Titolo originale | Dilili à Paris |
Titolo internazionale | Dilili in Paris |
Anno | 2018 |
Genere | Animazione, |
Produzione | Francia |
Durata | 95 minuti |
Regia di | Michel Ocelot |
Attori | Prunelle Charles-Ambron, Enzo Ratsito, Natalie Dessay, Bruno Paviot, Jérémy Lopez Harrison Arevalo, Nicolas Planchais, Thissa d'Avila Bensalah, Michel Elias, Pascal Pestel, Paul Bandey, Isabelle Guiard, Liliane Rovère, Karim M'Riba, Olivier Claverie, Nicolas Lormeau, Elisabeth Duda, Nicolas Gonzales (II), Julien Azoulay, Olivier Voisin, David Bertrand (II), Swan Mirabeau, Serge Bagdassarian, Léa Powe, Jason Kesser. |
Uscita | mercoledì 24 aprile 2019 |
Tag | Da vedere 2018 |
Distribuzione | Movies Inspired |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,54 su 21 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 24 maggio 2019
Due amici cercano di capire chi è che rapisce le ragazze di Parigi. Insieme vivranno una straordinaria avventura. Ha vinto un premio ai Cesar, In Italia al Box Office Dilili a Parigi ha incassato 241 mila euro .
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Dilili è una piccola kanak meticcia, che arriva a Parigi, a fine Ottocento, imbarcandosi di straforo sulla nave che riporta in Francia, dalla Nuova Caledonia, l'insegnante anarchica Louise Michel, di cui diviene discepola. Nella capitale stringe amicizia con Orel, un facchino affascinante e gentile, che conosce tutto il mondo culturale e artistico della Belle Époque. Insieme a lui, scarrozzerà per tutta Parigi alla ricerca dei cosiddetti Maschi Maestri, una banda di malfattori che terrorizza la città, svaligiando le gioiellerie e rapendo le bambine.
Quanta bellezza, intelligenza e ironia, in questo Dilili a Parigi, che sembra assommare i precedenti lavori di Ocelot (l'incipit richiama esplicitamente Kirikou, altre scene strizzano l'occhio a Azur e Asmar) e rinnovare ancora una volta l'arte dell'animazione cinematografica.
Con la consueta, straordinaria abilità, Ocelot fonde l'intento educativo con un'immaginazione galoppante, la realtà, del paesaggio parigino, e dei tanti personaggi illustri chiamati a raccolta, con la freschezza di uno sguardo nuovissimo, che non teme il confronto con le icone, perché possiede in quantità gentilezza e coraggio.
Esattamente come la protagonista di questo film, Dilili: un personaggio che pare uscito da un classico della letteratura per l'infanzia, ma è portatore di una consapevolezza contemporanea, straordinariamente matura e cristallina. Una nuova Zazie, che fa rivivere cinematograficamente la capitale francese come non accadeva da tempo, esplorandola in ogni dove, dalle fogne al cielo, per celebrarla, infine, con una sequenza tra sogno e spettacolo.
Ocelot risponde al richiamo delle urgenze politiche e sociali contemporanee, e all'oscurità culturale di questo inizio di millennio, ambientando i peggiori spettri dell'attualità, misoginia e terrorismo, al tempo del progresso (Gustave Eiffel), delle invenzioni futuristiche (Alberto Santos-Dumont, i Lumière), delle scoperte scientifiche (Marie Curie), dei capolavori dell'arte (Toulouse Lautrec, Renoir, Picasso, Rodin, Camille Claudel) e della letteratura (Proust).
È un confronto impietoso ed eloquente, che passa anche e soprattutto dal piano delle immagini, senza bisogno di commenti aggiuntivi: nella bellezza dei palazzi Art Nouveau, dei manifesti di Mucha e dei costumi dei Sarah Bernhardt brilla un'idea di vita e di socialità che sta all'opposto dell'idea di sottomissione e copertura che anima la setta di villains del film, e nella ricerca tecnica e visiva di Ocelot riecheggia lo spirito di quelle imprese e l'emozione della meraviglia.
"Non si vede una cosa finché non se ne vede la bellezza", diceva Oscar Wilde, e Ocelot pare invitarci a questo tour di un'altra stagione della storia e dell'anima, in compagnia della più intraprendente e simpatica piccola donna che la sua fantasia potesse partorire, proprio per ricordarlo alle nostre pigre menti e dar loro un'iniezione di elettricità.
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La giovanissima Dilili vive nella capitale francese e lì conosce un ragazzo che svolge la professione di fattorino ( facendo varie consegne in giro per Paigi ) e nel corso della vicenda avrà l' onore di conoscere delle figure illustri che hanno avuto modo di affermare loro stessi negli ambiti differenti come l' arte, la musica, la progettazione, l' opera [...] Vai alla recensione »
Chi non vorrebbe visitare Parigi (con la guglia integra di Notre Dame) e ritrovare la città e i suoi personaggi nel magico periodo della Belle Epoque? Senza auto, moto, bus e metrò. Salire in cima alla tour Eiffel, appena inaugurata, chicchierare con il suo progettista e contemplare l'infinita distesa di tetti e comignoli (niente antenne!).
delizioso film di animazione ...un gioiellino...gioioso e profondo per piccoli e ultranovantenni!!
Che ruolo ha l'animazione nel gigantesco serbatoio della produzione audiovisiva contemporanea? Domanda non peregrina, se si pensa a quanto il mercato sfrutti il potenziale di questo mezzo espressivo, principalmente perché considerato tra le poche certezze d'incasso in un'industria da alto rischio economico. Ma se la Disney, con la Pixar, e le altre major del cartoon globale hanno dato vita a una rivalità che ha rischiato di saturare l'orizzonte e portare agli spettatori troppi film rispetto a quanti è lecito vederne in un anno per una famiglia media, si è aperto simultaneamente un universo di animazione "altra", suggestiva e sorprendente.
Che l'ambito dell'animazione sia sempre stato un luogo di creatività e tecniche mai uguali a se stesse (da Karel Zeman a Norman McLaren, da Bruno Bozzetto a Hayao Miyazaki) non è certo una scoperta. Tuttavia, la disseminazione delle competenze artistiche e creative, la passione dei singoli autori e il sostegno di molte produzioni nazionali hanno fatto sì che in questi ultimi anni la "bio-diversità" delle immagini disegnate o costruite si sia evoluta a tutte le latitudini e a livelli di eccellenza.
Qualche nome? Le bidimensionalità trasognante di Tomm Moore, lo sguardo folk-futurista di Alessandro Rak, la docu-animazione di Ancora un giorno, i lavori sospesi tra avanguardia e mainstream della Aardman Animations, i pupazzi malinconici di Anomalisa, via via fino all'esperimento di arte animata di Loving Vincent.
Michel Ocelot è ormai un veterano dell'animazione alternativa, ma ha sempre mostrato di voler comunicare ai piccoli lavorando ai fianchi i pregiudizi degli adulti, esaltando lo sguardo candido del piccolo spettatore e dei piccoli protagonisti. Se opere come Kirikù e la strega Karabà valevano come immersione nelle potenzialità dell'iconografia africana (e in altri casi dialogavano con altre tradizioni, arabe e classiche), con Dilili a Parigi l'autore francese torna al repertorio della sua patria, e in particolare al pantheon della cultura parigina del XIX secolo e della Belle Epoque.
Dilili è al tempo stesso descritto come un'estranea e un'osservatrice pura, a seconda di come noi spettatori la guardiamo. La ricchezza compositiva dei quadri - con la consueta attenzione alla staticità, mai però interpretata come limite alla fluidità delle inquadrature - permette a Ocelot di rispettare la tradizione artistica francese e di rileggerla attraverso gli occhi stupiti di Dilili.
Ocelot mette in scena, in fondo, due esotismi possibili: quello pigro, borghese e snob, che sfrutta ciò che non gli appartiene per il capriccio del momento; e quello dell'apertura, dello scambio, dell'incontro tra culture, che evidentemente lo riguarda e lo rappresenta. Ecco perché Dilili a Parigi non è solamente un'avventura pedagogica (soprattutto un'avventura, in un contesto produttivo che sembra aver dimenticato questo genere relegandolo ai piccoli), ma anche una riflessione sull'estetica del cinema di animazione.
Questa meditazione ha a che fare anche con le forme stesse, e nulla da spartire con il rifiuto della tecnologia. Come ha spiegato Ocelot: "Il colore mi interessa da sempre, e da quando uso i computer, ho facilmente accesso a tutti i colori dell'arcobaleno, tutte le sfumature, le gradazioni, le paste cromatiche, e ne approfitto con grande gioia". Questa gioia, in Dilili a Parigi, è quasi tattile, per quanto volutamente piatta e stesa risulti l'immagine. Insomma, l'antidoto al cinismo dei tempi moderni (ben chiaro nella storia) si snoda anche nel segno e nel tocco.
Il messaggio è potente e dialoga col mondo attuale. A sei mese dalla consegna del Nobel per la Pace a Nadia Murad, attivista irachena abusata dai soldati dell'Isis, e a Denis Mukwege, il dottore che 'ripara' le donne vittime di stupro, esce in sala il film di animazione di Michel Ocelot. Un 'gioiello culturale' lanciato contro l'oscurantismo e la misoginia. Dilili a Parigi è un film di animazione impegnato che si rivolge soprattutto ai futuri adulti. Il papà di Kirikù e la strega Karabà, il primo lungometraggio di Michel Ocelot divenuto film di culto, lo realizza dopo dodici anni di lavoro tenace sui temi che da sempre gli stanno a cuore: la civiltà, l'arte, l'umanesimo. Dietro ai disegni, una volta ancora, si solleva l'artista in collera contro la stupidità, le superstizioni, il razzismo e le troppe ingiustizie fatte alle donne. Perché Dilili a Parigi è una parabola femminista, un elogio del femminile e più specificamente umanista come sottolinea il (gran) finale: fino a quando veglieremo con spirito critico il male non potrà pronunciarsi e lo vinceremo.
Diversamente da Kirikù e la strega Karabà, il male non è giustificato. Se Kirikù trovava una spiegazione alla cattiveria della strega in una spina conficcata nella schiena che la faceva atrocemente soffrire, in Dilili a Parigi il male non ha scuse, il male è, avanza e bisogna mettersi al riparo.
Come indica il titolo, la capitale francese, negli anni della Belle Époque, è al cuore di un intrigo e di un discorso politico. Dilili a Parigi è una promenade folcloristica e un'indagine poliziesca che conducono alla celebrazione della cultura, dello scambio e della liberazione femminile, incontrando gli spiriti più belli del debutto del XX secolo. Un piccolo manifesto dai colori brillanti per insegnare al pubblico più giovane che le donne non devono mai mettersi 'in ginocchio'.
All'epicentro di un mistero che scuote la città, una fanciulla indaga con l'aiuto delle straordinarie pioniere di una società patriarcale (Emma Calvé, Sarah Bernhardt, Louise Michel, Marie Curie, Camille Claudel), che incarnano magnificamente e ciascuna alla sua maniera un'idea della causa femminista. Dilili, piccola kanak meticcia abbigliata come una bambola, è stata 'spedita' a Parigi per figurare in un "villaggio indigeno", offerto allo sguardo dei parigini alla ricerca di un po' di esotismo. Nel tempo libero la bambina, che ha avuto Louise Michel come istitutrice in Nuova Caledonia, vuole scoprire le bellezze di Parigi. E Orel, un giovane uomo bello come un principe e libero come l'aria, le propone di scorrazzarla in giro sulla sua tricicletta. Ma quando una setta sotterranea di cattivi anonimi e malefici (i Maschi-Maestri) comincia a rapire le bambine ad ogni angolo della capitale con lo scopo di ridurle in schiave, il giro turistico volge in inchiesta.
Tante superdonne e una superbambina. Siamo ancora nella Parigi della Belle Epoque, come in Cyrano mon amour, ma questa volta il punto di vista è tutto al femminile. E, soprattutto, la ricostruzione della capitale francese è affidata alla magia dell'animazione (davvero per tutti, piccoli, più grandicelli e grandi "finiti"). Nella metropoli percorsa in lungo e in largo, ricostruita con cura e perfezione [...] Vai alla recensione »
Quanto pittura, musica e letteratura primi '900, tra Monet, Debussy, Claudel, Toulouse-Lautrec, c'è nell'avventura parigina della piccola meticcia Dilili e del gentile amichetto, il facchino Orel a caccia del rapitore di bambine (ma questo è più vicino all'espressionismo tedesco di M di Lang). Quanta delicata esperienza pittorica Belle Époque, con notazioni culturali, etniche, di genere e sui diritti [...] Vai alla recensione »
La piccola "canaque" Dilili arriva a Parigi a fine Ottocento e si trova catapultata nel pieno del fermento della Belle Epoque: guidata dal fattorino Orel, farà conoscenza di Toulouse Lautrec e Edgar Degas, dell'aspirante scrittore Marcel Proust e ammirerà le opere d'arte di Monet, Renoir e le sculture di Rodin. Tra Montmartre e la Tour Eiffel, però, scoprirà anche un mondo sotterraneo dove i Maestri [...] Vai alla recensione »
Da Kirikù e la strega Karabà in poi, Michel Ocelot ha inventato una forma di cinema che non si può chiamare cartone animato. Potremmo definirla favola cinetica, o magari narrazione magica, in ogni caso è arte, che si libra al di sopra di ispirazioni molto reali e concrete. Quindi eccoci a Parigi nei suoi anni migliori, quelli della Belle Époque. A scoprirne le meraviglie è Dilili, una bambina canaca, [...] Vai alla recensione »
Nella Parigi della Exposition Universelle (1899, quella della costruzione della Torre Eiffel), la giovanissima ed educatisisma kanaka Dilili, che parla un francese così forbito da stupire, stringe amicizia con il bel garzone Orel che con il suo triciclo la porta a conoscere la città. Nel contempo la Ville Lumière è teatro di una serie di angosciosi rapimenti di bambine e di altri crimini ad opera dei [...] Vai alla recensione »
Animazione di gran classe, la Parigi della Belle Epoque dà il suo meglio nei disegni di Michel Ocelot. Nei film precedenti - "Kiriku e la strega Karabà", "Azur e Asnar" - aveva raccontato nel primo una fiaba africana, e nell'altro l'amicizia tra un principino francese e il figlio della nutrice araba, cresciuti con lo stesso latte e ascoltando le stesse favole (il principe padre non tollera l'amicizia, [...] Vai alla recensione »
La pacata spettacolarità delle raffinate immagini colorate, sempre esaltate dalla proiezione su grande schermo, e l'atmosfera di fiaba che circonda anche la più realistica delle ambientazioni sono aspetti costanti del cinema d'animazione di Michel Ocelot. L'autore francese, dallo stile narrativo sobrio e dalla messinscena magica, presenta un filo di continuità riconoscibile seppur ogni sua opera sia [...] Vai alla recensione »
Originaria della Nuova Caledonia, la piccola Dilili arriva a Parigi come figurante in un villaggio indigeno dell'Expo internazionale. Con l'aiuto del fattorino Orel, virtuoso del triciclo, la ragazzina si propone di sventare un losco traffico di bambine che oscura la Ville Lumière. Poiché i rapimenti sono opera di una setta di cattivi maestri, Dilili avrà bisogno di aiutanti.
Nella Parigi della Belle Epoque le donne indossavano abiti lunghi che le facevano sembrare principesse, regine e fate. Non c'erano soltanto abiti meravigliosi, ma anche personaggi d'eccezione»: da Toulouse-Lautrec a Marie Curie il regista Michel Ocelot li elenca tutti in Dilili a Parigi, un gioiello prezioso e coloratissimo per parlare di parità dei sessi e disuguaglianze.
Dilili è una piccola kanak meticcia, arrivata, a fine Ottocento, a Parigi. Viene coinvolta, dal facchino Orel, in una strana indagine, alla ricerca dei Maschi Maestri, una banda che rapina gioiellerie e rapisce bambine. Ocelot dipinge un'opera d'arte educativa, conducendo il pubblico, più piccolo, ma non solo, attraverso il mondo culturale e artistico della Belle Epoque.
La storia inizia da qualche parte di un'Africa «ricreata» sotto la Tour Eiffel per gli occhi dei visitatori che nei parchi delle «meraviglie» del secolo scorso imparavano a scoprire l'esotismo dell'altrove. In un lungo istante Dilili, ragazzina «africana» di questa messinscena scopre lo sguardo azzurrissimo di Orel, un ragazzo francese che le parla come in un brutto doppiaggio di Via col vento, a cui [...] Vai alla recensione »
Il film apre su una scena di routine domestica tribale: una famiglia africana affetta e prepara il pasto con ruoli stabiliti come in catena di montaggio - tagliare, mettere sul fuoco, cucinare i prodotti della natura che verranno mangiati. La inquadratura si allarga e non siamo altro che in uno zoo, lo spettacolo è a favore di un pubblico di occidentali curiosi, gli attori dei migranti addestrati per [...] Vai alla recensione »
Dilili, che dà il titolo al nuovo film cartoon di Michel Ocelot, è una piccola canaca sbarcata nella Parigi di fine '800 dopo un rocambolesco viaggio in nave dalla Nuova Caledonia, al seguito di un'insegnante anarchica da cui ha imparato le buone maniere e un francese impeccabile, fin troppo forbito. Dopo aver stretto prontamente amicizia con un gentile fattorino di nome Orel, si rende ben presto conto [...] Vai alla recensione »
Nel cuore della Parigi della Belle Époque vive Dilili, una piccola mulatta originaria della Nuova Caledonia, dotata di gentilezza, umorismo e un'intelligenza vivacissima. Con l'aiuto di un giovane fattorino, che la trasporta sul risciò per i luoghi iconici della Ville Lumiere, si trova a indagare sui misteriosi rapimenti di alcune ragazzine. Dal maestro francese della fiaba contemporanea un nuovo, [...] Vai alla recensione »
Siamo nella Parigi animata della Belle Epoque. Dietro il glamour, le luci lampeggianti e i colori della magia parigina, in pieno fulgore artistico, pittorico e letterario, si nasconde un buio mistero: la rapina sistematica di piccole ragazze per mano di un'organizzazione criminale, detta "I Maestri del Male", che cercano di fermare, attraverso le nuove generazioni, l'eminente emancipazione delle donne. Com [...] Vai alla recensione »
Come fosse il controcampo di Kirikù, il nuovo film di Michel Ocelot parte da un villaggio indigeno, un esotismo finto, ricostruito, offerto allo sguardo curioso della Parigi di inizio Novecento. Uno zoom all'indietro scavalca il confine tra i due mondi e finisce per ribaltare la prospettiva: non siamo più noi a osservare un mondo lontano, con l'occhio stanco di chi ha già visto tutto, messo di fronte [...] Vai alla recensione »
Ci ha lavorato per 12 anni. Tanti ne sono passati dal suo ultimo capolavoro, Azur e Asmar (2006). Ma il tempo non ha scalfito il talento di Michel Ocelot e Dilili a Parigi conferma ora in pieno tutte le sue doti di incantatore e poeta. Perché anche questo suo ultimo film, come tutti i precedenti, a cominciare dal notissimo Kirikù e la strega Karabà (2001), è un piccolo gioiello: un film cesellato più [...] Vai alla recensione »
In Dilili, piccola canaca nella Parigi di début du siècle (il Novecento), indomita, arguta, curiosa, si riconosce il carattere moderno di tutti i bambini illuminati di Michel Ocelot e delle sue Mille e una notte attraverso il mondo, le culture, le etnie, le religioni. Da 40 anni sfoglia in tableau stroboscopici la Storia giapponese, mediorientale, africana, egiziana, per attraccare qui nella Belle [...] Vai alla recensione »
Nella Parigi della Belle Époque, con l'aiuto di un giovane fattorino, la piccola franco-canaca Dilili indaga su una serie di rapimenti misteriosi in cui sono coinvolte alcune bambine. Nel corso delle indagini incontreranno personaggi straordinari che li aiuteranno fornendo loro gli indizi necessari per scoprire il covo segreto dei Maestri del Male, i responsabili dei rapimenti.
Già in Kirikù e la strega Karabà Michel Ocelot sottolineava l'importanza di un rapporto paritario tra uomo e donna. In Principi e principesse aveva riletto le fiabe tradizionali in chiave femminista. Questa volta si spinge ancora più avanti nella difesa delle donne. La nostra eroina combatte un mondo dove i cattivi non vogliono che le bambine prendano potere.