Titolo originale | What You Gonna Do When the Worlds's On Fire? |
Titolo internazionale | What You Gonna Do When the World's on Fire? |
Anno | 2018 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Italia, Francia, USA |
Durata | 109 minuti |
Regia di | Roberto Minervini |
Attori | Judy Hill, Dorothy Hill, Michael Nelson (II), Ronaldo King, Titus Turner Ashley King, Kevin Goodman, Judy Hill (II), Krystal Muhammad. |
Uscita | giovedì 9 maggio 2019 |
Tag | Da vedere 2018 |
Distribuzione | Valmyn, Cineteca di Bologna |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,55 su 21 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 15 aprile 2020
Nell'estate 2017 gli USA sono scossi da una serie di brutali omicidi di giovani afroamericani ad opera della polizia. Monta la protesta della comunità nera. Le Black Panther organizzano una grande manifestazione. In Italia al Box Office Che fare quando il mondo è in fiamme? ha incassato 34,4 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Il costume di piume e perle brillanti di Big Chief Kevin Goodman, colto mirabilmente nell'epilogo dalla "fotosensibilità" di Roberto Minervini, è qualcosa difficile da comprendere per gli spettatori europei. Confluenza di minorità oppresse, è un costume di ispirazione indiana indossato da un afroamericano e cucito idealmente dal regista per rendere conto di quelle minoranze, di quei luoghi di forte métissage, dove convivono culture antiche e tradizioni radicate. Dopo l'incandescenza di Louisiana, ficcato nello stato omonimo, Roberto Minervini trasloca a Baton Rouge restando fedele a quella porzione di Sud venduto da Napoleone per quindici milioni di dollari. Se per il resto del Paese la Louisiana è una sorta di gigantesca festa permanente dove non ci si preoccupa che della musica e della cucina, dove la gente non fa altro che cantare e suonare nelle strade, la realtà smentisce lo stereotipo e rivela una complessità che impone rispetto.
Raggiunto il cuore autentico di uno stato disprezzato per il suo 'ritardo', l'autore incontra persone ordinarie che nessuno conosce ma che si conoscono tra loro, perché fanno musica insieme, perché lavorano insieme, perché lottano insieme in una capitale spaccata in due: il nord nero e povero, il sud bianco e agiato. In quel fosso razziale che non si smette di scavare, si inserisce il cinema di Minervini e quell'attitudine a sublimare la realtà tragica senza tradirla.
Dragando le acque torbide del Mississippi e del suo paese di adozione, l'autore coglie, con le reti della sua empatia, le figure ambigue ed eloquenti del rimosso. L'other side, in cui abita da sempre il suo cinema, non è il rovescio del décor ma il passaggio rivelatore di una realtà che appassiona e sconcerta, una messa a nudo delle piaghe e delle rovine di un paese vincitore e sempre parzialmente vinto. Impegnandosi ad essere il meno invasivo possibile, il suo sguardo cerca sempre qualcosa d'altro nel contatto folgorante coi suoi personaggi, quella prossimità 'insensata' che stabilisce con loro e ottiene al prezzo di lunghe 'sedute'. La camera si integra alle loro esistenze fino a sfiorare la finzione con un senso mirabile del quadro e del momento. Ma Minervini non racconta né mistifica, i suoi film descrivono attraverso il quotidiano, passando del tempo con persone vere di cui abbraccia il presente e a cui non attribuisce mai un giudizio a priori. La sua preoccupazione è la restituzione grafica di un contesto di cui è il testimone privilegiato.
What You Gonna Do When the World's On Fire? avvicina Judy, una donna spezzata dalla vita e dai debiti che vorrebbe soltanto conservare il suo bar, ascolta i canti di Kevin, Spy Boy e guardiano della tradizione "indiana", accompagna Ronaldo e Titus, che mamma vuole a casa prima che un colpo di pistola neghi loro la chance di diventare grandi, sfila al fianco di un ostinato collettivo dei diritti civili che eredita la rabbia delle Black Panther, denuncia la violenza della polizia e rilancia la marcia secolare del popolo nero verso l'emancipazione.
Seguendo il ritmo naturale delle città del Sud, Minervini attraversa con lentezza i quartieri di Baton Rouge consumati dalla miseria e dalla noia, partecipa alle manifestazioni di protesta contro gli omicidi extragiudiziali di giovani uomini neri e al suo corollario: una dolorosa introspezione sulle tensioni razziali che abitano la città. Nel languore del Deep South conservatore e razzista, dove essere nero comporta ancora un rischio quotidiano, Minervini si intrattiene con uomini, donne e bambini che hanno perso tutto, salvo l'umanità e la speranza tenace di una tregua.
Provvisti di un irriducibile desiderio di vivere malgrado le avversità, procedono alla narrazione addolorata della loro ri-segregazione, confermando che essere bianchi o neri negli Stati Uniti non è proprio la stessa cosa. Lo sguardo dell'autore infila i quartieri degli esiliati, gira nelle periferie monocromatiche che non vediamo mai e che smentiscono l'immagine rosa di una nazione multicolore. Ai paesaggi umidi della Louisiana, dove gli afroamericani faticano a credere allo spettacolo di desolazione che è diventata la loro vita, dove la polizia spara in pieno petto a un venditore ambulante di CD (Alton Sterling), dove il crimine razzista permane e i discendenti del fante confederato risorgono, Roberto Minervini applica l'elegante rigore del bianco e nero, squadernando una storia di Bianchi e di Neri, di baleni e naufragi nell'ombra. What You Gonna Do When the World's On Fire? è una 'canzone' di protesta, una maniera di porsi il problema dell'ingiustizia razziale e di riportarlo in primo piano nel discorso pubblico. È uno studio etnografico che converte cerebralmente i colori in scale di grigi insistendo sull'assolutezza dei contrasti e di un contrasto vecchio come il cuore degli uomini. Gli uragani passano ma i conflitti interiori rimangono. Katrina, Nate, Harvey non sono serviti che a inasprirli, esacerbando i sentimenti e aggiungendo una variabile a un'equazione che una vita non basterebbe a risolvere.
Una delle testimonianze più pertinenti sugli Stati Uniti di Donald Trump la scoprirete al cinema. Riflessione intensa sulla comunità nera del Sud del Paese, Che fare quando il mondo è in fiamme? è il nuovo documentario di Roberto Minervini, autore italiano trapiantato negli States. Sempre in prima linea, l'autore consacra il suo lavoro all' "America del sottosuolo", abitata dai declassati e dagli emarginati che Hollywood e i media estromettono dalla rappresentazione.
Il carattere empatico dei suoi film deriva da una maniera singolare di lavorare che prevede un'assidua frequentazione delle persone che Minervini desidera filmare al fine di creare una relazione di intimità, di fiducia e di affetto.
La sua disponibilità, la sua propensione all'ascolto, la sua capacità di 'sentire dentro' gli altri, gli hanno permesso film dopo film di integrarsi in ambienti resistenti e ripiegati su stessi. Dai paramilitari texani ossessionati da un'infondata invasione "dall'interno" (Louisiana - The Other Side) alle pugnaci Black Panther decise a contrastare i suprematisti bianchi (Che fare quando il mondo è in fiamme?), Minervini li convince tutti con un paziente lavoro di approccio, raccoglie le confidenze nei lunghi mesi di permanenza presso le loro comunità, guadagnandosi con la considerazione una prossimità senza la quale i suoi documentari mancherebbero di quell'intimità profonda e palpabile a ogni fotogramma. Successivamente, lascia che sia la macchina da presa ad agire dentro lunghissimi piani sequenza che registrano il quotidiano, la collera, l'impegno, le riflessioni di uomini e donne che la paura non abbandona mai ma che il coraggio sostiene.
Nel suo quinto documentario, Roberto Minervini incontra gli afroamericani di New Orleans e di Baton Rouge, la cui storia è marchiata a fuoco da secoli di razzismo. In risonanza con la politica di Donald Trump e le politiche di 'accoglienza' dei migranti in Europa, firma un film politicamente impegnato sui luoghi caldi degli Stati Uniti dove la tenerezza dei personaggi è l'unico riparo contro i pericoli reali che gli affliggono.
Le donne, gli uomini e i bambini che Minervini frequenta e coglie nel loro quotidiano acquistano progressivamente una profondità toccante e una dimensione emblematica. Personalità differenti ma tutte impressionanti, parlano spontaneamente della condizione dei neri in America, dalla schiavitù fino agli abusi della polizia, o disegnano la loro traiettoria personale, piena di caos e di soprusi. Il film, che beneficia di un superbo bianco e nero, impressiona per la sua sensibilità, per la comprensione delicata delle situazioni e delle persone, esprimendo una sensazione epidermica di forza e di paura.
Minervini può guardare con lo stesso sguardo benevolo due Americhe incompatibili: quella dei bianchi poverissimi della Louisiana e del Texas, pateticamente alla deriva verso il suprematismo (Louisiana - The Other Side), e quella nera della Louisiana pesantemente vessata e abbattuta dalle forze dell'ordine. Louisiana - The Other Side, realizzato nel 2015, è in fondo il ritratto premonitore di questa America, su cui Minervini svolge oggi la storia lunga e tragica degli afroamericani. Dal ghetto di Tremé all'uragano Katrina, dalle violenze dei poliziotti alla miseria, senza dimenticare la gentrificazione che avanza e sfratta gli abitanti dai loro quartieri, Che fare quando il mondo è in fiamme? frequenta i luoghi più vulnerabili rimanendo ipersensibile alle presenze e agli ambienti, alle voci e ai gesti, ai riti istituiti e ai codici della protesta civica e della commemorazione che tessono un intreccio di segni fisici e concreti.
A fare la differenza, in un documentario d'autore, è l'originalità dello sguardo, perché l'obiettività assoluta, a conti fatti, non esiste: il vissuto di un regista, il suo background culturale hanno sempre un'importanza. Quel che si può fare è cercare di penetrare la realtà che si intende filmare rendendosi il più possibile invisibili, e assorbendo senza pregiudizi l'atmosfera che si vuole documentare. Che fare quando il mondo è in fiamme? procede esattamente così: Roberto Minervini, che è italiano ma vive ormai da tempo negli Stati Uniti, entra nel microcosmo di Tremé, quartiere prevalentemente afroamericano di New Orleans, e si mescola ai suoi abitanti, scegliendone alcuni per raccontarlo da diverse angolazioni, che però convergono su alcuni temi: l'esclusione, la marginalità, la mancanza di opportunità e di orizzonti della comunità black.
La scelta di girare in un bianco e nero contrastato è estetica ma anche narrativa, poiché negli Stati Uniti di oggi, come in quelli della schiavitù (che in Louisiana ha visto una delle sue roccaforti più dure a morire) la differenza si vede e si sente, ed è una differenza radicale che spinge gli esclusi verso la radicalità: quella delle Pantere Nere come quella dei Nativi Americani, ma anche quella minima di una donna che cerca di valorizzare la propria cultura e di una mamma che cerca di tenere i suoi figli lontani dalle gang e dai proiettili vaganti.
Ma Minervini è italiano, è arrivato da straniero nel Nuovo Mondo, e dunque conserva una prospettiva "altra", che qui si manifesta soprattutto nella capacità di depurare il proprio sguardo da quella rabbia che è la naturale conseguenza di una marginalità perpetuata volontariamente.
Così il peregrinare di casa in casa della militante Black Panther, non a caso anche lei una donna, non è aggressivo ma solidale, ed è la fatica di Sisifo di chi combatte ogni giorno contro un'Idra dalle teste sempre pronte a ricrescere e a rivelarsi letali. Così, nella lotta impari della madre contro le statistiche che vogliono i suoi due giovani maschi neri destinati a soccombere, c'è un'ostinazione per cui "tutti i mezzi necessari" sono la forza della disperazione e un sentimento universalmente materno, quello che non guarda al calcolo della probabilità ma alla luce alla fine del tunnel.
Anche il ritmo di Che fare quando il mondo è in fiamme? non è un crescendo con un climax finale da Avengers, ma un procedere insistito e ripetitivo che segue il flusso lento di esistenze zavorrate dalla frustrazione e dall'impotenza. Le invettive della barista sono volutamente teatrali perché non sono sfoghi risolutivi, ma lamenti da blues metropolitano, grida contro il cielo: "Oh Lord, won't you listen, won't you give me justice?" Allo stesso modo i tamburi della cerimonia "pellerossa" sono un rituale di resistenza che non ha vere speranze di riscatto, solo un dovere di ricordo.
Il regista assume il suo ruolo di testimone camminando insieme alle Pantere Nere, seguendo come un angelo custode i due ragazzini per strada senza la pretesa di poterli difendere davvero, e non vanta l'incazzatura militante di uno Spike Lee, o di un Melvin Van Peebles, o di James Baldwin nel meraviglioso documentario I Am Not Your Negro. Perché Minervini non dimentica di essere incontrovertibilmente bianco, europeo, italiano, maschio, armato di una cinepresa che può raccontare il mondo dalla sua prospettiva anche quando a parlare sono gli afroamericani. Sa che la gente di quel quartiere dovrà continuare ad inventarsi la vita anche dopo che le cineprese se ne saranno andate. E dunque si mette in un angolo - quello giusto, secondo la sua esperienza di documentarista - e gira in silenzio, lasciando che il suono più assordante sia quello del cuore di una comunità che, collettivamente e individualmente, è destinato a spezzarsi ogni giorno.
Nel Sud degli States l'anno scorso ci fu una serie di brutali omicidi che scossero la vita della comunità nera. Roberto Minervini. texano-marchigiano, cattura l'essenza di tre storie in un bianco e nero astrattivo (due giovani ragazzi, una cantante che ha aperto e chiuso quasi subito un bar, le manifestazioni delle giovani Pantere Nere), restando quasi sempre sul volto dei protagonisti, e ascoltando, [...] Vai alla recensione »
Pur essendo in sé un fatto positivo, la crescente attenzione dei vari festival internazionali ha creato sul documentario un'aspettativa che rischia di scardinarlo dal suo tradizionale asse di forza: cogliere la realtà nel suo farsi, senza tentazioni di messa in scena. L'appunto non vale se non in minima parte per Roberto Minervini, cineasta marchigiano di stanza in Usa, il cui Cosa fare quando il mondo [...] Vai alla recensione »
What you gonna do when the world's on fire? (Che fare quando il mondo è in fiamme?) è il nuovo documentario, con al centro un'alterità antropologica e culturale "lontana", di un talento autentico come Roberto Minervini. Un italiano (europeo?) che osserva un pezzo di terra americana apparentemente nascosto. Profondo sud, Louisiana, una comunità afro-americana investita nel 2016 da una serie di omicidi. [...] Vai alla recensione »
Il marchigiano Roberto Minervini si è radicato da oltre dieci anni nel profondo sud degli Stati Uniti, rischiando pallottole vaganti e indagini FBI. E traduce nel bianco e nero conflittuale di Diego Romero la tristezza guerriera di antichi canti. Il titolo è rubato a uno spiritual di due secoli fa che insegnava a sfuggire le fiamme dell'inferno, nell'aldiqua.
Un colpo di fulmine può essere anche un viaggio lungo e impegnativo, ma è soprattutto l'incontro con un film che non ti lascia mai tranquillo, neppure a mesi di distanza. Che fare quando il mondo è in fiamme? è l'incarnazione perfetta di questo sentimento critico, specie se si dimentica di porsi quella domanda così frequente: «Ma dove comincia la messa in scena e dove finisce la verità?».
Nell'America di «What You Gonna Do When World's on Fire» di Roberto Minervini brucia il fuoco della lotta razziale alimentata dal soffio di Trump. E' un documenta-io, girato fra Baton Rouge e Jackson, Louisiana: tuttavia entrando nelle travagliate esistenze di alcuni abitanti della comunità nera - militanti del «New Black Panthers Party for Self-Defense», ragazzi senza padre, donne battagliere - il [...] Vai alla recensione »
L'eccellente documentario di Roberto Minervini, in concorso a Venezia l'estate scorsa, recita "What You Gonna Do When the World's On Fire?" ; il titolo è ripreso da una canzone degli anni '40 di H.W. Ledbetter. Le vicende che narra il cineasta marchigiano risalgono all'estate del 2017, poco dopo l'assassinio, a Baton Rouge e Jackson, di due ambulanti neri per mano della polizia, più la decapitazione [...] Vai alla recensione »
Non si avverte la presenza della macchina da presa in Che fare quando il mondo è in fiamme? (What You Gonna Do When the World' s on Fire?, Italia, Usa e Francia, 2018, 109'). Roberto Minervini gira nelle strade e fra la gente di Jackson, di Baton Rouge e del ghetto del 7th Ward, quartiere afroamericano di New Orleans, in Louisiana. Dà volto e voce a Ashley King e ai suoi due figli, Ronaldo e il piccolo [...] Vai alla recensione »
Ci sono tre storie parallele, nella comunità nera di Baton Rouge, tenute insieme dalla domanda che dà il titolo a questo film. Il nuovo lungometraggio di Roberto Minervini prende spunto dalle morti violente di giovani afroamericani per mano della polizia, nell'estate del 2016. Le tre storie bastano a fare da guida sul fenomeno del razzismo nel sud degli Stati Uniti.
C'è un regista italiano che racconta l'America periferica, mettendo il dito nelle sue piaghe. Arrivato negli States al seguito della moglie filippina, il marchigiano Roberto Minervini ha messo a frutto l'esperienza di documentarista per offrire il proprio sguardo su realtà dimenticate. È partito da quelle intime della cosiddetta «trilogia texana», per allargarsi a tematiche universali, prima con «Louisiana» [...] Vai alla recensione »
Minervini entra in tre situation adottando riprese di non-fiction per estrarre lo stato delle cose nella Grande Nazione dove la polizia nel 2016 ha fatto fuori 39 negri disarmati, dove il divario di reddito tra bianchi e neri è aumentato del 40 per cento dal '67 e le Black Panther vanno in giro ancora armate per dissuadere la polizia da omicidi facili.
Il bianco e nero dai contrasti netti e taglienti può indurre la sensazione di essere di fronte a un film più distaccato, analitico, immediatamente documentativo rispetto ai precedenti lavori di Roberto Minervini, ma What You Gonna Do When the World's on Fire? (in concorso a Venezia 75) è, sotto certi aspetti, il suo film più caldo, persino più compromesso con la materia umana e sociale in cui s'è calato. [...] Vai alla recensione »
Che fare quando il mondo è in fiamme? L'immersione di Roberto Minervini nelle radici culturali "dei" popoli americani prosegue con quest'ultimo tassello perfettamente inserito in un discorso cinematografico sempre più consapevole e strutturato. Dopo la trilogia texana, infatti, il regista italiano si sposta poco più a est e gira il secondo film (di un'altra trilogia?) nello Stato della Louisiana.
Che fare quando il mondo è in fiamme? Potremmo chiedercelo anche noi, oggi, ma del mondo non ce ne importa nulla e pensiamo di difenderci dall'incendio chiudendoci in una fragile, inutile fortezza. Per puro caso e senza alcun merito abbiamo la pelle bianca o al massimo beige. Ma dovunque, chiunque nasca con la pelle scura, casualmente e senza responsabilità, non sarà perdonato.
In una intervista su un sito di cinema on line (www.filmidee.it), Roberto Minervini definisce Roma di Alfonso Cuaròn «un film bugiardo di un autore crumiro». Il giudizio sul film è chiaro, quello che sfugge è l'aggettivo scelto per il suo regista: «crumiro». In che senso Cuaròn è un crumiro? Questione di metafora, probabilmente, ovvero è un «crumiro» perché sfrutta i suoi personaggi, nello specifico [...] Vai alla recensione »
Il grande pregio e il limite, forse, del cinema di Roberto Minervini è il suo essere "in diretta", perché parla del mondo e di ciò che lo scuote praticamente in tempo reale e perché sembra sempre in divenire, cangiante e sfuggente, come un fiume che cambia mentre scorre. Ambientato a Baton Rouge, in un quartiere a grande maggioranza afro-americana, il film racconta la condizione dei neri attraverso [...] Vai alla recensione »
Il film di Roberto Minervini, marchigiano trapiantato negli Stati Uniti, ha un titolo esemplare: What you gonna do when the world's on fire?, che fare quando il mondo è in fiamme? L'antica domanda pochi oggi se la pongono, cercando al contrario una propria accettabile sopravvivenza in un mondo al crepuscolo, preso tra le nuove barbarie che si vogliono universali (tecnologiche, attorno al trono del [...] Vai alla recensione »
Minervini invece è un regista italiano cresciuto artisticamente negli Stati Uniti e da sempre racconta i suoi angoli sperduti, dal bellissimo Stop the Pounding Heart a Louisiana. Qui siamo a Tremé, glorioso quartiere nero di New Orleans minacciato dalla gentrification. Le storie seguite sono tre: una barista che cerca orgogliosamente di mantenere il proprio locale; una madre single che cerca di tenere [...] Vai alla recensione »
New Orleans, 2017: Judy cerca di salvare il suo bar nel quartiere nero di Tremé, nonostante i proprietari lo vogliano far chiudere; due fratellini cercano il giusto modo di crescere, aiutati dalla madre che vuole tenerli lontani dalla strada e dai guai che facilmente si abbattono sulle vite dei giovani di colore; i militanti del Nuovo Partito delle Pantere Nere per l'Autodifesa cercano giustizia per [...] Vai alla recensione »
Che cosa fai se dell'incendio doloso che ti hanno promesso di mostrarti non scorgi né una labile fiammella né tracce del piromane? Roberto Minervini arriva in Concorso con un documentario dal titolo apocalittico, tratto da un vecchio gospel (letteralmente: cosa farai quando il mondo prenderà fuoco?), per affrontare la discriminazione razziale del sud degli Stati Uniti in modo approssimativo ed estetizzante [...] Vai alla recensione »