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Baby Love, un triangolo particolare

L'opera prima di Vincent Garenq è una commedia sull'omosessualità.
di Marianna Cappi

Mammo Wilson
Lambert Wilson (66 anni) 3 agosto 1958, Neully-sur-Seine (Francia) - Leone. Interpreta Emmanuel François Xavier Bernier, detto Manu nel film di Vincent Garenq Baby Love.

mercoledì 17 dicembre 2008 - Incontri

Mammo Wilson
Il triangolo è una vecchia e fortunata figura della geometria cinematografica ma i nuovi registi non rinunciano a inserirlo nei loro giovani teoremi. Così fa Vincent Garenq, che nell'opera prima Baby Love affianca la bella Fina a una coppia di uomini sensibili e innamorati. Ma innamorati fra loro. Il desiderio di un figlio e il bisogno di una donna per realizzarlo dapprima fanno saltare i conti e poi scrivono nuove regole, non euclidee. Ai vertici della pellicola, tre ottimi attori: Pilar Lopez De Ayala, Lambert Wilson e Pascal Elbé.

Come è stato accolto il film in Francia? E in Spagna?
V. Garenq: Bene. Ha fatto già 150 mila ingressi e 7 milioni di euro al botteghino, che è molto per un primo film; è piaciuto al pubblico ed è stato venduto bene all'estero.
P. Lopez De Ayala: In Spagna è uscito venerdì scorso, sta piacendo molto, ma il suo contenuto è meno nuovo che in Francia, perché la Spagna ha già discusso e affrontato il tema.

Com'è nata l'idea del film?
Garenq: L'idea mi è venuta da una carissimo amico del liceo, omosessuale, Manu, che ho incontrato anni dopo e mi ha raccontato che stava partendo per una vacanza con il suo compagno una coppia di lesbiche per provare a capire se ci fossero i presupposti per costruire una famiglia. Mi ha fatto ridere ma mi ha anche emozionato, perché ho pensato che poteva essere un ottimo padre. Sto parlando di dieci anni fa, quando questo non era un tema molto discusso. Dentro di me, conoscendo Manu, ho pensato: perché no? E spero che questa sia la risposta che il film solleciterà nel pubblico.

Pilar, com' è stato girare il tuo primo film in Francia?
P.L.De A.: Un sogno che diventa realtà. Adoro Parigi. Le riprese si sono svolte in un clima estremamente rilassato, con persone che hanno grandissimo rispetto per gli attori, veri professionisti. E poi è la prima vera commedia che faccio ed è stata un'esperienza bellissima.

Vincent, come hai trovato Pilar?
V. G.: Nessuno la conosceva in Francia, i suoi film da noi non sono usciti. Abbiamo fatto un casting in Spagna con attrici che parlavano francese e lei si è distinta talmente dalle altre che non ho avuto dubbi fin da subito. Ma poi è venuto fuori che in realtà Pilar non parlava una sola parola di francese... Mi sono un po' arrabbiato per la bugia ma l'ho voluta lo stesso: era lei la mia Fina.

Il film tocca un tema serio ma offre una soluzione piuttosto facile. Concorda?
V. G.: Ho cercato di fare un film equilibrato, dove ciascuno avesse le sue ragioni. Ci sono delle esagerazioni rispetto alla verità, una drammatizzazione, ma volevo fare un film contemporaneo, che mostrasse un'aspirazione moderna e comprensibile. Nonostante questo credo che la tragedia della ragazza sia evidente.

Pilar, cosa pensa di come viene trattato il tema dell'utero in affitto in Baby Love, come attrice e come donna?
P.L.De A.: Credo che sia un film con un punto di vista piuttosto aperto, che non impone un'interpretazione. Non è un film sul dramma della madre surrogata, non è questo il vero fuoco del film.
V. G.: Non è un film che fa l'apologia delle madri surrogate, ma lo sappiamo tutti che ci sono delle coppie omosessuali che cercano delle donne per fare un figlio, anche se è illegale. Lo fanno anche le coppie etero, vanno persino all'estero per farlo. È una realtà, esiste e anche solo per questo è interessante e mi ha fatto venire voglia di andare in fondo a questo argomento.

Il film è stato presentato nella provincia francese, ha riscontrato delle resistenze rispetto al tema trattato nel film?
V. G.: L'argomento è ancora di scottante attualità, perché non esiste una risposta semplice. La società sta metabolizzando l'idea dell'omoparentalità, anche se legalmente il processo è lento e l'omosessualità è stata depenalizzata in Francia solo nel 1981. Certamente, specie in provincia, ci sono persone che hanno molto apprezzato ma anche tante persone che non si sono espresse. Il fatto è che è diventato politicamente scorretto esprimere il proprio dissenso, così la gente tace ma non è detto che non disapprovi.

Come si è trovato a lavorare con quattro attori di calibro?
V. G.: Di una cosa sono sicuro oggi, a film terminato, e cioè del cast. Tutti hanno interpretato benissimo il ruolo e non a caso hanno ricevuto i complimenti di tutta la stampa francese, nessuno escluso.
P. L. De A.: Non conoscevo i miei colleghi ad eccezione di Anne Brochet ed è stato un enorme piacere poter dividere la scena con lei.

Donerebbe l'utero per amicizia o generosità, come avviene nel film?
P. L. De A.: Non lo so, è una questione complessa. Anche il mio personaggio lo fa per un insieme di fattori e circostanze: incontra Manu in un paese che non è il suo, prova un misto di attrazione e gratitudine... Dovrei trovarmi in una situazione come quella di Fina per rispondere.

Donerebbe il suo sperma ad una coppia di lesbiche?
V. G.: Non c'è una risposta semplice. Quando ho pensato a questo soggetto ho letto moltissime storie, tra cui quella di una coppia omosessuale, negli Usa, che cercava una madre surrogata e ad un certo punto ho chiuso il libro perché mi ripugnava. Poi l'ho ripresa con uno sguardo nuovo, senza giudicare, e ci ho letto dentro una grande storia di amore. È tutta una questione di umanità.
Dieci anni fa quando il mio amico Manu mi parlava del suo desiderio di avere un figlio, io cadevo dalle nuvole. Era un problema nuovo ma in realtà vecchio come il mondo, semplicemente nacosto, rimosso. Ma farne segreto ne ha fatto un dramma. C'è un'associazione di padri omossessuali in Francia che riunisce gli uomini reduci dalla distruzione della loro famiglia in seguito alla rivelazione dell'omosessualità. Fino a poco tempo fa le sentenze erano sempre molto negative nei loro confronti, ma ora le cose stanno cambiando. Le storie di questo tipo divengono meno tragiche.

Recentemente il professor Amanniti ha citato delle ricerche secondo cui il successo nella crescita dei bambini nelle famiglie omoparentali è elevato: i piccoli sono sereni, equilibrati, crescono bene. Cosa ne pensa?
V. G. : Certo non dirò che le famiglie omoparentali sono migliori, ma è vero che noi uomini etero diventiamo padri spessissimo attraverso il desiderio della donna di essere madre. Non ci facciamo troppe domande, siamo un po' passivi. Io sono un po' come Pascal Elbé e mia moglie è un po' come Lambert Wilson. Gli omosessuali cercano fortemente la paternità, si interrogano profondamente sull'argomento e, per questo, a volte sono padri più coscienti. È anche questo paradosso che mi ha interessato al momento di fare il film.

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