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Storia "poconormale" del cinema: Sequenze e modelli

Una rilettura non convenzionale del cinema secondo Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

Quelli di Warhol
Andy Warhol (Andrew Warhola) 6 agosto 1928, Forest City (USA) - 22 Febbraio 1987, New York City (New York - USA).

venerdì 16 luglio 2010 - Focus

Quelli di Warhol
Ci sono facce da mercato, in chiavi diverse. Questa parte di storia "poconormale" dedicata alla sequenze e ai modelli, è spesso connessa con il mercato. Nella puntata precedente ho scritto del fenomeno Travolta, uomo di mercato attuale, puntuale e ripetitivo, col suo spot Telecom. Fra gli altri segmenti di mercato, c'è quello delle magliette. Se un'immagine finisce su una maglietta davvero significa che quell'immagine fa parte della cultura, parlo di cultura allargata, parlo non di milioni, ma di miliardi di capi indossati, cultura popolare. Quante saranno state, nei decenni, le t-shirts con l'immagine di un Che Guevara? Quel volto ha una derivazione precisa, che risale a un artista la cui famiglia arrivava dalla Slovacchia, il cui nome era Andrew Warola, diventato poi Andy Warhol. È un artista decisamente importante, associato alla pop art. È stato pittore, scultore, regista produttore. Soprattutto è stato inventore. Ed è stato "artista applicato", sì, al mercato. La fortuna di Warhol è un'idea, semplicemente un'idea: la ripetitività. Tutti noi conosciamo bene quelle immagini multiple, una fotografia lavorata, sempre la stessa, schierata con colori diversi, con fuochi diversi. La memoria immediata rimanda, fra gli oggetti, barattoli della zuppa Campbell, soprattutto le bottigliette di Coca Cola. Poi c'erano i divi, gli eroi.
Ho giù citato Guevara. Fra le icone warholiane emergono personaggi della politica, come Mao e Carter e, per lo spettacolo, Monroe, Dean, Brando e Presley. Trattasi dei modelli massimi degli anni cinquanta/sessanta, che è la stagione di Warhol, appunto. Non occorrono intuizioni soprannaturali, non occorre il genio per rappresentare quell'epoca con quei nomi. Che fossero facce importanti se n'erano accorti un po' tutti. Ma l'artista di Pittsburgh in una certa chiave li legittimò. Se Andy ti poneva in una sua opera, significava che davvero toccavi la leggenda. Altri attori, che non avevano "incuriosito" Warhol, cercarono di essere inseriti in quella lista del sortilegio, ma lui non aderì. Non era un uomo facile Andy, ma possedeva il rigore dell'artista vero. Non accettava compromessi o ammiccamenti, nemmeno per molto denaro.

Sentimenti
I cinque modelli citati rappresentano sentimenti, estetiche, nevrosi, esempi e sindromi, che certamente hanno valicato quel confine di tempo. Ribadisco l'assunto generale dell'inizio del capitolo "modelli&sequenze". "Sono immagini e momenti che sono nati, emergono, si sono imposti e resistono. Sono trasversali nel tempo. Fanno parte di un'estetica, e di una grafica, che ci appartiene. Parte della nostra antropologia, lo dico in quella chiave naturalmente, la dobbiamo a quelle immagini e a quei modelli. E anche parte, nel conscio o nell'inconscio, del nostro comportamento." Marilyn e gli altri presentano anche un altro dato, decisivo: l'emulazione. La Monroe, una volta che mise a fuoco il suo carattere, segnò, brevemente purtroppo, il suo destino, e quello di decine di sue figlie quasi sempre degeneri. La bionda ingenua, sexy senza saperlo, pronta a stupirsi delle proprie prerogative, la femminilità disegnata secondo genetica universale, adagiata nell'immaginario di tutti gli uomini. Sapeva recitare, cantare e muoversi, ma avrebbe potuto rimanere lì immobile, coi suoi bei fianchi, guardandoti, senza neppure che il vento le alzasse la gonna.

Armato
D ean era il ribelle, armato contro tutte le regole e tutte le autorità, a cominciare da quella del padre. Indicava che tutto andava rivisto, magari capovolto: il gesto, il gusto, la morale, i progetti, il possesso. Il suo segnale ha traiettoria lunga. Una sola citazione, certi giovani di Muccino sono desolatamente simili all'originale, neppure negli abiti sono cambiati, semplicemente strillano di più, e si fanno gli spinelli, se va bene.

Rivoluzione
Brando era la rivoluzione, nel lavoro per cominciare. Non si trattava di Actor's studio, o di metodo. Aveva quella faccia, quel corpo, quel modo. Diverso da tutti, anche lui contro le regole, e la regola diventava Brando, anche se non era quella la convenzione. Insegnò a recitare Shakespeare ai maestri shakespeariani (Gielgud per esempio), di puro istinto. Indossava un giubbotto e se ne vendevano milioni, si pettinava così e tutti si pettinavano così. È morto e risorto tante volte. È Brando. Un unicum. Sappiamo.

Eden
Presley è il primo abitante dell'Eden. Alludo al mondo della musica naturalmente. Altro rivoluzionario immane, nella voce, nel ritmo, nel movimento. Non può, dopo trenta, quarant'anni, non essere imitato. Perché non puoi non imitare il cammino o l'anca, o il respiro. Significa che non ti puoi muovere e non puoi parlare. Chi sale su un palcoscenico, canta e si muove, è, poco o molto, Presley. Anche questo, sappiamo.

Quei quattro: eco ascoltabili, eredità spendibili, segnali visibili. Con un'indicazione, quella di Warhol, che accredita e suggella. Non indispensabile, ma importante.

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