Titolo originale | Rojo |
Anno | 2018 |
Genere | Drammatico, Thriller, |
Produzione | Argentina, Brasile, Francia, Paesi Bassi, Germania, Belgio, Svizzera |
Durata | 109 minuti |
Regia di | Benjamín Naishtat |
Attori | Darío Grandinetti, Andrea Frigerio, Alfredo Castro, Diego Cremonesi, Laura Grandinetti Claudio Martínez Bel, Susana Pampin, Rafael Federman, Rudy Chernicoff, Mara Bestelli, Pierre Marquille, Fabiana Uria, Lola Banfi, Horacio Marassi, Claudia Cantero. |
Tag | Da vedere 2018 |
Distribuzione | Fil Rouge Media |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,92 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 2 aprile 2021
Un viaggio senza ritorno fra le meschinità, le animosità e le prevaricazioni nascoste dietro la facciata di una cittadina in apparenza innocente.
CONSIGLIATO SÌ
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Claudio Morán è un noto avvocato in una cittadina dell'Argentina. Una sera, dopo un diverbio con un altro avventore che lui sa come trattare con disprezzo, mentre fa ritorno a casa con la moglie dal ristorante se lo trova di fronte intenzionato a vendicarsi. Queste poche righe di sinossi dovrebbero essere sufficienti allo spettatore che voglia godere appieno di un film il cui trailer racconta troppo quasi che chi lo ha montato non conoscesse il concetto di spoiler.
In questo terzo lungometraggio di Benjamin Naishtat, che ha mietuto premi e riconoscimenti critici al Festival di San Sebastian, il fil rouge è costituito dalle conseguenze della situazione di apertura (su cui chi ama il versante giallistico può avventurarsi passo dopo passo) ma la sostanza sta altrove.
La collocazione cronologica situa infatti l'azione nell'imminenza del golpe che nel marzo del 1976 portò al potere i militari guidati da Jorge Rafael Videla. Molti film ci hanno narrato con efficacia delle sofferenze patite dal popolo argentino sotto la dittatura. Questo riesce, con altrettanta efficacia, in un compito meno facile perché drammaturgicamente meno diretto. Ottiene cioè il risultato di mostrarci l'humus su cui quel colpo di stato ha trovato fertilità. Lo fa grazie a una sceneggiatura, scritta dallo stesso regista, e ad un gruppo di attori (in primis l'almodovariano Grandinetti e la Frigerio da noi nota per i film di Duprat) che riescono a trasmettere con grande efficacia la quotidianità di una borghesia pronta ad accogliere a braccia aperte tutto quello che può garantire la 'pace sociale' e la copertura di colpe di minore o maggiore dimensione.
Non solo ciò che ruota attorno all'evento iniziale conta ma l'acquisto truffaldino di una casa (elemento che misteriosamente apre il film in una sorta di prologo trovando solo successivamente una spiegazione), la promozione d'imperio e mediatica di un trio di cowboy statunitensi 'ingiustamente' non riveriti dalle autorità locali, il machismo che serpeggia tra una certa fascia di adolescenti.
Si tratta di piccole tessere di un puzzle che progressivamente si compone mostrando il volto bieco di un'ipocrisia che ha in sé un deserto morale tanto ampio quanto quello in cui si possono occultare le proprie colpe più oscure.
Al suo terzo lungometraggio e con un approccio che ricerca ancora una volta modelli autoriali riconoscibili (l'apologo della paura sociale di Historia del Miedo, l'epica della frontiera e della fondazione in El Movimiento), il giovane Benjamín Naishtat si ripropone con il suo film forse più riuscito con questo thriller morale che ripercorre gli stilemi rétro degli analoghi (anche italiani) degli anni [...] Vai alla recensione »
C'è una regola d'oro che circola tra chi si occupa di drammaturgia, che sia in ambito letterario, teatrale o cinematografico, conosciuta come la regola della "pistola di Cechov" dal nome del grande scrittore russo che la coniò e che recita sostanzialmente così: se nel primo atto di una storia compare una pistola, bisogna che prima o poi spari. Questa regola Benjamin Naishtat l'ha ben presente e dimostra [...] Vai alla recensione »
Argentina 1975. Siamo già in allarme, verso la fine qualcuno butterà lì la frase: "Sta per arrivare un colpo di stato". Ma il film di Benjamín Naishtat, trentacinquenne di Buenos Aires che lo ha girato nel 2018, procede con passo lento e tranquillo. Forse un po' troppo, trattandosi di un thriller con cadavere e investigatore venuto dal Cile. Il regista e sceneggiatore non solo ha ambientato "Rosso" [...] Vai alla recensione »
Quelle del 24 marzo 1976 e del 30 ottobre 1983 sono due date cruciali nella storia dell'Argentina. Rappresentano l'inizio e la fine della dittatura militare. Il Clan di Pablo Trapero è stato uno dei migliori film a descrivere la fine di quel periodo buio, incarnando le inquietudini del post-Videla, gli orrori dell'oppressione. Rosso di Benjamín Naishtat si propone invece come l'altra faccia della medaglia: [...] Vai alla recensione »
Un senso di minaccia pervade il terzo brillante lungometraggio di Benjamín Naishtat. Come i due precedenti film del regista argentino (Historia del miedo ed El movimiento) anche questo è un'allegoria disarmante sulla classe media che chiude un occhio sugli eccessi commessi in nome di quelle che chiamiamo pace e stabilità. In una piccola città dell'Argentina, a metà degli anni settanta (poco prima del [...] Vai alla recensione »