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Luke Cage e The Get Down: dove gli stili si fondono e le mode rinascono


di Lorenza Negri

In foto una scena di The Get Down.
lunedì 10 ottobre 2016 - Netflix

La quintessenza degli Anni '80, l'orrorifico Stranger Things, si è attestato come il fenomeno seriale dell'estate, le plateali citazioni popolarculturali e l'immersione in atmosfere del decennio tra i principali motivi del successo dello show soprannaturale. Lo spirito degli Anni '70 impregna, invece, altri due show di Netflix: la serie creata da Baz Luhrmann The Get Down - incentrata sulle origini dei generi musicali dell'hip hop e della dance - e Luke Cage (il terzo capitolo della pentalogia dedicata dalla piattaforma digitale ai supereroi Marvel), di ambientazione contemporanea ma direttamente collegata alla cultura del periodo.

Storie, generi, situazioni e personaggi diversi, ma i due show sono accomunati dall'accuratezza della confezione, da riferimenti mirati - specialmente sulla blaxploitation e sulle pellicole di arti marziali di Bruce Lee e degli Shaw Brothers - e da una selezione musicale coinvolgente - tra hip hop, soul, dance, funk - risalenti agli Anni '70, decennio in cui si svolgono i fatti di The Get Down e che coincide con il periodo di massima popolarità del supereroe inscalfibile. Entrambi devono all'estetica, alla cultura e allo stile di quegli anni buona parte del proprio fascino.
Lorenza Negri

The Get Down, concentrata sul panorama musicale newyorkese dei generi emergenti - analogamente a Vynil della Tv via cavo HBO, ma con esiti ben più suggestivi - invita lo spettatore a (ri)vivere l'evoluzione del rock'n'roll in punk, quando i giovani desiderosi di brillare imparavano a fare i DJ e nasceva l'hip hop, mentre le sale da ballo si riempivano di aspiranti stelle della disco dalle grandi chiome alla Donna Summer e i writer sfogavano il proprio estro realizzando superbi graffiti. L'arte alimentata dall'ambizione dei ragazzi del Bronx, la creatività che esplode e non può essere contenuta, le note e la musica che invadono le strade e i locali, le giacche con le frange, i pantaloni a zampa e le puma intonse, il culto dei film di Shaft e di Bruce Lee sono gli ingredienti della sontuosa serie di Luhrman.


GUARDALO SUBITO: THE GET DOWN
In foto una scena di The Get Down.
In foto una scena di The Get Down.
In foto una scena di The Get Down.

Ricostruire la New York degli Anni '70, girare quasi tutto in location, assicurarsi i diritti delle canzoni è costato circa dieci milioni di dollari a episodio; il pittoresco risultato si evidenzia nella stravaganza, nel sound e nella vitalità che ha sedotto il pubblico, anche quello alieno al contesto storico, geografico e sociale ritratto.

La ricostruzione è vivida e vibrante per merito del contributo di consulenti che di quella scena musicale sono stati protagonisti - come Grandmaster Flash -, e grazie ai coreografi che hanno modellato l'andatura e il modo di ballare di Shaolin Fantastic e degli altri personaggi sui movimenti di James Brown e Bruce Lee, e ai musicisti - tra questi il rapper Nas, anche produttore esecutivo della serie - abili nel tradurre quella realtà a chi non la conosce direttamente.
Lorenza Negri

Molti personaggi di The Get Down, inoltre, sono ispirati a figure reali (per esempio, il writer Dizzee, interpretato da Jaden Smith, è la crasi di due leggende dell'epoca, Crash e Daze). In The Get Down si coglie anche l'impronta di musicisti influenzati dalla cultura dell'epoca - come il Wu Tang Clan, la cui musica è il risultato della convergenza della cultura musicale dell'hip hop e di quella cinematografica del kung fu -, i quali hanno influenzato a loro volta lo show.


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In foto una scena di Luke Cage.
In foto una scena di Luke Cage.
In foto una scena di Luke Cage.

Curiosamente, Method Man, uno dei Wu Tang, compare in Luke Cage: interpreta se stesso, una leggenda vivente disposta a farsi portavoce dei cittadini di Harlem che considerano l'uomo inscalfibile un eroe e non un criminale - o un freak -; lo fa cantando alla radio un'ode al personaggio, Bulletproof Love, mentre osserva estasiato la felpa crivellata di colpi di proiettile del gigante buono, futuro simbolo di ribellione dei locali nei confronti di quelle forze di polizia che negli USA hanno abusato violentemente dei civili di colore.

Il creatore Cheo Hodari Coker - che i fumetti di Luke Cage li ha letti negli Anni '70 ed è consapevole del valore del personaggio per la generazione di giovani neri a cui era data finalmente la possibilità di identificarsi con un supereroe di colore - è anche uno dei biografi e cultori di un re dell'hip hop come Notorius Big. Il periodo storico di maggior fulgore del personaggio e la vasta conoscenza di Coker, ex giornalista musicale di Rolling Stone, si sono uniti; lo showrunner si è convinto ad ambientare le avventure di Cage ai giorni nostri ma anche a mantenere l'essenza originale con citazioni, riferimenti e soprattutto con l'evocativa colonna sonora.
Lorenza Negri

Cage e gli altri personaggi veicolano lo slittamento tra passato e presente con battute su icone delle arti marziali di quarant'anni fa e di oggi come Bruce Lee e Jet Li, più volte è menzionato il mito imperituro di Mike Tyson; il look è quello contemporaneo, ma la chioma di Misty alla Foxy Brown e la breve e ironica comparsa del costume originale super camp di Cage rimandano alla blaxpolitation. Anche la sensazionale colonna sonora evoca lo stile della blaxploitation, in uno strepitoso alternarsi con canzoni hip hop, funk, soul, (da Faith Evans a Charles Bradley, dai The Delfonics a Sharon Jones & The Dap-Kings fino al citato Method Man). L'aria che si respira è quella degli Anni '70, e l'atmosfera che crea è rivitalizzante.


GUARDALO SUBITO: LUKE CAGE

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