Le belve

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Un film di Oliver Stone. Con Blake Lively, Taylor Kitsch, Benicio Del Toro, Emile Hirsch, Salma Hayek.
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Titolo originale Savages. Thriller, Ratings: Kids+16, durata 131 min. - USA 2012. - Universal Pictures uscita giovedì 25 ottobre 2012. - VM 14 - MYMONETRO Le belve * * 1/2 - - valutazione media: 2,80 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

STONE E IL CARTELLO MESSICANO.DRAMMA E DROGA. Valutazione 0 stelle su cinque

di dario carta


Feedback: 4414 | altri commenti e recensioni di dario carta
sabato 4 agosto 2012

Suona un po' con le corde della sua sceneggiatura per lo "Scarface" dell' 83,la pagina di Oliver Stone sullo smercio della Marijuana in California,altra avventura su una società malata di cui il cinema si nutre da sempre,con le dovute desinenze declinate alle sue epoche,per offrire dramma,denuncia e tragedia sul palcoscenico dell'uomo.
Come regista,Stone ha sempre scoperto il fianco alle sue pulsioni di mettere in scena lati oscuri,sregolatezze e depravazioni di una componente sociopolitica disfunzionale e moralmente emarginata e in "Savages" Stone coniuga sè stesso in una pellicola tortuosa e provocatoria,richiamando i canoni cardinali della sua attitudine alla visualità,ma senza ricavare l'energia aspettata dal talento professionale che ha dato forma alla sua attività di moviemaker.
Il film si apre con la narrazione fuoricampo di una donna,O (per Ofelia),che afferma che solo per il fatto che sta raccontando qualcosa,non significa necessariamente che alla fine della storia sia ancora viva.
Stone imposta la sceneggiatura di "Savages",scritta in collaborazione con Shane Salerno e Don Winslow,autore dell'omonimo romanzo,sulle basi di una genuina analisi di un menàge à trois in perfetto equilibrio stabile,creando un meccanismo che dà corpo al film nel rapporto fra il nucleo alternativo ,la corruzione delle forze dell'ordine e la dimensione guasta con cui il gruppo entra in contatto.
Con un rubato forse eccessivo,il regista pone l'accento sul proposito di moralità, chiamando un'etica perduta fra vizi e brutalità,in un gioco ossessivo fra la danza della violenza negli ambienti della droga e l'aspirazione al riscatto,chiuso nelle profondità delle scelte dell'uomo.
La prepotenza,il sangue,l'abuso,tagliati a vivo dalla regia secca e affilata di Stone,fanno da contraltare ai lineamenti interiori dei protagonisti,tratteggiati con il disegno sottile delle complessità che agitano ogni animo.
Il modo in cui il regista e Don Mindel catturano la fotografia delle spiagge della California meridionale è la provvida cornice a giorno alla ferocia che permea la storia e getta occhiate di luce su sabbie bianche lambite dal mare cobalto quasi a reclamare un diritto alla vita sulle ombre inferme della seduzione dell'onnipotenza.
Questo contrasto fa da sfondo a tutto il film,dove in soluzione di continuità sfilano i contorni di figure riprese dalle diverse angolazioni del loro patrimonio caratteriale,quasi Stone tenesse a rifiutarne la definizione assoluta.
Basti guardare la relazione che si genera fra O e Elena,o il rapporto fra Ben e Chon per quanto riguarda la comune compagna,la leggerezza dei loro pensieri e insieme la fortezza delle loro decisioni.
E' perfino accessibile alla lettura la spietatezza di Lado,nel quale è possibile intravedere spunti di sensibilità inaspettata.
Molto del fascino di "Savages" risiede nel modo in cui Stone tesse il racconto dei negoziati,fitti e serrati in argomenti chiave e dettagli destinati a tradurre i pensieri dei protagonisti nei confronti delle rispettive controparti.
I 130 minuti di pellicola hanno il gusto fluido di una composizione caleidoscopica e articolata di elementi raccolti dal regista e cuciti in sottili sottotrame nel tessuto di una storia di pensosa attualità,imbastita in un racconto forse troppo saturo di spunti e segnali,come in un intreccio narrativo svilito dall'eccesso di suggerimenti e curve psicologiche.
Nonostante l'evidente inciampo in inopportuni clichès, "Savages" è una storia forte di vizi e armonie dipinta nei colori intensi di un regista che fa del suo lavoro una citazione alla sua talentuosità controversa e pungente,qui non giunta alla pienezza della sua reale versatilità,ma comunque viva espressione di un'energia figurativa tornata a dar vita al suo cinema dopo la struttura delle memorie ("W","World Trade Center","Alexander") e la debacle finanziaria ("Il denaro non dorme mai").
Stone ricorre in appello alle pari opportunità per fare luce sulle storie di uomini mai tutti buoni o del tutto malvagi e mai maschere uniformate al loro ruolo solo apparente.
E nell'epilogo,Stone accompagna le seconda opportunità con il sole di George Harrison che ritorna a splendere.

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jormi venerdì 16 novembre 2012
messico e cumuli: il volto triste dell'america
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praticamente siete un seguace incallito del generis OS [sorriso] ed è bello leggere feed proof. Anche io sono dell'idea che non ci sia niente di negativo nello scegliere un filo conduttore a legare la trama della nostra vita ma positivamente rischierei a cadere del sincretismo trappola e magari perdere il filo logico costituito sia dalla sostanza, e non manca che dalla forma che onestamente difetta nel tuo commento spassionato. Alla luce dei fatti il confine potrebbe essere qualunque e in questo caso ho due opzioni a portare avanti la mia tesi parziale: Ukraine e Poland in un unico confine: Euro 2012 con un sottofondo sonoro, allegro e spensierato in "che vinca il migliore" tranne Le Belve [risata leggera]

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