Regista, sceneggiatore e comico francese che, con solo sei pellicole, riuscì a entrare nella Storia del Cinema grazie alla novità del suo punto di vista comico, segnando una svolta radicale nei temi socio-politici finora affrontati sul grande schermo d'oltralpe e delineando un cinema che guardava in faccia alla realtà francese del boom economico e che non si rifugiava più in malinconiche mansardine sotto i tetti di Parigi. Dotato di un certo minimalismo, ebbe il coraggio di prendere di petto temi azzardati e adulti: il consumismo iniettato dall'America in Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale, l'ossessione per la modernità e la nascente tecnologia, il distacco fra ceti. Erano anni che non si vedeva una tale unità d'intenti. Per questo, ci fu qualcosa di diverso nel suo cinema, qualcosa che fu radicalmente nuovo e che valeva la pena di far notare. Inducendo alla risata, spesso legata allo splastick e alle gag, questo autore attraversò le morbosità francesi sfiorandone la fascinazione. Non privo di cedimenti morali di fronte a ciò che aveva raccontato, non dimenticò mai però di tenere ben presente che quella cinepresa era anche un occhio antropologico.
Il benessere e il malessere
Jacques Tati nacque il 9 ottobre 1907 a La Pecq, nella regione di Yvelines, da George Emmanuel Tatischeff, figlio del generale dell'Esercito Imperiale Russo Dmitry Tatishchev e direttore della compagnia Cadres Van Hoof, e dall'italo-olandese Marcelle Claire van Hoff. Di origini nobili da parte di padre, fra le amicizie più strette della famiglia materna poté annoverare personalità artistiche come van Gogh e Toulouse-Lautrec. Fra arte e lusso di famiglia, Jacques crebbe assieme alla sorella maggiore Natalie nel più totale benessere. Purtroppo, non fu uno studente particolarmente brillante. Eccelleva, invece, negli sport, specialmente nel tennis e nelle corse a cavallo. Per questo motivo, nel 1923, lasciò la scuola all'età di 16 anni e cominciò a lavorare come apprendista sotto le dipendenze paterne. Tra il 1927 e il 1928, completò il servizio militare a Saint-Germain-en-Laye, all'interno del 16° Reggimento dei Dragoni. Chiuso anche il capitolo militare, si spostò a lavorare a Londra, dove si appassionò a una nuova disciplina sportiva: il rugby. Ritornato a Parigi, entrò nel Racing Club de France, cominciò una carriera semiprofessionistica nel rugby. Curiosamente, fu proprio tra gli spogliatoi e il campo che il giovane Tatischeff scoprì il suo talento comico. Era uno dei pochi che riusciva a sollevare il morale della sua squadra, trovando sempre il lato ironico in tutto, anche nelle disastrose sconfitte. Purtroppo la crisi economica americana del '29 si abbatté in Francia tra il 1931 e il 1932, costringendolo a lasciare il Racing Club de France, ma soprattutto interrompendo il suo apprendistato lavorativo, causando grave disapprovazione in tutta la famiglia. Le enormi difficoltà economiche cui andò incontro, lo costrinsero a ingegnarsi e a cambiare drasticamente il suo stile di vita, ma non gli impedirono di continuare a ridere di tutto ciò che aveva intorno.
Gli inizi da cabarettista e i primi corti
Dopo aver elaborato qualche numero comico legato al mondo dello sport, a cavallo tra il 1931 e 1934, partecipò a uno show organizzato da Alfred Sauvy, ritrovandosi poi a essere scritturato nei music hall con il cognome di Tati. Fu su quei palchi che attirò l'attenzione di Max Trebor, che lo ingaggiò immediatamente per alcuni spettacoli al Theatre-Michel, diventando rapidamente una star delle notti ironiche parigine. Fu l'inizio della sua fortuna. Molti registi lo vollero in alcuni dei loro cortometraggi: Oscar, campione di tennis (1932) di Jack Forrester; Bruto cercasi (1934) di Charles Barrois; Allegra domenica (1935) di Jacques Berr; e Cura il tuo sinistro (1936) di René Clément. Tutti i corti furono sceneggiati da Tati, che cominciò così ad avvicinarsi al mezzo cinematografico. Arriverà anche a dirigerne uno, Ritorno alla terra (1938), ma il cortometraggio andò perduto.
La relazione con Herta Schiel e il matrimonio con Micheline Winter
Forte di questo successo, Tati si esibì anche nel Regno Unito, conquistando il pubblico londinese nel 1936. Ritornato in patria, fu pronto per una nuova tournée, ma sfortunatamente l'inizio della Seconda Guerra Mondiale gli impedì di iniziarla. Si accontentò di continuare il suo lavoro cabarettistico al Lido de Paris di Léon Volterra, dove conobbe la ballerina austro-boema Herta Schiel, che lo rese padre di una bambina, Helga Marie-Jeanne Schiel. Ma lui e Herta non erano sposati e, sotto pressione della famiglia, e in particolare della rigorosissima sorella maggiore Natalie, il comico si rifiutò di riconoscere la bambina. Sfollato al villaggio di Sainte-Sévère-sur-Indre, assieme al suo amico Henri Marquet, buttò giù la sceneggiatura del corto La scuola dei portalettere, dal quale poi venne il materiale per il suo futuro primo lungometraggio Giorno di festa. Nel frattempo, Herta rimaneva a Parigi, prima per curare sua sorella Molly, malata di tubercolosi, e poi per entrare nella Resistenza contro la Repubblica di Vichy, ma Tati non pensava più a lei, né alla bambina nata dal loro amore e, dopo una brevissima conoscenza, sposò nel 1944 Micheline Winter che, nel 1946, lo rese padre per la seconda e terza volta. Nasceranno infatti Sophie Catherine e Pierre-François, che entreranno entrambi nell'industria cinematografica francese, Sophie come montatrice e Pierre come aiuto regista.
I film diretti da Autant-Lara
Il cinema tornò a interessarsi a lui. Considerato come sostituto di Jean-Louis Barrault per Amanti perduti, recitò invece il ruolo del fantasma nel fantasy Solo una notte con Odette Joyeux, di Claude Autant-Lara. Stringerà con questo regista una straordinaria amicizia che li vedrà collaborare anche nel film Il diavolo in corpo. Grazie all'incontro con il produttore cinematografico Fred Orain, fondò con questi la Cady-Films, che finanziò i primi tre film dell'attore nelle vesti di produttore e regista.
Giorno di festa
Si partì con la realizzazione del corto La scuola dei portalettere (1946), di ambientazione rurale, che doveva essere diretto da René Clément. Purtroppo, Clément era impegnato con la realizzazione di Operazione Apfelkern e, quindi, fu necessario per Tati assumersene anche la responsabilità registica. Ma il grande successo dell'opera lo spinse ad allungare il cortometraggio fino a farlo diventare un lungometraggio: Giorno di festa (1949).
Giorno di festa ottenne un grande successo di pubblico in tutta l'Europa, vinse il premio per la migliore sceneggiatura originale al Festival di Venezia e spinse la critica a paragonare Tati a Chaplin e Buster Keaton. Non c'era persona che non avesse visto le gag dell'inetto postino di campagna François sulla sua bicicletta.
Le vacanze di Monsieur Hulot
Nel 1953, uscì nelle sale Le vacanze di Monsieur Hulot, delineando quello che fu il suo alter ego sul grande schermo, un personaggio socialmente inetto che rispondeva, per l'appunto, al nome di Monsieur Hulot.
Hulot che aveva sempre un impermeabile addosso e in mano un ombrello e una pipa, diventò una delle maschere comiche più riuscite della cinematografia mondiale, nonché strumento di critica per le fissazioni della società contemporanea, fatta di materialismo, consumismo, pressioni riguardo alle apparenze, superficialità nelle relazioni sociali e invasioni tecnologiche e di design.
In particolare, in questa prima pellicola a lui dedicata, Hulot si vedrà costretto a fare i conti con un resort vacanziero. Con vari rimandi al cinema di Max Linder, Tati venne premiato con una candidatura all'Oscar per la migliore sceneggiatura originale (sceneggiatura che influenzò Rowan Atkinson nel suo Mr. Bean's Holiday, 2007), anche se curiosamente lo script è privo di un vero e proprio intreccio, ma è più un susseguirsi di curiose e divertenti scene.
Mio zio
Purtroppo, un brutto incidente automobilistico, gli infortunò la mano sinistra e un litigio con Orain sancì lo scioglimento della Cady Films. Tati, a questo punto, creò una propria casa di produzione, la Spectra Films. Nonostante enormi problemi di realizzazione, riuscì a dirigere il suo terzo lungometraggio, Mio zio (1958), che ancora una volta ebbe come protagonista Monsier Hulot. Stavolta, l'atipico personaggio dovette vedersela con l'assillo tutto francese per il progresso e il materialismo, messi ancora più in luce dal rapporto con suo nipote di nove anni Gérard. Il film divenne famoso mondialmente, tanto da aggiudicarsi l'Oscar come miglior film straniero, un Premio Speciale a Cannes e molte altre onorificenze. Durante il suo viaggio a Hollywood, Tati ebbe l'occasione di conoscere i suoi miti: Stan Laurel, Mack Sennett e Buster Keaton.
Tempo di divertimento
Tempo di divertimento (1967) fu invece il suo capolavoro, nonché uno dei rischi economici e professionali più terribili della sua carriera. Per realizzare questo film, Tati si indebitò a tal punto da essere costretto a vendere la casa di famiglia a Saint-Germain, rischiando la bancarotta. Non aveva bisogno di una semplice scenografia, ma voleva una vera e propria mini-città, tutta acciaio e vetro, alla quale diede il nome di Tativille. È in questo luogo che un gruppo di turisti americani si perdono, andando incontro a un processo di alienazione. La pellicola fu amata dalla critica e dai suoi colleghi, ma il pubblico, che si era affezionato a Monsieur Hulot, sembrò rifiutarla. Così, la Spectre Films fu costretta a chiudere, andando in fallimento.
Altre opere
A Tati però poco importò, nel 1969, fondò una nuova casa di produzione, la CEPEC, che guarderà però anche a un nuovo mass media: la televisione. Nel 1971, diresse Monsieur Hulot nel caos del traffico, che originariamente doveva essere un film per la tv, ma che poi venne distribuito in tutti i cinema, mentre nel 1973, realizzò per la tv svedese Il circo di Tati.
L'ultima opera incompiuta
Nel 1977, ottenne un César onoriario, mentre l'anno dopo, decise di dedicarsi alla regia del documentario breve Forza Bastia, che però non completò mai (ma che sarà poi ultimato dalla figlia).
La morte e gli script lasciati
A causa dei suoi problemi di salute, Tati morì il 4 novembre 1982, lasciandosi alle spalle numerose sceneggiature che non sarebbero mai diventate dei film, come Confusion, all'interno della quale Monsieur Hulot era stato scelto per essere ucciso in diretta tv. Solo Film Tati N° 4 troverà una luce, diventando il lungometraggio animato diretto da Sylvain Chomet, L'illusionista: la storia di un illusionista che durante un miserevole tour in vari locali d'Europa, aiuta una ragazza povera.