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Gianluca Maria Tavarelli, la tv è donna

«Per me è fondamentale che la donna sia rispettata. I recenti rigurgiti di mentalità retrograda e medievale cominciano a farmi paura.». Il regista parla di autodeterminazione femminile e racconta a MYmovies la realizzazione di Chiamami ancora amore. Gli ultimi due episodi stasera su Rai1.
di Ilaria Ravarino

Chiamami ancora amore

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lunedì 17 maggio 2021 - Incontri

Una storia d’amore, un’indagine, un viaggio a ritroso nel cuore di tenebra di una coppia (apparentemente) come tante: la miniserie Chiamami ancora amore - di cui vedremo gli ultimi due episodi stasera in prima serata su Rai 1 - con Greta Scarano, Simone Liberati e Claudia Pandolfi, è il nuovo lavoro di Gianluca Maria Tavarelli, il regista torinese recentemente in tv con il crime Io ti cercherò e il thriller Non mentire.

Di autodeterminazione femminile parla anche, in modo diverso, Non mentire.  L’Italia ha un problema con le donne?
Assolutamente sì. A volte ho la sensazione che il mondo vada nella direzione di una islamizzazione del femminile, nel senso di una visione deleteria della donna. Ho tre figlie, e per me è fondamentale che la donna sia rispettata e abbia un ruolo nella società. Purtroppo i recenti rigurgiti di squadrismo, di mentalità retrograda e medievale, cominciano a farmi paura.

In tanti si sono lasciati durante il lockdown. Non teme di toccare un nervo scoperto?
Noi raccontiamo un percorso d’amore durato 15 anni e fatto di abbandoni, ritorni, tentativi di stare insieme e di condividere. Di certo questo è un momento complesso ed estremo. Ci sarà stato sicuramente un aumento di persone esasperate durante la pandemia, ma altrettante si sono strette più di prima al proprio compagno, per superare insieme le paure, il terrore della morte, l’assenza di prospettive.

Come ha evitato il rischio retorica? 
Innanzitutto partivo da una scrittura eccellente, una sceneggiatura mai banale. Ma il mio segreto è non avere paura di andare a fondo nei sentimenti, di mostrare la verità di tutti i giorni, il mestiere di vivere. Non ho voluto essere intellettuale. 


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In foto Greta Scarano, Federico Ielapi e Simone Liberati nel manifesto della terza puntata della serie. In onda stasera su Rai1 alle 21:25.

Dove avete girato?
Ad Anguillara e Bracciano. Il bellissimo ufficio del personaggio di Claudia Pandolfi, col terrazzo e le vetrate, è in un edificio abbandonato, di proprietà delle suore, ad Anguillara. 

Ha girato personalmente alcune scene?
Avevo due operatori per la macchina a mano. Ho usato la mia camera, una Black Magic 4k, passandola di tanto in tanto al direttore della fotografia o al video assist, per aggiungere materiale al montaggio e costruire un ritmo in divenire. Ho fatto anche qualche ripresa col mio telefonino. 

Ma ha usato pochissimo i droni. Perché?
Io sono un amante dei droni, li trovo molto divertenti. Ma qui non c’entravano nulla, avrebbero allontanato lo spettatore dai personaggi: abbiamo usato solo due o tre microdroni per fare alcune riprese dall’alto sui tetti e qualche passaggio di servizio. Anche il carrello troppo ricercato o una ripresa elegante, da cinema, avrebbero portato il racconto fuori strada. 

Che musiche ha scelto, e perché?
C’è un brano di Jeff Buckley e uno di Cat Stevens. C’è musica vicina all’elettronica. E c’è tanta musica pop, perché il racconto di quell’amore è un racconto di radio, di chitarra, di canzoni belle, abbordabili e potenti. Raccontiamo il quotidiano giovanile: la loro musica non poteva essere di archi e clavicembalo.

Come ha messo insieme i suoi attori?
Io e Greta volevamo continuare a lavorare insieme dopo l’esperienza di Non mentire. La trovo un’attrice meravigliosa, farei tutti i film con lei. Simone l’avevo visto in Cuori puri (guarda la video recensione) e mi era piaciuto. Sono persone belle anche nella vita e la loro affinità si vede nel film. Io con gli attori non faccio mai prove né letture: l’importante è non sbagliare la scelta degli interpreti. Se fai troppe prove, poi vai a girare e tutto diventa meccanico. Sul set voglio avere due attori che si devono ancora scoprire.

Come ha capito che Scarano e Liberati erano quelli giusti?
Io non sono uno di quei registi che prendono gli attori e li cambiano. Io scelgo l’attore che arriva e ha in sé il personaggio, fa la cosa giusta perché è già lui. Come diceva Monicelli: se devo dirigere gli attori, vuol dire che ho sbagliato a sceglierli. 


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