Sister

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Un film di Ursula Meier. Con Léa Seydoux, Kacey Mottet Klein, Martin Compston, Gillian Anderson, Jean-François Stévenin.
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Titolo originale L'enfant d'en haut. Drammatico, durata 100 min. - Francia, Svizzera 2012. - Teodora Film uscita venerdì 11 maggio 2012. MYMONETRO Sister * * * - - valutazione media: 3,13 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

Basterebbe l'ultima scena... Valutazione 0 stelle su cinque

di olgadik


Feedback: 9778 | altri commenti e recensioni di olgadik
martedì 5 giugno 2012

Una linea di frontiera come In terra di nessuno di Alain Tanner, concreta e metaforica insieme, caratterizza da subito questo bel film, opera seconda della franco-svizzera Ursula Meier. Con una sensibilità a tutto campo verso i problemi di relazione, familiari e non, simile alla limpidezza gelida dei fratelli Dardenne, l’autrice disegna fin dalle prime sequenze un confine indicato dal percorso di una teleferica. Essa trasporta dal basso verso l’alto e viceversa due campioni di umanità agli antipodi, eppure parte di una unica Svizzera. Questa volta però l’attenzione della regista si concentra sulla zona squallida di quel paese, quella bassa, abitata da proletari, da cui si sale verso i campi da sci del turismo ricco e sazio, ove i protagonisti si spostano dalle piste innevate ai confortevoli hotel o chalet in legno. Ma c’è anche chi, poverissimo e solo in un deserto di affetti, sale su quella teleferica per andare a rubare ai ricchi le loro attrezzature sciistiche e persino i panini dagli zainetti dei più piccoli. Con la massima indifferenza, il ladruncolo riparte alla fine della giornata di “lavoro” verso il suo squallido abitato che condivide con una sorella molto più grande di lui; una cantina sottostante è piena della mercanzia trafugata e da lì il dodicenne si muove per smerciare ad altri del quartiere o ai passanti il frutto del suo “lavoro”. Freddo e attento nei suoi traffici, tende solo ad assicurare a se stesso e all’unica persona che ama al mondo (the sister, appunto) la sopravvivenza. La sua vita perciò non è altro che quel triste andirivieni tra il basso della sua condizione e l’alto degli altri. La sorella intanto si intrattiene con qualche amante occasionale o si prostituisce, cercando tristemente, senza osare sognarlo, un affetto diverso. I due diseredati si puntellano a vicenda fino a un certo punto della narrazione. Poi la rivelazione, l’elemento che rimescola i giochi, che li fa ancora più dolenti ma sempre scevri da retoriche consolatorie. La macchina da presa che fino a quel momento pedinava i protagonisti si fa meno mobile, ma più attenta ad illuminare i contorni di un quadro esistenziale più cupo e senza speranze, se non fosse per l’ultima scena, bellissima. In essa i due personaggi principali, il ragazzino Simon e la sorella Louise si sorridono e si salutano incrociandosi mentre una sale e l’altro discende dalla montagna su due teleferiche. Tale sequenza è l’unico spiraglio a cui appigliarsi per non disperare. Non sarebbe corretto chiudere questo scritto su uno dei film più belli di quest’anno, avaro di frutti, senza accennare al terzo personaggio di rilievo del racconto: il paesaggio. Esso appare innevato, casto, brillante in alto, punteggiato come è dai colori in movimento degli sciatori; si presenta invece di un marrone amorfo, fatto di neve stropicciata e terriccio, in basso dove si somma al grigio dell’asfalto e delle fabbriche e ai muri scrostati degli intonaci color ocra. Il tutto colto con una raffinatezza di sfumature e una fotografia da gustare, legata a un dialogo senza sbavature, di rara efficacia perché uno sguardo pesa più di cento parole. Già un fuoriclasse il piccolo Simon (Kacey Mottet Klein) affiancato dalla nuova musa del cinema francese Léa Seydoux, vista di recente nell’ultimo film di Woody Allen. Concludendo, direi che lo spessore di quest’opera è tale da costringerti a guardare attorno e dentro in maniera commossa e con un desiderio di giustizia che diventa quasi ansioso.

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angelo umana domenica 5 maggio 2013
tende solo ad assicurare a se stesso sopravvivenza
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molto bello il tuo commento olgadik, lo condivido in pieno, belle e appropriate parole (le differenze di paesaggio ad es.). Nella mia opinione un'unica differenza: Simon nel film non cerca solo la sopravvivenza, cerca affetti, vedi la signora inglese e l'inserviente dell'albergo, con l'una pensa di comprarne l'attenzione perfino invitandola al bar (?), con l'altro proponendogli commerci in "società".

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