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Francesco Bruni, maestro di storie e direttore d'orchestra

Reduce dal successo veneziano, il neo-regista racconta Scialla!.
di Giovanni Bogani

In foto Francesco Bruni, regista di Scialla! (Stai sereno), vincitore della sezione Controcampo Italiano alla 68. Mostra del cinema di Venezia.
Francesco Bruni (62 anni) 30 settembre 1961, Livorno (Italia) - Bilancia. Regista del film Scialla! (Stai sereno).

lunedì 19 settembre 2011 - Incontri

Scrivere, scrivere, scrivere. A un certo punto Francesco Bruni avrà pensato: "e perché non dirigerla, una storia mia?". Beh, magari non è andata proprio così. Ma per Francesco Bruni, 49 anni, sceneggiatore di tutti i film di Paolo Virzì, insegnante di sceneggiatura al Centro sperimentale, burattinaio di parole – come dice Guccini – ed ex attore teatrale, è arrivato alla soglia dei cinquant'anni il momento di comandare una troupe, dirigere gli attori, firmare un film, prendersene tutte le responsabilità, nel bene e nel male. Ed è andata molto bene: a Venezia, il suo Scialla! – che non era certo il film più pubblicizzato – ha vinto la sezione Controcampo italiano, e soprattutto ha emozionato, divertito, portato un vento bello intorno a sé.
E ieri sera, domenica, al cinema Odeon di Firenze Scialla! è stato presentato alla presenza del ragazzo protagonista, Filippo Scicchitano, neanche vent'anni, grinta e tenerezza. E di Francesco Bruni, maestro di storie, e stavolta anche direttore d'orchestra.

È la tua prima volta come regista. Un passo da far tremare i polsi. Cosa è stato più difficile?
In realtà niente. Con gli attori, mi sento nel mio terreno. La recitazione è psicologia: e uno scrittore lavora proprio con le psicologie. Quello che mi spaventava era la tecnica; le riprese, i movimenti della cinepresa. Per questo mi sono scritto un film molto 'semplice', e prima di girare una sola inquadratura mi sono disegnato tutto il film.

Da che cosa nasce la storia che racconti?
Avevo l'impressione che oggi si parlasse soltanto – nell'informazione e nel cinema – di padri assassini, violenti, inutili, dannosi. Io ho voluto rivalutare il ruolo paterno. Come padre, ho voluto raccontare quanto sia importante per un ragazzo una figura di riferimento come quella paterna, diversa dall'amore incondizionato di una madre. Senza nascondermi quanto sia difficile, oggi, questo rapporto.

Il personaggio interpretato da Fabrizio Bentivoglio, così morbidamente alla deriva, non somiglia a…?
Beh, sì, richiama l'intramontabile Drugo Lebowski, di cui ha anche capi di abbigliamento simili: la camicia hawayana, il sandaletto, il calzoncino corto... È l'emblema di una generazione che si è lasciata andare. Che ha perso per strada le motivazioni per vivere.

Nel film appare anche una scuola allo sbando.
Volevo mettere l'accento su una scuola trascurata, dimenticata da chi ci governa. Ma dove ci sono persone che lavorano sodo, con passione, senza neanche preoccuparsi troppo di quanto guadagnano.

Il gergo giovanile del film è fluido, ricco, vero. Come lo hai ricreato?
Ho due figli, uno dei 17 anni, una di 13, tanti ragazzi che vengono a trovarli. Gli 'insegnanti' ce li avevo in casa!.

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