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In attesa del Leone del 75° a Bertolucci, ecco la sua Via del petrolio

Il concorso chiude con gli ultimi due titoli: 12 di Mikhalkov e Heya Fawda – Chaos di Chahine.
di Piervittorio Vitori

Polemiche per Marra e Gitai, applausi per Greenaway e la coppia Johnnie To – Wai Ka-fai

venerdì 7 settembre 2007 - News

Polemiche per Marra e Gitai, applausi per Greenaway e la coppia Johnnie To – Wai Ka-fai
Mi aspetto che lo spettatore sia intelligente", "Spero che il film sia visto con occhi intelligenti": consiste in un reiterato appello all'intelligenza del pubblico la difesa di Vincenzo Marra, il cui L'ora di punta, ultimo titolo italiano in concorso, è stato fischiato alla proiezione per la stampa. Criticato in conferenza stampa per una sceneggiatura apparsa lacunosa, il regista ha spiegato di aver lavorato di sottrazione per portare lo spettatore alla riflessione. Peccato che quando gli si chiede se è pronto a mettersi in discussione risponda che gli sembrerebbe, se lo facesse, di fare torto a sé, al film, addirittura al festival...
A proposito di polemiche, ieri si è visto anche, fuori concorso, Disengagement di Amos Gitai che, proponendo la sua visione dello smantellamento degli insediamenti israeliani nella striscia di Gaza, aveva rivendicato la maggiore credibilità della fiction cinematografica rispetto all'informazione televisiva: il film ha diviso la critica, mentre pare ormai sopita la polemica tra il cineasta e l'Istituto Luce, "reo" di essersi ritirato dal finanziamento del progetto.
Tornando al concorso, pollice alzato per Mad Detective della coppia Johnny ToWai Ka-fai, protagonisti di una svolta intimistica e soprannaturale rispetto ai loro precedenti lavori. Eppure la vicenda dei due detectives costretti a tornare a far squadra insieme per fermare un serial killer ha trovato comunque chi l'ha tacciata di scarsa originalità. E dire che, parole di Johnny To, "ho fatto questo film anche per smentire chi diceva che io so fare solo film d'azione".
Meglio di tutti, insomma, pare essere andata a Peter Greenaway, applaudito per il suo Nightwatching. Un'occasione per riflettere sulla genesi artistica – in questo caso de La ronda di notte, capolavoro di Rembrandt – e per esaltare la fotografia e l'aspetto visivo della pellicola ("Il nostro mestiere, il cinema, è proprio giocare con la luce", ha chiosato l'autore). Appassionato di pittura prima che di cinema, Greenaway pone nel suo personale pantheon Velazquez, Rubens e Vermeer; oltre naturalmente a quel Rembrandt che qui ha ritratto come "una specie di Mick Jagger: una sorta di rock star che aveva guadagnato moltissimo ed era molto alla moda".

I giurati di Mikhalkov, il Cairo di Chahine e il viaggio del petrolio secondo Bertolucci
Si spengono le luci oggi sul concorso, con gli ultimi due titoli in gara per la vittoria finale. Dopo l'apprezzata incursione di due anni fa come interprete di Persona non grata di Zanussi, il Leone d'Oro 1991 (per Urga) Nikita Mikhalkov torna al Lido da regista, con 12, film che lo vede impegnato anche come attore. Remake dello statunitense La parola ai giurati, la pellicola acquisisce un particolare interesse in virtù dell'elemento politico inserito da Mikhalkov: la giuria deve infatti decidere sulla sorte di un giovane che ha ucciso il patrigno, un ex ufficiale coinvolto nelle operazioni in Cecenia. Distaccandosi dall'originale anche per il finale inedito, il film è stato applaudito ieri alla proiezione per la stampa.
E se a chiudere la competizione c'è un altro maestro, l'egiziano Youssef Chahine che con Heya Fawda – Chaos mette in scena una storia di corruzione e gelosia per descrivere la difficoltà della vita – e in particolare della condizione femminile nel Cairo d'oggi, l'attesa maggiore è per un veterano di casa nostra. Si tratta di Bernardo Bertolucci, Leone d'Oro del 75°: del regista parmigiano verrà proiettato in giornata La via del petrolio, opera realizzata tra 1965 e 1966 e oggi quasi dimenticata. Commissionato dall'Eni per far conoscere la storia dell'oro nero, il film ha una notevole importanza storica perché si tratta di una delle rare deviazioni di Bertolucci verso il cinema documentario. Un genere che in quest'opera appare però trattato in maniera molto peculiare: la prima parte, ponendo come elemento cardine il fuoco, appare sì documentaristica, ma anche spettacolare e poetica; la seconda, che segue il tragitto di una petroliera dal Golfo Persico a Genova, traccia un parallelismo tra questo viaggio e quelli fantastici di Melies; la terza, infine, che documenta la tratta tra Genova e la Germania, si gioca tra l'oggettività del documentario e la soggettività del giornalista/narratore.
Rimanendo al documentario, ecco Jonathan Demme con Jimmy Carter Man From Plains: dopo l'attivista haitiano Jean Dominique (The Agronomist), il regista racconta la figura dell'ex presidente Usa, seguendolo nel tour promozionale del suo libro "Palestine: Peace not Apartheid". Un volume che all'autore è costato molte critiche, in patria e in Israele; critiche che con il suo film Demme cerca di respingere. E l'impegno fa capolino nel programma odierno anche grazie a The Shock Doctrine - The Rise of Disaster Capitalism, corto che documenta l'utilizzo in scenari bellici dello shock indotto. Scritto dalla paladina no global Naomi Klein e da Alfonso Cuaron, il film è diretto dal figlio di quest'ultimo, Jonas Cuaron.

Sipario su "Orizzonti" con il poeta di Lav Diaz e sul fuori concorso con i Blood brothers di Tan L'ultima giornata è tradizionalmente legata alle varie premiazioni: la Sala Perla vedrà alle 15.00 la consegna dei premi collaterali, mentre la cerimonia maggiore, con annessa consegna del Leone del 75° a Bertolucci, avrà inizio alle 19.00 nella Sala Grande. Tra quali titoli può scegliere chi non ha la fortuna di disporre di un invito? La chiusura delle varie sezioni offre comunque materiale interessante: in "Orizzonti", ad esempio, c'è la sfida proposta dal filippino Lav Diaz, che nuovamente oltrepassa le 8 ore di pellicola per raccontare, con Death in the Land of Encantos, il ritorno del poeta Benjamin Agusan al paese natale, distrutto dall'uragano Reming. Il viaggio è allora un'esperienza estetica, con il confronto tra affetti perduti e recuperati e la riflessione su come la bellezza possa tramutarsi rapidamente nel suo opposto. Per quanti non disponessero della necessaria resistenza, l'alternativa può essere costituita dal film che chiude invece il programma fuori concorso: Blood Brothers segna l'esordio nel lungometraggio di Alexi Tan, con una storia di giovani gangster nella Shanghai degli anni '30 che strizza l'occhio a Bullet in the Head, capolavoro di John Woo. Precedente illustre anche per Empire II di Amos Poe, in proiezione serale sul videowall del piazzale del Casinò: la fonte d'ispirazione è Empire di Andy Warhol, ma le riprese di New York effettuate nel corso di un anno dalla finestra e dal terrazzo di un'abitazione rimandano anche al Ruttman di Berlino: sinfonia di una grande città. Tre ore di poema visivo e musicale per uno dei filmmakers indipendenti più importanti nella storia della new wave Usa degli anni '70 e '80.

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