Titolo originale | The Damned |
Anno | 2024 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Italia, Belgio |
Durata | 89 minuti |
Al cinema | 3 sale cinematografiche |
Regia di | Roberto Minervini |
Attori | René W. Solomon, Noah Carlson, Jeremiah Knupp, Timothy Carlson, Cuyler Ballenger Chris Hoffert. |
Uscita | giovedì 16 maggio 2024 |
Tag | Da vedere 2024 |
Distribuzione | Lucky Red |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,39 su 21 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 16 maggio 2024
Un film di finzione, storico, in costume, che non sacrifica il realismo, l'immediatezza e l'intimità. Il film è stato premiato al Festival di Cannes, ha ottenuto 1 candidatura ai Nastri d'Argento, In Italia al Box Office I dannati ha incassato nelle prime 2 settimane di programmazione 94,9 mila euro e 33,9 mila euro nel primo weekend.
CONSIGLIATO SÌ
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Inverno, 1862. Da qualche parte nelle terre dell'Ovest, un manipolo di soldati nordisti deve perlustrare il territorio e resistere due settimane prima dell'arrivo della 'cavalleria'. In attesa di un nemico invisibile organizzano il campo e le guardie. Giovani volontari, che hanno sparato soltanto ai conigli, o soldati di lungo corso, che lucidano Colt e fucili, giocano a carte e si scambiano pensieri sulla guerra civile che dilania l'America. Come solo orizzonte un crinale dietro il quale riparare ed oltre il quale avanzare e interrogare il senso del loro arruolamento. Sono soli sulla terra, trafitti soltanto da un colpo di carabina, ed è subito neve.
I nordisti, i cavalli, le giubbe blu, le montagne innevate, i carri, l'accampamento... sono tutti archetipi del western eppure nel film di Roberto Minervini sembra di scoprirli per la prima volta.
È una questione di sguardo, di tempo, di suoni, soprattutto di silenzio, è una questione di attesa (soltanto Buzzati ha fatto meglio), è una questione di soldati perduti, malgrado la fede, il padre e la Patria.
Discretamente e ostinatamente, l'autore italiano traslocato in America prosegue la sua strada di cinema, un sentiero accidentato ai margini di Hollywood e contro le regole dello spettacolo dominante. Si fa domande Minervini e le risposte sono sempre magnifiche. Questa volta è un film di guerra come una preghiera, fondato sull'esperienza della durata, l'attenzione minuziosa alle persone e ai luoghi, la forza tellurica dei quadri, gli spazi vergini, l'assordante laconismo degli attori.
Perché i suoi film parlano un po' meno, osservano un po' di più e comprendono meglio quello che siamo. I paesaggi sommergono lo schermo e hanno il tempo di depositarsi, come i personaggi, che marciano o resistono trafiggendo con la loro presenza e le loro questioni montagne e pianure. E in quello spazio infinito c'è sempre un posto dove raggomitolarsi, come il soldato che si è arruolato senza ragione e adesso 'sente' la vita come la neve.
I dannati comincia come il romanzo di Stephen Crane ("Il segno rosso del coraggio"), fonte di tutta la letteratura sulla guerra civile americana (1861-1865), avanza a cavallo lungo sentieri di fango liquido, costeggia un fiume nero e poi smonta i soldati per montare alloggi e rifugi da occupare con settimane di ozio e di monotona attesa. Un raggio di sole dorato buca le nuvole e accarezza le barbe incolte dei 'guerrieri', sfuggendo liricamente alla circolarità dei loro ragionamenti. Minervini compone dei tableaux vivants di una guerra che è tutte le guerre insieme, dove i soldati combattono per diventare uomini, forse eroi, sicuramente cadaveri. Il film prende piena misura del destino dell'individuo in mezzo a forze collettive. La battaglia è imminente, l'inferno non è mai lontano. Irrompe improvviso nelle immagini e nei suoni, avvicinando la narrazione al fantastico, come per ritagliare le scene di guerra da una possibile realtà. Quello che i soldati vedono non è di questo mondo, ma appartiene al regno dei morti.
Tutta l'arte di Minervini è tesa a rendere ogni loro istante sensibile in un film spoglio di elementi romanzeschi. Una sola attitudine, una sola situazione, un solo sentimento occupa tutti i personaggi: l'attesa. L'esercito del resto è forse la sola istituzione la cui unica giustificazione è la preparazione di una guerra che tutti passano la vita ad aspettare. E quello che tutti aspettano è così indeterminato, così improbabile, che lo diremmo quasi immaginario ma poi la guerra arriva come uno schioppo e senza occasioni di gloria. Il nemico carica e spara, è un'ombra a cavallo, in controluce o dietro i bagliori delle fucilate. È la luce a legare materia e spirito, alto e basso, puro e impuro. La luce colpisce tutte le cose, accarezza i contorni degli uomini, conferisce una densità inedita alla materia, impregna la natura con la sua fosforescenza e ricopre il mondo di un'aura magica.
Autore 'fotosensibile', Minervini coglie mirabilmente la sua naturale irradiazione, la sua diffusione pallida, le sue orlature crepuscolari. Nelle sue mani la luce è veicolo di una grazia sempre rinnovata, un soffio che attraversa e assolve il mondo materiale, compresa la carne. I dannati, che disegna l'America come stato di secessione permanente, non è una commistione di documentario e fiction ma la conferma della perfetta obsolescenza delle due categorie. Stabilendo una vicinanza (sempre) sorprendente coi suoi 'personaggi' ed evocando il panteismo luminoso di Malick, Minervini ci ricorda che qualche volta c'è più storia in un silenzio o in un guizzo di luce che in tutti i romanzi del mondo. Poi la neve cade sui volti levati, la morte è rimandata, la vita deve ancora arrivare.
Il <Dannato per mancanza di fiducia > è un libro del 1600 dello scerittore spagnolo Tirso de Molina. Ecco, io, povero spettatore, mi sento un dannato per eccesso di fiducia. Fiducia nei critici e negli amici che mi hanno spinto a vedere questo dannato film. Dannato me e dannati tutti loro! Stavolta non ricorrerò alla corazzata Potemkin.
Belle immagini, ottimi gli attori i costumi e la scenografia grazie al Montana. Il film alla fine risulta senza capo ne coda. Non ha una trama, una storia, nulla. Per gli amanti del genere.
Uscito dalla sala mi sono chiesto: ma ho visto un film o un documentario? È un film sì, ma travestito da documentario anche se molto più noioso…Non basta una buona regia perché un film sia guardabile: troppi momenti di pausa e i dialoghi, quando ci sono, sono monotoni. Ho fatto fatica ad arrivare ai titoli di coda ….
Bella fotografia: per carità. Ma se sopportiamo il ritmo di Malick è perché non si può dir nulla di male su Malick (anche se occorrerebbe avere il coraggio di farlo). Di "sottile linea rossa" ne basta una. La prossima volta occorre coinvolgere uno sceneggiatore di qualità: allora sì che le potenzialità di Minervini possono divenire una conferma. N [...] Vai alla recensione »
Come si diventa uomini? E come si rimane uomini quando intorno c’è una guerra deumanizzante, come lo sono tutte le guerre? Sono queste le domande al cuore di I dannati scritto e diretto da Roberto Minervini, la cui storia è stata creata insieme a Jeremiah Knupp e Tim Carlson, che nel film interpretano i ruoli di uno degli scout e del sergente alla guida di un piccolo contingente, incaricato di presidiare le terre di confine inesplorate dell’Ovest durante la Guerra di Secessione americana.
C’è chi è in quella guerra per essere dalla parte giusta della Storia, in particolare riguardo al tema della schiavitù, chi ritiene di seguire la volontà di Dio, chi ha bisogno di definire la propria identità adulta e chi semplicemente aveva bisogno di un lavoro. C’è anche chi non sa nemmeno più perché è lì, a guardare verso quel niente che era nel 1962 la frontiera Ovest degli Stati Uniti: ovvero il Far West, qui raccontato come una landa desolata e non come la terra promessa dei coloni e dei cowboy.
Così come Fango, sudore e polvere da sparo? di Dick Richards nel 1971 e Balla coi lupi di Kevin Costner nel 1990 decostruivano il mito del il Far West come affermazione del pioniere maschio, bianco e in qualche modo privilegiato, I dannati racconta la Guerra Civile come un western laconico, desaturato e privato di ogni entusiasmo avveniristico, dettagliandone fango, freddo e paura, attese interminabili e assalti improvvisi e imprevisti. La fotografia di Carlos Alfonso Corral, anche autore delle musiche originali, staglia queste le solitarie degli scout contro un fondale livido dove anche i possibili nemici diventano sagome indistinte.
«Il cinema serve per imparare, non per insegnare. La macchina da presa va puntata sulle cose che non si conoscono».
Ex frontman di una punk band e consulente aziendale, Roberto Minervini ha trascorso anni a instaurare legami e relazioni di fiducia all'interno delle collettività, filmando nel frattempo le loro vite. Il regista e sceneggiatore di Fermo è salito alla ribalta esplorando il sottobosco americano (ma con una poetica visiva alla Malick): che si tratti dei bianchi poveri ai margini (Louisiana) o di una comunità nera che cerca di sopravvivere (Che fare quando il mondo è in fiamme? (guarda la video recensione)). In contemporanea con il Festival di Cannes (Un Certain Regard) arriva nelle sale il suo sesto lavoro, I dannati. Debutto al cinema narrativo del documentarista marchigiano residente in Texas, la pellicola segna la sua terza partecipazione alla kermesse.
I Dannati sono i soldati, mercenari arruolati durante la Guerra di Secessione. Smarriti e alienati nel selvaggio Montana, questi uomini offrono allo spettatore un prospettiva provocatoria e collaterale della disumanizzazione del conflitto armato. Minervini esplora le contraddizioni e le peculiarità della società americana, immergendosi nei temi della memoria storica e delle radici culturali. La scelta di ritornare a un momento cruciale della storia degli Stati Uniti, caratterizzato da profondi contrasti tra Nord e Sud, cristianesimo e mascolinità tossica, è stata consapevole e mirata. Questo approccio permette di evidenziare come tali problemi persistano nel tessuto sociale contemporaneo.
I due migliori film sullo stato di secessione permanente degli Stati Uniti sono stati fatti da un inglese (Civil War) e un italiano, forse non è un caso. Roberto Minervini vive e lavora negli Usa da anni, quindi nessuna, più o meno giusta, distanza. Anzi lui al suo cinema e alla sua realtà resta appiccicato in modo viscerale, per questo abbiamo adorato un titolo come Stop the Pounding Heart e siamo [...] Vai alla recensione »
Minervini marchigiano d'America fa il suo primo film di finzione in dialogo con la storia (Guerra di Secessione) e gli Usa odierni divisi, con il western e con i suoi doc "di creazione". Nel 1862, un manipolo di soldati nordisti viene mandato in avanscoperta. A «perlustrare e mappare» le terre dell'Ovest. Avanzano e parlano, in una bellissima luce incerta catturata dal direttore della fotografia Carlos [...] Vai alla recensione »
Nel 1862, durante la guerra di secessione americana, una pattuglia di volontari nordisti viene inviata in ricognizione nelle terre inesplorate dell'Ovest, dove non c'è fronte né frontiera. Al suo primo lungometraggio di finzione, dopo alcuni notevoli documentari, Roberto Minervini (italiano però stanziato in Texas) osa molto: in nome di un realismo radicale ma lirico, rinuncia a trama e climax; il [...] Vai alla recensione »
Direttamente dal festival di Cannes - era in concorso nella sezione "Un certain Regard" l'altro sta americano d'Italia: il documentarista Roberto Minervino, negli Usa da 24 anni. II primo che viene in mente è Luca Guadagnino: altro genere, altri budget, altri incassi. "Challengers" ha incassato finora nelle sale italiane tre milioni e 700 mila euro, con una diva come Zendaya.
Filmaker quasi per caso, a differenza di colleghi che inseguono il mestiere senza averne l'arte, Roberto Minervini ha un senso acuto del dettaglio e al tempo stesso la capacità di mettere insieme la disordinata frammentazione del mondo che sceglie di raccontare. Ad aprire la prima finestra italiana a Cannes è stato il suo I dannati (Un certain regard) dove un episodio della guerra di Secessione si [...] Vai alla recensione »
Appena passato in concorso nella sezione Un Certain Regard del festival di Cannes, "I dannati" è il primo film di finzione del marchigiano Minervini da anni residente e attivo negli Stati Uniti. Asserendo di non volere tradire del tutto la propria primaria vocazione, l'ex documentarista propone una versione straniata e algida del western in cui il rigore o meglio il compromesso delle scelte stilistiche [...] Vai alla recensione »
Ancora America, ancora armi, ancora guerra. Civile naturalmente. Quella vera stavolta, non quella ipotetica, e iperrealistica, dell'inquietante "Civil War" di Alex Garland, ma quella che ci raccontano i libri di Storia. Ricreata come se fossimo lì, non al fronte ma nelle retrovie. Costretti ad affrontare, prima che il nemico, il freddo, la fame, la stanchezza, l'ignoto.
Lo scenario è fortemente fisico, fatto di neve, orizzonti aperti, lupi affamati che si accaniscono sulle carcasse e, da qualche parte, i soldati sudisti. Siamo nel 1862, in America, nel pieno della Guerra di Secessione e I dannati di cui racconta Roberto Minervini nel suo primo film di finzione (nelle sale italiane in contemporanea col passaggio nel Certain Regard di Cannes77) sono un pugno di soldati [...] Vai alla recensione »
Passato pochi giorni fa a Cannes (Un Certain Regard), arriva in sala il nuovo film di Roberto Minervini, "I dannati". Che è anche primo vero film di finzione del regista marchigiano (ma americano di adozione, essendosi trasferito negli Usa ormai più di vent'anni fa). È il 1862. Nel pieno della guerra di Secessione, un manipolo di volontari dell'esercito nordista viene inviato a presidiare le terre [...] Vai alla recensione »
Il Bene, il Male, l'assenza di un senso. E quella di Dio. È la guerra che ti fa perdere te stesso, e non ha risposte, dove il nemico è invisibile o al massimo fuori fuoco, quella che racconta nel suo western esistenziale e rarefatto Roberto Minervini, l'italiano d'America che da Cannes (dove il suo ultimo lavoro è stato presentato a Un certain regard) torna con qualche certezza in più: e con il lungo, [...] Vai alla recensione »
È subito nelle sale il primo film italiano presentato al 77° Festival di Cannes, "I dannati - The Damned" di Roberto Minervini, collocato nella sezione Un certain regard parallela al concorso per la Palma d'oro che martedì vedrà in gara "Parthenope" di Paolo Sorrentino. È l'esordio nella finzione per il regista marchigiano che lavora negli Stati Uniti e si era fatto conoscere con i documentari "Ferma [...] Vai alla recensione »
Nel 1862, Guerra di Secessione americana, un manipolo di soldati nordisti viene mandato in avanscoperta nei territori dell'Ovest. Si ritrovano a combattere un implacabile nemico senza volto, in un contesto naturale incontaminato, che mostra tutta la sua terribile bellezza e indifferenza verso la sorte degli uomini. Questi militari per lo più improvvisati, che nei tempi morti giocano a carte o a baseball, [...] Vai alla recensione »
A sei anni dal suo ultimo lungometraggio Roberto Minervini torna al cinema con I dannati, presentato in Concorso nella sezione Un Certain Regard del fesitval di Cannes e suo primo film di finzione. O per meglio dire suo primo lavoro dichiaratamente "messo in scena" poiché l'azione si svoge negli Usa del 1862, dunque non possiamo neanche lontanamente presumere di trovarci di fronte a un documentario: [...] Vai alla recensione »
Nell'attesa di una battaglia, un gruppo di volontari dell'Esercito nazionale durante la Guerra di Secessione americana s'interroga sul senso della vita. Nell'unico film i"taliano" in gara della seconda sezione del festival, Minervini rovescia il suo cinema, portando la finzione in primo piano con uno sguardo documentaristico: ne esce un western esistenziale, dove i corpi e le armi scandiscono il ritmo [...] Vai alla recensione »
Dire che I Dannati sia il primo lungometraggio di finzione di Roberto Minervini significherebbe commettere quantomeno un'imprecisione. Nei film precedenti, infatti, il regista marchigiano aveva saputo articolare le esigenze di registrazione della realtà proprie del documentario coi processi mitopoietici della fiction. Un contrassegno estetico tanto preciso quanto specifico di cui anche quest'ultimo [...] Vai alla recensione »
C'era una volta il West, territorio di frontiera e di conquista, alba di una nazione e letale cavalcata di pistoleri feroci. Bazin scriveva: "Al di là delle epoche e del valore dei singoli film, la portata mitopoietica del western risiede nella sua capacità di fornire un'interpretazione che agisce tanto sull'asse della Storia quanto su quello dell'individuo, e di articolare una riflessione sul tempo [...] Vai alla recensione »
L'orrore e la pietas: sembrano essere questi, fin dalla prima inquadratura che pone lo spettatore frontalmente rispetto alla scena di alcuni lupi nell'atto di divorare la carcassa di un animale, i sentimenti attraverso cui lo sguardo di Roberto Minervini si pone sui corpi e sui paesaggi aspri che ha scelto di filmare e di raccontare ne I dannati. E lo fa, oltretutto, partendo da una posizione per lui [...] Vai alla recensione »
Un gruppo di soldati che avanza in un paesaggio nevoso, in una guerra senza fronte contro un nemico invisibile. Per il suo primo film ufficialmente «di finzione» Roberto Minervini sceglie paesaggi americani che non aveva ancora esplorato. Quello del Nord del paese (lo stato è il Montana) quello del western e quello della Storia. Ambientato nel 1862, durante la Guerra civile, I dannati (oggi in uscita [...] Vai alla recensione »
Il regista Roberto Minervini ha sempre lavorato sulle sfumature che uniscono il documentario e la finzione. Mette al centro l'essere umano, in un cinema di forte impatto sociale, con cui fotografa gli ultimi, gli esclusi. Il suo ultimo film, I dannati (sezione Un Certain Regard a Cannes) si dimostra moderno, vitale. Racconta di un manipolo di soldati che durante la Guerra di Secessione si spingono [...] Vai alla recensione »
La poesia e la prosa danzano in Vangelo secondo Maria, il film Sky Original presentato fuori concorso alla 41a edizione del Torino Film Festival e prossimamente in uscita nelle sale cinematografiche. Un progetto che viene da lontano come la luce delle stelle. Avrebbe, infatti, dovuto essere il primo lungometraggio diretto da Paolo Zucca, dopo il folgorante cortometraggio L'arbitro datato 2009.