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Kim Ki Duk, maestro di cultura 'occidentale'

Ispirato ai greci e a Michelangelo.
di Rossella Farinotti

In foto Jo Min-Su in una scena del film Pietà .
Jo Min-Su . Nel film di Kim Ki-Duk Pietà.

mercoledì 12 settembre 2012 - Approfondimenti

Kim Ki Duk è stato l'eroe incontrastato di Venezia. Ha travolto tutti, si è assestato sopra le polemiche, le liti, le rivendicazioni, i minuetti premiazione, come quando si è dovuto correre ai ripari perché erano stati scambiati i premi fra Anderson, Leone d'argento, e Seidl, Premio Speciale della giuria. Una premessa: liti e rivendicazioni sono legittime, inevitabili, perché non ci sono più film che mettano tutti d'accordo, ma film "accettabili", che dividono. Non dividevano Leoni d'oro come L'uomo del sud, Amleto, La grande guerra, La battaglia di Algeri, Lo stato delle cose, Prénom Carmen, La leggenda del santo bevitore...

Pietà del regista coreano non è un capolavoro come quelli detti sopra, ma, nel contesto generale delle proposte, non è improprio che abbia ricevuto il maggiore riconoscimento. Tutte le critiche sono state fatte, tutte le storie raccontate, e le performance scandagliate. Kim si è presentato quasi in ciabatte, non ha parlato in inglese –come il presidente della giuria Mann, dimenticandosi che era a Venezia, non a Los Angeles - ha ringraziato tutti e cantato una canzone. Non si era mai visto. In teatro tutti erano attenti, se c'era qualche sorriso era un sorriso buono, perché il coreano si imponeva, non era un personaggio qualunque. Ma una fase importante, del "pacchetto" Ki Duk, - presenza, film, look, premio- è l'estetica. Credo valga la pena di rilevarla, partendo anche dalle sue dichiarazioni. Il regista ha messo in relazione il capitalismo, il grande morbo che tutto devasta, con le grandi vicende primordiali raccontate dalla Tragedia greca e con l'estetica assoluta rinvenuta da Michelangelo nella Cappella Sistina. Non occorre essere dei grandi esperti d'arte per rintracciare, nella locandina di Pietà, un'ispirazione alle Pietà di Michelangelo. Riferendosi al titolo il regista ha dichiarato: "sono stato due volte in Vaticano, e ho visto questo capolavoro di Michelangelo. Non voglio dire nulla a proposito della bellezza e del valore dell'opera, ma mi riferisco all'abbraccio della Vergine Maria, che abbraccia il proprio figlio morto sulla croce. È l'immagine di questo abbraccio, che mi sono portato dentro per tanti anni, è stata l'immagine di un abbraccio dell'intera umanità e la comprensione e condivisione di questo dolore."

Mentre l'estetica generale del film non presenta grandi cromatiche: è dura, rigida, grigia. Grigia nel colore primario e nell'idea che il regista infonde: un mondo duro, violento, dove a primeggiare è il denaro, che si insinua nella vita di ogni giorno, guastando tutto, anche i rapporti umani e anche il rapporto intoccabile per eccellenza, quello tra madre e figlio. Il protagonista, crudele e violentissimo, che si vede arrivare una donna che dice di essere sua madre, non riesce a riadattare un sentimento normale alla sua condizione univoca e disperata. Alla donna non chiede neppure "ma dov'eri?", semplicemente la odia perché l'odio è il suo status e cerca di scovare, nel profondo, qualcosa che possa avvicinarsi all'amore. Ma trova ancora violenza, espiazione, un passato inerte perché non è esistito. E dunque Kim Ki Duk ha citato i Tragici greci, che avevano già inventato tutto, e che erano a loro perfetto agio proprio fra espiazione e violenza. Elettra (Sofocle) induce suo fratello a uccidere la madre Clitennestra, certo per un'ottima ragione, la cattiva aveva ucciso il marito Agamennone, complice il suo secondo marito Egisto, a sua volta finito male. E siccome l'incesto stava particolarmente a cuore a Sofocle ecco che Edipo, dopo aver "giaciuto", inconsapevole, con la madre Giocasta, si acceca per non vedere più il sole, testimone del suo delitto. Dunque la "Pietà" di Kim viene da lontano e da quali radici nobili.
Un coreano ha dunque portato un promemoria richiamandolo dal Rinascimento e dall'antica Grecia, culle della cultura occidentale. È un segnale anomalo e curioso, un po' provocatorio, ma potente, che identificherà la ... debole mostra veneziana del 2012.

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