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Corpi in prestito, 5 film cult di Almodovar al cinema

In sala 5 titoli del regista spagnolo in versione restaurata realizzati tra il 1993 e il 2006.
di Simone Emiliani

lunedì 10 giugno 2024 - Focus

Quante vite ha il cinema di Pedro Almodóvar? Si possono forse rintracciare diverse tappe, fasi, periodi, ma lo sguardo mantiene un’identità estremamente riconoscibile. La scorsa estate CG Entertainment, in collaborazione con Cinema Beltrade Barz and Hippo, aveva portato al cinema alcuni dei suoi titoli più famosi realizzati negli anni ’80 a all’inizio dei ’90 con il ciclo “La forma del desiderio” di cui hanno fatto parte L’indiscreto fascino del peccato, Che ho fatto io per meritare questo?, La legge del desiderio, Donne sull’orlo di una crisi di nervi e Tacchi a spillo. Dal 10 giugno invece propone la nuova rassegna si intitola “Corpi in prestito” dove tornano in sala, in versione restaurata, altri cinque cult realizzati tra il 1993 e il 2006: Kika. Un corpo in prestito, Il fiore del mio segreto, Parla con lei, La mala educación e Volver.

Ed è proprio attorno al corpo delle sue protagoniste che s’inaugura questa nuova fase nell’opera del cineasta spagnolo. Forse Kika. Un corpo in prestito (1993) è ancora una fase di passaggio intermedia di un confronto serrato con i generi dove il melodramma convive con la dimensione grottesca e tracce di pop art ed esplorazioni nel mondo della moda dove gli abiti di Victoria Abril, disegnati da Jean-Paul Gaultier, sono in linea con un corpo che sembra essere creato dagli schizzi di un disegno animato, con la cicatrice sul viso, gli occhi che sembrano troppo grandi e i movimenti improvvisamente accelerati in sella alla sua moto. L’attrice interpreta una conduttrice di storie trash sempre alla ricerca di storie macabre da raccontare nella sua trasmissione. Il suo volto è in netto contrasto con quello di Kika (Verónica Forqué), una svampita truccatrice sospesa tra la ricerca dell’amore puro e il necessario inganno, legata a un uomo che ha perso tragicamente la madre e che ha un complesso rapporto con il patrigno. Ci sono molti, forse troppi, spunti, di un cinema che sta cercando una nuova forma, sempre coloratissimo o inghiottito nelle zone dark, vincolato a un citazionismo tra Hitchcock, Argento e Powell da cui fa fatica a trovare una propria autonomia.

Ma probabilmente Kika. Un corpo in prestito è il passaggio necessario per Il fiore del mio segreto (1995), uno dei suoi film più belli, che inaugura la nuova stagione di melodrammi che guardano alla purezza cromatica del cinema di Douglas Sirk (la prevalenza dei toni rossi e blu) o alla passionalità disperata di quello di Rainer Werner Fassbinder ma che esplora tutte le sfumature del dolore. Sul volto intenso di Marisa Paredes, una scrittrice di romanzi rosa di successo ma ora in crisi creativa perché sta per essere lasciata dal marito, Almodóvar mette a fuoco le pulsioni di morte ma anche gli improvvisi slanci vitali evidenziati anche da un’eleganza formale che mette la protagonista davanti al suo doppio, attraverso l’uso di specchi e vetri. Quella di Leo, che usa lo pseudonimo di Amanda Gris, è una delle figure più potenti, devastanti e passionali di tutta la galleria dei personaggi femminili del regista spagnolo. È insieme personaggio e attrice del ruolo che porta sullo schermo, proprio come quello di Huma interpretato sempre da Marisa Paredes in Tutto su mia madre (1999).


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In foto una scena del film Parla con lei.

 Ed è proprio da questo film, fino a metà degli anni Duemila, che il cinema del regista spagnolo riesce a dare il meglio di sé, trovando un miracoloso equilibrio tra lo stile visivo e l’impianto narrativo, con personaggi, anzi ‘corpi in prestito’ che diventano i motori della storia, a cominciare dalle tracce parzialmente autobiografiche di La mala educación (2004), forse il suo 8 ½ nel rapporto viscerale col cinema (la citazione, per esempio, di La fiamma del peccato) ma ancora lacerante nel mostrare passioni proibite, gli echi della Spagna dell’era franchista, la scoperta dell’omosessualità e la repressione e la violenza della Chiesa cattolica. Inizia a Madrid nel 1980 e, attraverso la vicenda di un regista e un ragazzo che si vuole proporre come attore e gli lascia un racconto dal titolo La visita, punta al suo melodramma più classico ma anche sanguigno ma che ha deviazioni verso un torbido noir.

Sospeso ancora tra amore e morte è Volver - Tornare (2006), carico di nostalgia di un passato ma anche di un luogo come il paesino della Mancha che mostra il legame con le proprie memorie. Raimunda deve coprire le tracce dell’omicidio del marito da parte della figlia adolescente e poi si trova davanti allo spettro della madre, morta anni prima in un incendio. Un film corale al femminile, di riscatto e di lacrime, sorretto da un gruppo di grandi attrici come Penélope Cruz, Carmen Maura, Lola Dueñas e Blanca Portillo, ma non esplosivo come i precedenti mélo.

Tra questi c’è invece Parla con lei (2002), che con Tutto su mia madre è il vertice della sua filmografia. Sono protagonisti due uomini (un infermiere e un giornalista) che accudiscono due donne in coma, una ballerina e una torera. Stavolta le donne diventano il motivo dominante di una sofferenza maschile mostrata con struggente intensità in una variazione del melodramma dove i corpi in prestito dei protagonisti sono quasi paralizzati dall’immobilità della disperazione e cercano comunque una reazione, una speranza. La vita e l’arte sono ormai indissolubilmente legate. Non c’è più distinzione: il balletto di Pina Bausch, la canzone di Caetano Veloso, la citazione del cinema surrealista. Ha un'altra location, altre pareti. Ma se dietro Parla con lei ci fosse il fantasma di Nicholas Ray? Ecco un’altra delle tante, possibili vite del cinema di Pedro Almodóvar.


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