Napoli velata

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Insalata mista di citazioni, proprie e altrui Valutazione 2 stelle su cinque

di Tiberiano


Feedback: 1000 | altri commenti e recensioni di Tiberiano
domenica 10 novembre 2019

Ho visto solo ieri ‘Napoli Velata’, ci ho ritrovato il solito schema narrativo tdi altri film di Ozpetek. Il protagonista deve affrontare un tragico fatto del passato che lo riguarda o in cui si trova coinvolto nel presente: un evento rimosso, accantonato o solo vagamente ricordato. Alcuni personaggi secondari accompagneranno il protagonista in un vero e proprio percorso iniziatico, che lo porterà alla consapevolezza di tale evento e soprattutto anche di se stesso. Il finale, quasi sempre, rimane aperto, ambiguo, irrisolto. Qui si vorrebbe proporre un thriller psicologico, che, non essendo il genere preferito dal regista turco, lascia intravedere citazioni in quantità: Dario Argento (Profondo Rosso), Alfred Hitchcock (Marnie, Vertigo); si strizza l’occhio a Fellini (Giulietta degli Spiriti, FelliniSatyricon) e alla Cavani (La Pelle), specie con la messinscena della figliata. C’è il ponte impalpabile tra il mondo dei vivi e quello dei morti (Magnifica Presenza), con richiami al cinema americano (Il Sesto Senso),(The Others), tra fantasmi, allucinazioni e desideri inconsci che diventano miraggi. Immancabili pure qui alcune scene in una camera mortuaria (come in Saturno Contro e Rosso Istanbul). E ci mettiamo pure Freud, tra Eros e Thanatos, ma senza trascurare Edipo: nell’antefatto, ci sono due sorelle che amano lo stesso uomo. Poi, nello sviluppo della trama, due fratelli (ma sono davvero due ?) che amano la stessa donna. E tanto per confondere ancora di più le idee, i due protagonisti recitano in un doppio ruolo: la Mezzogiorno, come madre e figlia adulta; e Borghi, più col corpo (nudo) che con la voce, nella parte di due fratelli gemelli mai incontratisi prima. C’è un parto tutto al maschile, grottesco e chiaramente pagano, con una valenza tutta edipica per Adriana, la protagonista.
Insomma, mancando di originalità nella sceneggiatura, si compensa con un cast già collaudato con successo e una fotografia da National Geographic, anche se della Napoli turistica non si vede poi molto. E la sede della vicenda avrebbe potuto essere Roma, come pure Torino, Firenze o Venezia. Il velo nasconde, ma neanche troppo, come riporta la battuta d’effetto che chiude la scena della figliata, che innesca le vicende del film. Non si riesce a vedere la realtà che non si vuol vedere, mentre si vede ciò che piace immaginare, insomma una situazione pirandelliana costituisce l’essenza della trama.
Una prevalenza di personaggi femminili, con qualche macchietta di contorno: lo zio effeminato, un ottimo Beppe Barra, nella parte di un “genio guida” fuoriuscito da un mondo arcaico ed esoterico; l’anziana e obesa santona-medium allettata, con la sua assistente nana. Una volta tanto, in questo film di Ozpetek, un uomo eterosessuale risulta maturo, equilibrato e concreto: è un poliziotto vedovo con un figlio piccolo; sarà lui a costituire un altro ponte, stavolta tra il mondo reale e la mente disturbata e allucinata della protagonista, ad offrirle una possibilità di ricostruirsi con lui un futuro più sereno. Inutilmente. Per fortuna, manca all’appello la solita coppia di gay piacioni e benestanti (ma niente paura, la ritroveremo puntuale nel suo prossimo film, ‘La Dea Fortuna’, in uscita nelle sale tra pochi giorni). A Napoli non poteva mancare poi la superstizione, oltre al mistero: un amuleto anti-malocchio (che in realtà rende visibile a chi lo possiede ciò che appare invisibile ai più), una maschera greco-romana ripescata dal fondo del mare; e due eventi oracolo, che in modo oscuro, getteranno qualche spiraglio di luce sulla vicenda: una tombolata tra anziani femminielli, inconsapevole rivelatrice del significato di alcuni indizi in forma di numero (per la smorfia, il caffè e il sangue), più una surreale visita alla santona-medium, che con qualche sua sibillina dichiarazione ad Adriana (‘Tu hai morti tutti attorno’,’Fidati di tua zia’) le fa una rivelazione inquietante che le apre la mente. Due oracoli che di fatto si riveleranno fatali per i due personaggi coinvolti. Non c’è un finale con una spiegazione chiarificatrice e un assassino identificato con certezza, Ozpetek non è Agatha Christie; i delitti rimangono impuniti (siamo a Napoli, no ?), lasciando libero spazio alla capacità logica dello spettatore. Un’ipotesi, tutta da verificare ? Adriana, traumatizzata dal tragico evento di cui è stata involontaria testimone da bambina, sviluppa una personalità (inconsapevolmente ?) disturbata: più a proprio agio a contatto con il corpo dei morti che con quello dei vivi, vive la propria maturità anagrafica e professionale senza scossoni apparenti, ma anche senza gratificazioni sociali e affettive. Incontra un misterioso, attraente e disinibito ragazzo, se lo porta nel suo mondo, in casa sua, dove insieme passano tutta una notte di sesso appassionato. L’esperienza sessuale, o forse le foto che scopre esserle state fatte a sua insaputa, le fanno scattare “qualcosa”, finora rimasto allo stato latente. Chiede un appuntamento al suo giovane amante al Museo Archeologico. Ci va, ma pare che lui non si sia fatto vedere. Poco dopo, le viene consegnato un cadavere da esaminare, ritrovato accanto alla sede del museo: è il suo giovane amante, cui sono stati cavati gli occhi da vivo e sfigurato il viso. Deve aver visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere. Uno sgarro al mercato illegale dell’antiquariato ? O qualcosa di più privato, che ha a che fare con la notte precedente ? Adriana è una serial killer inconsapevole ? Uccide come una mantide religiosa l’amante di una notte, uccide pure la medium che ha involontariamente intuito il suo recente delitto ? E fa tutto da sola ? Lasciamo al caso magari la morte dello zio, da tempo cardiopatico, per una limonata ghiacciata comprata da un venditore ambulante. Si rivelano nella Cappella del Cristo Velato del Sammartino relazioni e moventi tra i personaggi: le due socie (lesbiche ?) collezioniste di oggetti d’arte antica, la collega medico legale, che con un avanzamento di carriera subentra ad Adriana. Si intuiscono relazioni, scambi di favori tra le quattro donne, forse perfino una sorta di loro protezione complice, non disinteressata, alla persona di Adriana e ai suoi occasionali omicidi fuori controllo. Finale sgangherato, che ricorda da vicino quello di ‘The Others’: si sente il rumore dei passi di Adriana sulla strada deserta; recuperato l’amuleto anti-malocchio, Adriana diviene invisibile lei stessa. Forse però, non per tutti …

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