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Giulietta MasinaNome: Giulia Anna MasinaData nascita: 22 Febbraio 1921 (Pesci), Bologna (Italia) Data morte: 23 Marzo 1994 (73 anni), Roma (Italia) |
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![]() Ma che faccia buffa che hai! Ma sei sicura di essere una donna? Sembri un carciofo.
dal film La strada (1954)
Giulietta Masina Gelsomina
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Trasferitasi a Roma all'età di quattro anni, presso una zia che incoraggia le sue inclinazioni artistiche, inizia a recitare durante gli anni del liceo e porta avanti la sua passione per il teatro anche durante l'università (si laurea in Lettere nel 1945). Dal 1942 lavora in radio dove interpreta le avventure di Cico e Pallina, scritte da Federico Fellini per la trasmissione Terziglio. Per Federico e Giulietta la storia dei due sposini è galeotta e coincide con l'inizio di un'unione artistica e sentimentale che continuerà per tutta la vita. Dopo una piccola comparsata nell'episodio fiorentino di Paisà (1946) di Rossellini, la prima affermazione arriva con Senza Pietà (1948) di Lattuada: per questo film Giulietta Masina vince il Nastro d'argento come migliore attrice non protagonista. La sua ascesa verso il successo continua con Luci del varietà (1951), girato a quattro mani da Fellini e da Lattuada, con Europa '51 (1952) di Roberto Rossellini e con Lo sceicco bianco (1952) di Fellini. Il 1954 è l'anno del trionfo internazionale: La strada di Fellini vince l'oscar come miglior film straniero e la stessa cosa accadrà nel 1957 con Le notti di Cabiria per il quale l'attrice ottiene anche la palma d'oro a Cannes per la migliore interpretazione femminile. Con i personaggi interpretati in questi due film, Giulietta Masina riesce a commuovere gli spettatori di tutto il mondo. Il viso di Gelsomina passa con straordinaria intensità dalla cupezza più profonda alla speranza che, sempre, torna a illuminare i suoi occhi, il suo corpo assume le forme della natura fino a imitare un albero e per la sua mimica straordinaria i critici la paragonano a Chaplin. Ne Le notti di Cabiria riesce a tratteggiare con indimenticabile profondità le illusioni e le disillusioni di una piccola prostituta dal cuore d'oro. Dopo alcune parti in film di poca fortuna come Nella città l'inferno (1958)di Castellani, Fortunella (1958)di Eduardo De Filippo, La gran vita (1960) di Julien Duvivier, torna protagonista assoluta in Giulietta degli spiriti (1965) e in Ginger e Fred (1985) scritti per lei, ancora una volta, dal marito. Negli anni 70 è impegnata in due sceneggiati televisivi di grande successo: Eleonora (1972) scritto da Tullio Pinelli, uno degli sceneggiatori di fiducia di Fellini, e Camilla (1976) con la regia di Sandro Bolchi.
Fellini... è Fellini. Per popolarità nel mondo, per qualità, per personalità, per riconoscimenti. È talmente grande l’argomento che occorrerà procedere per segmenti e sintesi.
Esemplare, e utile, è Roma dove Federico racconta, nella sua chiave fantastica, del suo arrivo in città, da ragazzo, dove invece di frequentare l’università, frequenta i giornali, i ritrovi, i casini. Sarà quella una fase decisiva. Il giovane partiva da una base di vocazioni sicure, sapeva disegnare, scrivere, imparò a parlare alla radio.
In sintesi: sono importanti i suoi primi impegni artistici, come collaboratore alle sceneggiature di due capolavori del cinema italiano del realismo, Roma città aperta e Paisà dove, nell’episodio di Firenze, sostituisce Rossellini. Un esercizio propizio e completo che gli servirà. Dopo questo esordio è naturale che il “realismo” condizioni i suoi primi film, seppure con cifre sue personali. Ecco dunque l’autore ormai pronto per la sua missione d’arte per il mondo. E il mondo già lo ha accolto se, con La strada e Le notti di Cabiria vince i suoi due primi Oscar, nel 1956 e nel 1957.
FELLUCCI
Nel film Lo specchio della vita, di Douglas Sirk, Lana Turner è l’attrice più importante e pagata di Hollywood e di Broadway. Le arriva un telegramma con un’offerta del regista italiano “Fellucci”.
Abbandona tutti gli impegni e corre a Cinecittà. Il film è del 1959, dunque in California non erano ancora arrivati gli echi, assordanti, della dolce vita, ma il riminese era già il profeta designato del cinema europeo di qualità. La dolce vita, dunque. È il 1960 e Fellini scopre il vaso di pandora della società romana e italiana, e ne denuncia l’inutilità, l’infelicità e la tristezza. È il titolo che ribadisce, e perfeziona, la popolarità e l’identità, fuoriclasse, del regista.
Un segnale ufficiale e decisivo arriva dal festival di Cannes, che gli attribuisce la Palma d’oro. Tre anni dopo ecco 8½, l’assoluto di Fellini, terzo Oscar. Ne parlerò. È il punto più alto del percorso poetico del regista. Per alcune stagioni seguiranno opere con minore energia, seppure rilevanti, come Fellini - Satyricon, che vive soprattutto di cifra onirica più che di racconto, ma diventato un “culto americano”, così come Il Casanova (1976), un’autentica esplosione di estetica e di simboli che diventa “culto”, in Giappone: è un titolo amato dal regista, se diceva: “L'ideale sarebbe fare un film con una sola immagine, eternamente fissa e continuamente ricca di movimento. In Casanova avrei voluto veramente arrivarci molto vicino: un intero film fatto di quadri fissi”.
Ma nel 1973 Fellini aveva firmato Amarcord, magia ironica e felicemente grottesca della sua giovinezza, che mette d’accordo pubblico e critica, e non era scontato, con Fellini. E siamo al quarto Oscar. Ne seguirà un quinto, nel 1993, alla carriera a completare la leggenda. Più di così...
IL DECLINO
Dopo Amarcord, dire “declino” è una responsabilità difficile, diciamo allora minore potenza e ispirazione. Va detto che il “maestro di scrittura” Ennio Flaiano, non c’era più. Una perdita non da poco. Un ricordo della Città delle donne (1980) film con tratti politici (obtorto collo), dove Fellini, fra le altre indicazioni, mostra scarso amore per le femministe. Polemiche a pioggia, naturalmente. E ancora Ginger e Fred (1986) un vero anatema contro la televisione. Ultimo, La voce della luna dove rilancia alcuni temi della società italiana, con la sintesi finale di Ivo-Benigni, a stare in silenzio e ad ascoltare.
Tre righe sul privato, dovuto: Federico e Giulietta. Si erano sposati nel 1943. Lei è stata Gelsomina e Cabiria, due mitologici modelli emarginati dell’universo femminile. Poi è stata molto altro per il marito. Lui è morto il 31 ottobre 1993, 5 mesi dopo lei lo ha seguito.
Chiudo con la parte finale della scheda di 8½ del “Farinotti”, una sintesi dell’opera omnia del nostro genio: ".... Infine ecco il grande girotondo da fiera, con tutti i personaggi che si tengono per mano, che gli girano intorno: tutto continua ed è vitale, ed è inutile drammatizzare sul grande palcoscenico della vita. 8½ è ritenuto la più alta espressione di Fellini. Qui tutto si compie, tutti i misteri vengono identificati. Il mondo del regista si evolve da (più o meno) reale che era, sale di dimensione per diventare tutto. Tutto incredibilmente nella sua “prima persona”, come una sorta di paradiso e inferno efficaci, onnicomprensivi: il cinema di Fellini è complice, misterioso e ruffiano, blasfemo e religioso, è puttanesco e crea disagio, è eroico e vigliacco, è uomo e donna, qualunquista, apolitico, periferico, olimpico e provinciale. Ma la soglia di fantasia, magia e sortilegio è altissima, raggiungibile solo da Fellini".
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Lo sceicco bianco
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Genere Commedia, - Italia 1952. |
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Paisà
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Genere Drammatico, - Italia 1946. |
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La strada
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Genere Drammatico, - Italia 1954. |
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Ginger e Fred
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Genere Commedia, - Italia 1985. |
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Giulietta degli spiriti
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Genere Drammatico, - Italia 1965. |
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Un film di Fellini è arte visiva. Non per l'approccio peculiare, irriverente e apparentemente non serioso che il regista aveva nei confronti delle cose, dell'umanità, che scrutava con attenzione, e del quotidiano. Ma per come voleva e riusciva a studiare, interpretare e rappresentare il tutto. Il frame dell'arrivo del Rex sembra un dipinto di Gericault, ma con le braccia alzate di Goya nel "3 maggio 1808" e quei toni cupi degli espressionisti tedeschi degli anni '80 del novecento. E così si può parlare di veri e propri tableaux vivants - di opere in movimento - in tante sue sequenze. In quasi tutte.