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L’adolescenza del vampiro

Il sogno realizzato nell'ultimo Twilight.
di Roy Menarini

In foto Kristen Stewart una scena di The Twilight Saga: Breaking Dawn Parte 2.
Kristen Stewart (Kristen Jaymes Stewart) (34 anni) 9 aprile 1990, Colorado Springs (Colorado - USA) - Ariete. Interpreta Bella Swan nel film di Bill Condon The Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte 2.

domenica 18 novembre 2012 - Approfondimenti

Alla luce dell'ultimo capitolo della saga, The Twilight Saga - Breaking Dawn parte 2, possiamo ora confermare ciò che appariva chiaro già nei romanzi di Stephenie Meyer. Il vero cuore del ciclo vampiresco non risiede tanto, come giustamente notato, in quel "per sempre" romantico e attualizzato, né nella rilettura provinciale del mito stokeriano, bensì nella compressione fantastica della varie fasi della vita adolescenziali. In questo senso la saga non è solo scritta da una donna ma presuppone per lo più lettrici (e spettatrici) di età tra i dodici e i diciotto anni o spettatori maschi dalla spiccata sensibilità romantica, cui al massimo viene concesso di identificarsi nel sempre respinto Jacob, relegato al classico e frustrante ruolo di amico platonico.
Bella è in tutto e per tutto la protagonista di questi film, e non a caso i titoli di coda - dopo aver elencato ogni volto di quelli comparsi durante gli anni - sceglie Kristen Stewart, e non Robert Pattinson, come ritratto conclusivo, riassuntivo dell'intera serie. In che senso, dunque, parliamo di "compressione"? A ben pensarci, Bella affronta una dopo l'altra semplici prove di crescita, dallo spleen liceale, all'innamoramento per il nuovo arrivato, dalla tensione verso il "diverso" alla infinita indecisione nei confronti del sesso (pericoloso perché sprigiona forze sconosciute), fino al rinunciare a una parte di se stessa per abbracciare in toto la famiglia del proprio partner, fare una figlia - che anch'essa cresce in maniera vorticosa - e raggiungere l'idealtipo dell'amore perfetto e infinito. Si tratta, in buona sostanza, di una assoluta fantasia adolescenziale realizzata, e a quell'altezza la saga di Twilight ha costruito i suoi congegni cinematografici. A nulla varrebbe deridere lo stile kitsch dei registi che si sono succeduti (fatta eccezione forse per Catherine Hardwicke, la prima e la più raffinata), o individuare il ridicolo che soggiace a tutti i dialoghi o irritarsi per i volti patinati dei personaggi.
L'impianto poetico è ad altezza di diario scolastico, di editoria per quattordicenni, e mancano solamente i cuoricini negli angoli dell'inquadratura o le Winx che saltano fuori da una nuvoletta per arricchire la cornucopia dello stucchevole. Misurare Twilight con le armi dell'estetica cinematografica classica, o con le categorie della critica di valore, perderebbe senso: anche questa saga va commisurata agli obiettivi che si pone e al progetto espressivo scelto. Poi, ovviamente, tutti sogneremmo un Twilight più complesso e sfaccettato, o anche solamente una saga che avesse seguito quella malinconia vagamente provinciale, e quell'aria ruvida e proletaria del primo capitolo. Resta, tuttavia, un ciclo abbastanza unico poiché è vero che i vampiri al cinema e in televisione hanno sempre rivestito i ruoli metaforici più disparati, ma questa intera, completa enciclopedia adolescenziale travestita da succhiasangue ancora mancava.

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