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I mutanti che vennero dal freddo

X-men: L'inizio. Anche negli anni Sessanta, la star è sempre Magneto.
di Robert Bernocchi

Una foto di scena del film X-Men: L'inizio di Matthew Vaughn.
Michael Fassbender (47 anni) 2 aprile 1977, Heidelberg (Germania) - Ariete. Interpreta Eric Lensherr / Magneto nel film di Matthew Vaughn X-Men: L'inizio.

mercoledì 25 maggio 2011 - Approfondimenti

Come rilanciare la serie degli X-Men, che aveva dato vita a tutto il filone di fortunati cinecomic arrivati negli ultimi dieci anni e che sembrava non sapere più dove andare dopo un terzo capitolo che aveva deluso molti spettatori? Tornare alle origini è sempre una buona idea e qui siamo proprio all'inizio di tutto, con i giovani Xavier e Magneto, ancora inconsapevoli della direzione da dare alla propria vita, così come tanti altri mutanti pressoché ragazzini, che si ritrovano a dover fronteggiare i tanti problemi (ma anche le incredibili possibilità) della loro condizione. E se all'inizio questo film sembrava poter essere troppo adolescenziale (in effetti la prima sceneggiatura di Josh Schwartz era su questo tenore), fin dalle prime scene il pericolo viene abilmente schivato.
Se questo deve essere il primo film di una nuova saga, almeno nelle speranze dei produttori, i paragoni con la pellicola iniziale di Bryan Singer sono tutt'altro che gratuiti. Anche qui, una storia di origini, che comunque spesso vengono raccontate nel corso del film e senza rallentare il ritmo. E soprattutto, la sensazione che ci siano tante potenzialità accennate, nelle situazioni e nei personaggi, che potrebbero dar vita a un'ottima seconda pellicola. Questo non significa che questo primo capitolo non funzioni anche da solo, anzi.
Vaughn dà vita a una pellicola elegante e raffinata, che per più di un'ora ha il grande merito di non farsi schiacciare né dalle aspettative dei fan né dalla pesante eredità del lavoro svolto da Bryan Singer. Emblematico il caso in cui riesce a mostrare tutta una serie di incontri con giovani mutanti in maniera brillante, rapida ed efficace, chiudendo con un cammeo delizioso, anche se un tantino prevedibile. Ad aiutarlo nel compito, delle scenografie che quando ricevono il giusto spazio (forse non quanto meriterebbero ed è strano che per un prodotto del genere non si sia giocato di più su questo elemento), forniscono un ottimo spettacolo, come all'interno del sottomarino.
Ma se c'è una cosa sicura di questo film, è la consacrazione di Michael Fassbender, che passa dall’essere un ottimo attore per un pubblico limitato a star conosciuta in tutto il mondo. È vero, la parte di Magneto offre una vetrina fantastica per qualsiasi interprete, ma poi bisogna anche sfruttare le varie occasioni che si presentano. Si è paragonato molto il suo ruolo a James Bond, ma a tratti sembra di rivedere il dottor Manhattan di Watchmen, un superuomo che deve decidere se interessarsi al destino di esseri inferiori. E non è fuorviante neanche il paragone con Mad Men e con il suo protagonista Don Draper, in particolare nella capacità di mostrarci azioni riprovevoli in maniera naturale e facendoci capire bene le motivazioni del personaggio. La grandezza di Fassbender è quella di rendere anche scene molto prevedibili un concentrato di tensione e originalità, grazie a un personaggio che non scade mai nella macchietta anche nei momenti più difficili, ma riesce sempre a esprimere i suoi tormenti interiori.
È normale che, di fronte a tali livelli, il resto del cast rischi di passare in secondo piano, ma per fortuna diversi altri attori offrono prove interessanti, anche se un po' sacrificate. James MacAvoy mostra un personaggio più complesso del banale giovane idealista che poteva risultare sulla carta, anche se talvolta deve semplicemente fare da spalla di fronte allo show del suo collega. Discreta anche Jennifer Lawrence, che nel tratteggiare le origini di Mystica mette in evidenza alcuni aspetti molto interessanti del personaggio. L'impressione è che comunque i suoi dubbi personali possano essere sviluppati ancora meglio in un episodio successivo.
Funzionano meno invece i villain di questo episodio. Kevin Bacon preoccupa molto all'inizio della pellicola, visto che sembra voler imitare stancamente il Christoph Waltz di Bastardi senza gloria, ma poi per fortuna torna sulla retta via (anche se non convince del tutto), mentre il rapporto con Emma Frost non decolla quasi mai (a parte un'esilarante e folle scena tra i ghiacci). Di personaggi come Azazel e Riptide, che dire? Praticamente non hanno battute di sorta e quindi, a parte l'utilità pratica nelle scene d’azione, non mostrano nessun approfondimento.
In generale, dopo un'ottima prima parte, in cui Vaughn può fornire la sua impronta più personale e dedicarsi maggiormente ai rapporti tra i personaggi, sembra che l'obiettivo sia accontentare i fan più giovani, che vogliono sapere come si è arrivati alla situazione della prima pellicola, con tanti aneddoti su origini dei poteri, malformazioni, handicap, strumenti, nomi e chi più ne ha più ne metta. Inoltre, se nel primo tempo le scene di combattimento sono limitatissime, nel secondo c'è ovviamente bisogno dello showdown finale, che senza risultare caotico e fastidioso come in tanti altri prodotti del genere, non è straordinario.
Insomma, l'impressione è che al regista questa seconda parte non interessasse molto. Anche così, X-Men: First Class rimane uno dei migliori adattamenti supereroistici di questi dieci anni e al momento sembra proprio l'unica serie della Marvel che valga la pena seguire con vivo interesse. Sperando che i semi piantati in questo primo episodio soddisfino il pubblico e diano vita a un sequel che potrebbe risultare memorabile…

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