Il cigno nero |
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Un film di Darren Aronofsky.
Con Natalie Portman, Vincent Cassel, Mila Kunis, Barbara Hershey.
continua»
Titolo originale Black Swan.
Thriller,
durata 110 min.
- USA 2010.
- 20th Century Fox Italia
uscita venerdì 18 febbraio 2011.
- VM 14 -
MYMONETRO
Il cigno nero ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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virtuosismo in un balletto d'immagini
di dario cartaFeedback: 4414 | altri commenti e recensioni di dario carta |
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lunedì 21 febbraio 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
E’ una soluzione sommaria e banale condurre un disinvolto confronto fra i due ultimi lavori di Darren Aronofsky,”The Wrestler” e “Cigno nero”. Fatto salvo per l’indiscutibile valore delle due pellicole,entrambe segni di grande cinema,sarebbe riduttivo per ambedue i titoli ridurre il paragone ad un fil rouge che li accomunerebbe solo in minor misura ed in modo per nulla adeguato. Due viaggi nelle pieghe di esistenze tormentate e doloranti,le due storie sondano profondità incoerenti e complesse,muovendosi nelle regioni del cuore che è sede dei conflitti più acuti che un’anima può ospitare. Ma “Cigno nero” sosta solo per poco al fianco di “The Wrestler”,per poi muoversi nella direzione del sottile confine fra immaginazione e realtà in un sacrificio esistenziale che chiama a sé la pericolosa dualità fra bene e male,tenebre e luce. L’apparente corrispondenza fra i due film si sviluppa nel breve segmento che cattura il travaglio e il fatale olocausto fisico e psicologico dei protagonisti,atleti ed esseri umani,ma là dove Aronofsky tratteggia i lineamenti di Randy The Ram nei toni pietistici di un piglio compassionevole,il buio e l’ossessione infestano l’anima disturbata di un’artista in bilico fra perfezione e follia. Le due storie,l’una di un declino l’altra di un’ascesa,s’incrociano nello stesso punto d’incontro fra incubo e realtà,in una dimensione smisurata di sofferenza ed annullamento umano. Un Aronofsky in stato di grazia non si limita a narrare una storia di confronti e ambiguità fra artisti,ma dipinge un quadro con i colori gravidi di brutale fisicità e vulnerabilità psicologica,dove il balletto è solo termine di metafora per una tragedia tutta umana. Con un ritmo narrativo di inarrivabile tensione emotiva,il regista innesca un doloroso processo di deterioramento mentale della protagonista divenuta preda del dualismo fra creazione e distruzione,polarità espressa dal regista in forma visiva in frequenti occasioni nel corso del racconto,fra passaggi di chiari-scuri,luci ed ombre e immagini riflesse in vetri e specchi,come spettri onnipresenti di uno sdoppiamento inevitabile e fatale. Nella figura del Cigno Regina l’ossessione di Nina si trasforma in possessione e la perfezione,oggetto della concupiscenza,diventa soggetto predatore di una mente ormai vittima di una brama incontrollata. Aronofsky non si sofferma su considerazioni etiche o suggestioni moralistiche. Il regista mira diritto al cuore di Nina,dove si agita il suo conflitto interiore. Il balletto è solo la metafora visiva per fare spazio ad un viaggio nei recessi angoli di una personalità spaccata in una condizione di paranoia feroce come l’invidia ed imbellettata dai segni della bellezza e dell’armonia. La percezione è fortemente aggredita dallo stridente contrasto fra l’innocenza di Nina e il mistero che aleggia fra realtà e immaginazione,illusione e verità,a ridosso del tenue confine fra purezza e smarrimento. Se in “The Wrestler” la carnalità ferita di Randy accompagna allegoricamente il declino e la sconfitta del protagonista,il Cigno nero è un alto grido di dolore di una sofferta rivelazione interiore,nel luogo dove le ombre di imprevisti fantasmi si agitano nella danza segreta di una crudele follia.
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