|
Ultimo aggiornamento mercoledì 23 maggio 2018
Un documentario che giustappone ingegnosamente la storia socio-politica americana contemporanea con la biografia di Elvis Presley Al Box Office Usa The King ha incassato nelle prime 5 settimane di programmazione 237 mila dollari e 41,5 mila dollari nel primo weekend.
CONSIGLIATO SÌ
|
Alla guida della Rolls Royce acquistata da Elvis Presley nel 1963 veniamo condotti in un viaggio attraverso gli Stati Uniti partendo da Tupelo (luogo di nascita di 'The King') a Memphis, New York, Hollywood e Las Vegas tracciando un parallelo tra la sua esistenza e la storia recente del suo Paese.
Non è mai un'operazione semplice quella di portare sullo schermo la biografia di un personaggio divenuto un'icona nell'immaginario collettivo.
Si può quindi facilmente immaginare lo sconcerto di chi collabora con Eugene Jarecki quando ha deciso di occuparsi di un mito come Elvis e di farlo rimettendo a punto non una delle sue Cadillac (di produzione americana come gli viene rimproverato esplicitamente) ma una britannica Rolls Royce per poi attraversare gli States. L'idea si rivela vincente perché l'accostamento tra l'ascesa e il declino della star e quello di un'America che si apprestava ad eleggere Donald Trump alla carica di Presidente risulta, a posteriori e purtroppo, più che mai centrato.
Sui comodi sedili di quell'auto storica siedono in molti. C'è chi canta, chi si commuove fino alle lacrime, chi sbaglia totalmente le previsioni elettorali (Alec Baldwin) ma ognuno di loro porta la propria tessera a un mosaico che non è banalmente nostalgico. Jarecki riflette su Elvis, sul suo appeal e sui suoi errori, sulla sua sensibilità e sulla sua precoce obesità ripercorrendo anni di storia americana che con l'ingresso nel mondo della canzone ha cambiato dal punto di vista del costume e della morale corrente. Mentre lo fa si interroga sul presente e sul futuro che potrebbe prospettarsi. Cita a un certo punto una constatazione del manager della star: "C'è stato un periodo in cui lo facevo uscire dai concerti in un'auto coperto da un lenzuolo perché altrimenti le ragazze gli saltavano addosso. Ora lo faccio uscire ancora coperto da un lenzuolo. Perché non si accorga che le ragazze non ci sono più". La confronta con l'America in versione trumpiana e ne esce un parallelo amaro in cui le ragazze si trasformano nel resto del mondo.