Anno | 2022 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 54 minuti |
Regia di | Samuele Rossi |
Attori | Filippo Timi, Carmelo Bene, Pietrangelo Buttafuoco, Franco Ungaro, Lydia Mancinelli Salomè Bene. |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento martedì 27 dicembre 2022
Filippo Timi ci guida in un documentario sorprendente alla ricerca di una risposta possibile alla domanda: chi era davvero Carmelo Bene?
CONSIGLIATO SÌ
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Scomparso nel marzo del 2002, Carmelo Bene (e la sua grandezza) è ancora tutto(a) da indagare.
Figura leggendaria del teatro italiano, l'attore-autore-regista-performer ha debuttato ufficialmente sulla scena di Roma nel 1959 in un adattamento del "Caligola" di Albert Camus. Seguono una cinquantina di spettacoli e poi ancora happening, film, radio, opere scritte, interventi televisivi. Eppure, Carmelo Bene era un artista raro. I suoi spettacoli erano brevi, lungamente maturati (un anno per "Macbeth Horror Suite") e 'fugacemente' incarnati, se non addirittura cancellati un attimo prima di andare in scena. Carmelo Bene amava ritornare sulla stessa opera, contiamo otto versioni di Amleto e almeno tre Pinocchio. Inenarrabile, è stato sovente comparato ad Artaud ma non tardava a chiosare che il teorico della crudeltà "non era in grado di mettere in pratica la sua teoria".
Al debutto degli anni Sessanta il suo teatro d'avanguardia veniva elogiato e lui dichiarava di esecrare l'avanguardia, stimava quella denominazione irricevibile. L'animosità dell'artista aveva raggiunto da tempo il suo obiettivo: essere odiato da gran parte della critica, detrattori pungenti che si spingevano al limite dell'insulto, ed essere variamente apprezzato da quella che restava, recensori entusiasti e celebrativi.
Giù dal palcoscenico, Bene 'le fou' ha realizzato cinque film in cui la critica ha creduto di vedere Godard, quello di Week End. E anche in quell'occasione rise in faccia a chi osava il confronto e giudicò Week End tronfio.
Solo Keaton e Tati lo interessavano davvero, probabilmente per la loro gioiosa anarchia, il resto del cuore batteva per la sua Puglia e per la sua classe operaia che ispirava i suoi eccessi.
Samuele Rossi, contro i detrattori e la pigrizia intellettuale, firma un documentario intelligente che prova a fare i conti con la 'violenza' di Carmelo Bene, tanto irrispettosa quanto 'dislocante'. Quale uomo di cultura oggi potrebbe intitolare il suo "Amleto" (1988), "Hommelette for Hamlet"? Nel bene e nel male, Carmelo Bene era indicibile. Tuttavia Bene! Vita di Carmelo, la macchina attoriale raccoglie la sfida e prova a dirlo, al di là delle semplici notazioni cronachistiche e cronologiche. Prova a raccontare quel cuore in piena e quella festa di colori feriti, quel corpo non più vettore dell'azione, della poesia e del senso ma del loro schianto, quella voce come un tesoro da trovare e ascoltare e quei capelli rossi che portava sempre come maschera d'attore, insieme a un residuo di fard e a labbra dipinte male.
A 'interpretarlo' sullo schermo è Filippo Timi, che interrompe come tuono gli interventi critici e familiari. Le voci di Pietrangelo Buttafuoco (giornalista) o Franco Ungaro (studioso), di Lydia Mancinelli (ex compagna e attrice) o di Salomé Bene (la figlia), inciampano su quella sbucciata di Timi che sbriciola le parole e 'appare alla Madonna".
Scritto a quattro mani da Samuele Rossi e da Lorenzo Bagnatori, Bene! Vita di Carmelo, la macchina attoriale lascia che lo spettro dell'attore circoli e rimbalzi come segno sonoro sui volti amati, sui ricordi di chi lo ha amato e sulle osservazioni di chi per primo ha compreso che la sua opera fu un'impresa di demolizione. Nessuna chance di rassicurarci, da qualunque lato del trono, del letto o del catafalco lo si osservi, il teatro di Carmelo Bene come i suoi armadi si spalanca con un colpo di vento d'oltretomba e i drappi volavano via come sudari... Lo (ri)vediamo parlare, cantare, rispettoso della linea melodica, giovane Caligola o diva invecchiata e sempre civettuola che non disdegna gli applausi. Èd è lì che Carmelo Bene si fa più toccante, laddove il suo amore viscerale per il palcoscenico si scontra col suo odio ostentato per il teatro.
La sensibilità critica degli autori può contare su un materiale inedito, fornito da Fondazione Teatro della Toscana, e sul disegno produttivo di Echivisivi. Grazie alla loro collaborazione congiunta, la cometa Carmelo Bene è di ritorno e le sue 'osservazioni' continuano a scoraggiare magnificamente qualsiasi classificazione. Un ritorno capitale e prezioso, perché diversamente da Grotowski e da Barba, suoi contemporanei, Bene non ha mai fondato una scuola né formato discendenti. Del resto, come diceva Jean-Paul Manganaro: "Un distruttore di sistemi non può avere eredi...", artistici almeno.
Il ritratto di Samuele Rossi ripercorre la carriera di un "autore minore", ma nel senso 'maggiore' che Gilles Deleuze dava a quel termine ("Sovrapposizioni"), e chiede aiuto a Timi per fare balbettare la lingua e continuare a esplorare l'attorialità. Solo al centro del quadro, l'attore è puro solfeggio, è musicalità, un morso di bellezza che esplora l'oltre del testo.