato male, a Fellini). A cui si aggiunge l'autocitazione di Lelouch e del legame che si era creato tra suo padre e sua madre e Ginger Rogers e Fred Astaire. Un'ultima annotazione per la nutrita presenza (i registi non sapevano nulla dei progetti altrui) di non vedenti in un film collettivo sul cinema. Non è per nulla strana come si potrebbe pensare in un primo momento. Il cinema ha un significato anche per chi non vede ed è giusto che la cecità abbia assunto qui il ruolo di metafora forte .
Prodotto per i 60 anni del festival di Cannes. 33 corti da 3 minuti incentrati sul cinema, inteso come luogo fisico, diretti dai più grandi registi del mondo. Da segnalare: la dolcezza di Dardenne e Inarritu, gli asiatici Kaige e Yimou (forse il migliore!), Kaurismaki e l'assurdo Kitano.
Per festeggiare i 60 anni del Festival di Cannes il suo presidente Giles Jacob ha organizzato una singolare pellicola ad inviti, coinvolgendo 35 tra i più grandi cineasti al mondo per raccontare il cinema, la passione, i ricordi, le attese, le speranze e le delusioni di chi cinema fa, guarda, ama. Ognuno di loro ha avuto a disposizione tre minuti per raccontare la propria visione di cinema, per chiudere [...] Vai alla recensione »
Il miglior lungometraggio di questo Festival di Cannes è finora Chacun son cinéma, serie di cortometraggi di circa tre minuti l'uno che lo stesso Festival ha prodotto - al costo di venticinquemila euro per ognuno - e montato, nella persona del suo presidente, Gilles Jacob. Perciò Chacun son cinéma è fuori concorso. Trentacinque, sui quaranta invitati, sono stati i registi che lo firmano, da Theo Anghelopulo [...] Vai alla recensione »