The Tree of Life |
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Un film di Terrence Malick.
Con Brad Pitt, Sean Penn, Jessica Chastain, Fiona Shaw, Joanna Going.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 189 min.
- India, Gran Bretagna 2011.
- 01 Distribution
uscita mercoledì 18 maggio 2011.
MYMONETRO
The Tree of Life
valutazione media:
3,32
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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troppo di tutto, comprese le banalitàdi olgadikFeedback: 9778 | altri commenti e recensioni di olgadik |
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giovedì 26 maggio 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il film di Malick, salvo alcune caratteristiche senz’altro particolari nel linguaggio e nella tessitura dei contenuti, a me non è piaciuto poiché l’ho trovato presuntuosa, scucito, fortemente condizionato dall’assunto filosofico. Al centro la storia di una famiglia americana anni ’50, Texas, che assurge a paradigma universale nel rapporto tra Dio e l’Uomo, tra la Natura e la Grazia, la Vita e la Morte. Il tutto condito con effetti speciali quasi da cortometraggio divulgativo. La storia cosmica viene rappresentata servendosi di varie categorie: immagini ottenute da telescopi e sonde spaziali, processi derivati dall’osservazione al microscopio, altri effetti ancora ispirati alla storia naturale. A tutto ciò è affidato il compito di descrivere, tra il visionario e lo scientifico, come si arriva alla nascita e al pullulare della vita ai vari livelli ed è su questo sfondo che si sviluppa la storia della piccola famiglia di riferimento. La prima metà del film è quasi tutta dedicata al cosmo, senza dialoghi, con sottolineature musicali forti, perlopiù efficaci. Qua e là salti temporali e contenutistici introducono flash sulla famiglia di Jack (padre madre e due suoi fratelli), su Jack divenuto un uomo che cerca in una città di grattacieli di vetro e di uffici supertecnologici, un senso alla sua vita passata presente e futura. Il montaggio, che è uno degli aspetti molto personali della regia di Malick, è emotivo, spezzato, pur con nessi non sempre funzionanti o facili da cogliere, ma questo sembra poco importante, perché lo spettatore sta lì quasi narcotizzato da questa orgia di immagini selezionate tra chilometri di pellicola girata con tutte le tecniche che il regista controlla da smaliziato artigiano. Personalissimo è l’uso della luce naturale, i colori smorzati o chiarissimi, i volti frugati senza l’aiuto di lampade messe al posto giusto e quindi esposti in tutta la loro impurità e fisicità. Tra lampi di buon cinema, il resto del racconto (seconda parte) scorre come una specie di Amarcord americano, fortemente segnato dalla religiosità protestante, da temi teologici, che affiorano nello scarno dialogo tra l’uomo e il Dio della Bibbia e che ricalcano domande scontatissime,quelle che qualsiasi adolescente si pone e risolve poi a suo modo nella crescita. Come può Dio volere il Male e la Morte? Perché sparge sale nelle ferite invece di sanarle? E via di questo passo. Alcuni tratti poetici fanno tenerezza; altri risultano già visti e abusati, per cui sottrarli a una sostanziale monotonia risulta difficile anche a una personalità come Malick. Attraverso la crescita del protagonista bambino si arriva alla “illuminazione” finale e qui sta a mio parere il peggio del film, cioè il tentativo di rappresentare l’Aldilà all’americana, con una presunzione e una ingenuità maldestre che rendono questa passeggiata onirica quasi risibile. In un tripudio di suoni da chiesa. Ancora una volta, come in Hereafter’ultima opera di Eastwood, non si sfugge alla tentazione di rappresentare in immagini ciò che solo a stento la parola riesce a suggerire. E io non trovo che a un regista famoso vada tutto perdonato, né dimentico che per creare questo piatto mal cucinato, Malick ha avuto a disposizione cifre che altri autori possono solo sognare (si parla di 150 milioni di dollari). Tra gli attori, degni di nota quelli che impersonano i tre figli; gli altri risultano invece monocordi, sovrastati dalle immagini, imbrigliati in personaggi scarsamente sfaccettati.
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