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Il tramonto triste del pugile Rourke

ONDA&FUORIONDA di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

In foto l'attore Mickey Rourke sul ring contro il pugile Elliot Seymour, durante l'incontro avvenuto a Mosca il 28 novembre.
Mickey Rourke (Philip Andre Rourke Jr.) (72 anni) 16 settembre 1952, Schenectady (New York - USA) - Vergine.

domenica 7 dicembre 2014 - Focus

Su un ring moscovita si sono affrontati Mickey Rourke, bianco, e Elliot Seymour, di colore, pesi massimi americani. Ha vinto Rourke per KO al secondo round. Trasmesso così sembra un semplice lancio di agenzia. Ma dietro c'è tutto un mondo, anzi, molti mondi. Il pugilato è una disciplina irresistibile per i racconti, non solo del cinema. Comunque è lo sport di gran lunga più visitato nei film. Perché contiene tutto. Per cominciare, il mito di Cenerentola al maschile, quello del dolore, della violenza, della povertà e del denaro, del successo e della caduta, dell'incapacità, quasi sempre, di affrontare quei due impostori, per dirla alla Kipling. E poi quello che diventa, sul ring, un vero e proprio codice, il trucco. Pugili che vincono o perdono per scommessa. La vicenda è talmente costruita e risaputa da essere banale.
Un vecchio attore in crisi, che in gioventù ha calcato il ring, cerca un ritorno, di immagine, di memoria, di vitalità, quasi di reincarnazione, per riproporsi, da protagonista, sui media e fra il popolo. Almeno per una sera. Hai sessantadue anni e non sono mai esistiti pugili, veri, di quell'età. Non hai riflessi, non hai potenza, i polmoni e il cuore hanno assunto i ritmi e le abitudini della senescenza, sappiamo. E se sotto non c'è il trucco, puoi anche morire. Ho scritto "trucco" ancora una volta perché è l'essenza, il cuore, della vicenda, e delle vicende. Per far vincere il divo gli organizzatori hanno assoldato un ventinovenne semi-professionista che aveva combattuto dieci volte con nove sconfitte. Pare che Seymour a Los Angeles vivesse letteralmente di carità, ospitato in un luogo di accoglienza dove passava intere giornate. Qualcuno, anonimo, ha detto che Elliot avrebbe dovuto "fare il tuffo" al quarto round, invece ha preferito concludere la finzione qualche minuto prima. La boxe secondo il termine detto sopra.
Ci sono storie vere e di fiction di ogni genere. Gli attori per cominciare: molti divi hanno dato corpo e volto -persino troppo massacrato- ai pugili. Paul Newman fece Rocky Graziano in Lassù qualcuno mi ama, che gli fece fare il salto di qualità. Robert De Niro è Jake LaMotta in Toro scatenato, che gli valse l'Oscar. Will Smith è stato Cassius Clay in Alì. Russell Crowe ha interpretato il campione mondiale dei massimi James J. Braddock in Cinderella Man - Una ragione per lottare. Un passaggio suggestivo è per Marcel Cerdan nel film La vie en rose, storia di Edith Piaf, amante del campione francese. Cerdan morì in un incidente aereo, come Rocky Marciano, che viene ritenuto il più grande pugile di tutti i tempi. Per stabilirlo gli americani organizzarono un grande trucco all'americana. Fecero incontrare l'imbattuto peso massimo di origine italiana con Alì, ritenuto il suo antagonista assoluto nelle epoche. L'incontro fu una simulazione, i due appartenevano a generazioni diverse. Vennero girati due finali, dove i pugili finivano KO. Dopo discussioni a non finire prevalse la vittoria di Marciano. Era il 1969, forse non era ancora il tempo che un nero battesse un bianco, a quei livelli.
La più clamorosa fiction è naturalmente la saga di Rocky Stallone, con qualche analogia con Rourke. Rocky, dopo vari episodi, torna sul ring sessantenne, in Rocky Balboa. Ma interpreta il pugile, non vuole "esserlo". Anche noi abbiamo due eroi, quasi veri. Primo Carnera, mondiale dei massimi, venne sfruttato dal sistema del trucco, prima innalzato poi abbattuto, secondo convenienza. E poi Tiberio Mitri, davvero vita da leggenda: divenne campione europeo, sfidò "toro scatenato" LaMotta, per il titolo assoluto, finì al tappeto. Ci stava per un destino da "maledetto" che lo avrebbe atteso al varco. Era un triestino bello, sposò una Miss Italia, fece l'attore e si difese anche su quel quadrato. Finì in miseria, sopravviveva grazie alle elemosine degli amici. Morì suicida (forse), travolto da un treno a Roma. Una fiction non fiction. La Rai gli dedicò una miniserie, Tiberio Mitri - Il campione e la miss, con Luca Argentero. Ma tutto questo è solo una piccola parte che il cinema ha dedicato al ring. E adesso ecco Mickey Rourke, nel suo tentativo di status ritrovato, di memoria fisica e metafisica, di giovinezza e di successo, e di un'alternativa vitale a quando si imponeva come sex symbol, in quelle scene con Kim, la donna più erotica di allora, in 9 settimane e 1/2. Il pugilato può essere un'arena o un caravanserraglio. Magnifici, crudeli, trionfali, sporchi e spettacolari. Assomigliano alla storia di Mickey Rourke.

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