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Sulla mia pelle: la storia di un corpo, il destino di una democrazia

Il film di Cremonini ritrae Cucchi nelle sue contraddizioni, nei suoi errori e rafforza ancora di più, invece che indebolire, l'indignazione. Ora al cinema e in streaming su Netflix.
di Roy Menarini

Sulla mia pelle

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Alessandro Borghi (37 anni) 19 settembre 1986, Roma (Italia) - Vergine. Interpreta Stefano Cucchi nel film di Alessio Cremonini Sulla mia pelle.
mercoledì 12 settembre 2018 - Netflix

La storia giudiziaria del caso Cucchi è ancora in corso, e molti motivi avrebbero sconsigliato la produzione di un film sulla vicenda, con personaggi reali, nomi e cognomi. Sulla mia pelle è stato realizzato a dispetto di questi timori, scegliendo di invertire il processo narrativo: non un film che nasce dalla cronaca per approfondirne i temi e rifocillare il dibattito pubblico, bensì un film che cristallizza la materia - già più che sufficiente - per farne altro. Il centro simbolico - e concreto al tempo stesso - è Stefano Cucchi, non il meccanismo che lo ha stritolato in una serie di abusi, errori, inadempienze che toccherà alle future corti (la Cassazione ha riaperto uno dei due filoni; il secondo è nuovo e recente) analizzare ed eventualmente sancire.

Prendendo probabilmente a modello Hunger di Steve McQueen - che aveva identificato nella prigionia e sofferenza del corpo il dato materico su cui impostare una riflessione poetica sul detenuto - anche Sulla mia pelle diventa la storia di un corpo.
Roy Menarini

Troppo spesso considerato, nella cultura occidentale, un rivestimento dell'anima o una custodia superficiale di contenuti metafisici e spirituali, il corpo umano è invece tutto quello che abbiamo. Ed è quello che interessa al luogo di detenzione separare dal mondo dei liberi, ed è quello che spesso riceve il maggior danno - insieme a quello psicologico - dal luogo di cattività. Con Cucchi si va oltre, perché il problema non è solamente nel grave pestaggio subito, ma nella mancanza di cure e di attenzioni che tutta la catena di medici e ospedali carcerari mette in atto.


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In foto una scena del film Sulla mia pelle.
In foto una scena del film Sulla mia pelle.

È in quel corpo che si gioca quindi il ruolo essenziale dell'istituzione giudiziaria e delle leggi che regolano la sicurezza del detenuto, che diventa sacra una volta che egli è stato strappato al contesto civile in nome della sicurezza dei cittadini. Le due forme di sicurezza devono contemperarsi, e tale equilibrio distingue le democrazie in salute dalle democrazie malate, o le democrazie tout court dalle altre forme di governo. In questo senso, il martirio di Cucchi non può avvenire in termini religiosi o cristologici, poiché manca ogni possibilità di scelta o di exemplum attraverso cui il Cristo si concede, si offre, e si dà alla mercé del carnefice.

Il corpo di Cucchi non è nemmeno quello di Bobby Sands, il detenuto dell'IRA di Hunger, che si lascia morire di fame e schiaffa lo scandalo del suo deperimento agli occhi dei carcerieri, della Chiesa e dell'opinione pubblica. Il suo dunque è solo un corpo vittimario.
Roy Menarini

Sulla mia pelle narra la cronaca di questo spegnersi, di questo ridursi a "sacco di ossa" di Cucchi, che nemmeno l'intensa e perfetta interpretazione di Alessandro Borghi può però restituire nella sua penosa magrezza. La vera foto del cadavere di Stefano in obitorio è diventata un monito, sì, ma anche un oggetto discorsivo, un'icona nel senso letterale del termine, un'immagine di sacrificio dove però il sacrificio non porta a nulla se non alla disperazione e alla perdita dell'essere umano.


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In foto una scena del film Sulla mia pelle.
In foto una scena del film Sulla mia pelle.

Il film di Alessio Cremonini si concentra sui giorni che vanno dall'arresto di Stefano Cucchi al suo decesso, un periodo nel quale alla famiglia non viene mai data la possibilità di incontrare il parente imprigionato, e dove a un certo punto nemmeno l'avvocato riesce più a interagire con il cliente (altro aspetto molto inquietante su cui sarà importante ottenere verità). Dunque la stessa famiglia, tra cui la ben conosciuta sorella Ilaria (interpretata da Jasmine Trinca), da allora ha avuto solamente a disposizione quella fotografia, tragico ricordo dell'ultima visione del corpo di Stefano, e prova evidente che qualcosa di indicibile era avvenuto, e che lo Stato aveva fallito.

Anche la massima adesione e attenzione alla realtà dei fatti si rivela efficace a livello etico. Vista la contrapposizione che ancora oggi alcuni politici e alcuni rappresentanti della polizia alimentano (compresa la violenta accusa a Ilaria Cucchi e alla famiglia di cercare di arricchirsi attraverso la storia e il film), fare di Stefano un innocente sarebbe stato un tradimento e si sarebbe soprattutto rivelato un boomerang.
Roy Menarini

Cucchi spacciava, mentiva, era un ragazzo in seria difficoltà personale, pur con sprazzi di ottimismo e speranza (la palestra, la parrocchia, e altre attività). Ritrarlo nelle sue contraddizioni, nei suoi errori - le mancate firme di autorizzazione ad alcuni esami e trattamenti - rafforza ancora di più, invece che indebolire, l'indignazione. Sarà davvero interessante comprendere come Sulla mia pelle, nel suo percorso trasversale tra sala e Netflix, potrà coinvolgere e interagire con pubblici diversi.


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