Paddy Considine, passando dietro la macchina da presa ci dimostra (semmai ce ne fosse stato bisogno) che il cinema made in Britain può permettersi di seguire strade diverse da quelle della commedia raffinata riuscendo anche a svincolarsi dalla tutela di due padri tanto bravi quanto potenzialmente ingombranti come Ken Loach e Mike Leigh. In Tyrannosaur (su MYMOVIESLIVE! fino al 31 ottobre), Considine può avvalersi di un attore 'segnato' dal cinema di Loach come Mullan (My Name is Joe) con la consapevolezza di avere davanti a sé un collega che a sua volta è stato dietro la macchina da presa (Orphans e Magdalene ). Il regista sa come sfruttarne tutte le qualità andando a cercare nei suoi sguardi quel residuo di umanità che potrebbe sembrare definitivamente sepolto già da una prima sequenza che procurerà qualcosa di più di una reazione disturbata a molti spettatori. Il rischio che la sceneggiatura si prende da subito (sapendo però come gestirlo) è quello di metterci 'contro' Joseph con la consapevolezza di dover compiere un lavoro complesso per consentirci di entrare nelle sue dinamiche psicologiche. Per quanto lui appare impermeabile a qualsiasi possibile relazione che implichi un coinvolgimento (con la sola eccezione dell'avventore del pub) Hannah ci si presenta come una donna passivamente sottomessa alle esplosioni incontrollate di violenza del marito. Due ruoli destinati ad evolversi in direzioni opposte in loro quasi che scoprissero l'uno nell'altra (e viceversa) quell'elemento caratteriale di cui hanno perso (o non hanno mai avuto) le coordinate. Considine non ha pretese moralistiche né vuole proporci una sorta di apologo sulla relazione tra una vita, quella di Joseph) che utilizza l'alcol come strumento di rimozione confrontata con quella di Hannah che cerca di individuarlo in una forma di supposta fede religiosa.

Quella che viene sottolineata sul piano sociologico è invece la dimensione abitativa. Joseph vive in un quartiere popolare in cui la violenza esplicita del patrigno del ragazzino viene accettata quasi facesse parte del paesaggio e fosse una presenza ineluttabile contro cui la reazione si presenta come impossibile. Hannah vive in tutt'altro contesto abitativo ma non per questo estraneo alla violenza. Si tratta di una forma di oppressione che non si manifesta all'esterno, che non ha cani da difesa da esibire in strada ma che si fa sempre più diffusa a tutte le latitudini. L'integralismo musulmano la proclama in modo esplicito mentre la società occidentale ne mostra esempi che da sporadici si fanno sempre più numerosi, come la cronaca quotidiana ci testimonia. È come se lo scheletro del temibile dinosauro che origina il titolo e che nel film diviene una formula offensiva nei confronti di una persona, conquistasse una dimensione simbolica. Cosa che in realtà ci espone con efficacia il manifesto. Nel profondo della società, non solo sotto terra, resta sepolto un fossile enorme, uno scheletro che non può trovare posto in armadi sufficientemente capienti. È lo scheletro di un rapporto sbagliato tra i due sessi che rischia costantemente di riemergere sia che si usi l'arma della parola (vedi Joseph nei suoi primi rapporti con Hannah) sia che siano gli atti violenti (James e Hannah e Joseph stesso) a prendere il sopravvento.