Advertisement
Il mostro di Firenze: un affresco di costume

Intervista a Giorgio Colangeli che nella fiction di Fox Crime è Michele Giuttari.
di Alessandra Giannelli

Chi è Giorgio Colangeli
Giorgio Colangeli (74 anni) 14 dicembre 1949, Roma (Italia) - Sagittario. Interpreta Michele Giuttari nel film di Antonello Grimaldi Il Mostro di Firenze.

giovedì 19 novembre 2009 - Televisione

Chi è Giorgio Colangeli
Attore di teatro, ma anche di cinema e televisione, Colangeli è un interprete attualmente molto richiesto. Dopo ben trent'anni di carriera teatrale, esordisce nel 1995 in Pasolini un delitto italiano, per la regia di Marco Tullio Giordana, e da lì in poi moltissime saranno le sue apparizioni, fino a quelle odierne: da Il divo di Sorrentino, nei panni di Salvo Lima, a Parlami d'amore di Silvio Muccino, fino al recente Alza la testa di Alessandro Angelini, regista con cui aveva già lavorato ne L'aria salata, film che gli valse nel 2007 il David come miglior attore non protagonista. Ma lo ritroviamo in tantissime altre produzioni, anche televisive, come I Liceali e adesso, per Fox Crime, nella serie de Il mostro di Firenze. Un volto conosciuto, un interprete poliedrico, che ha conquistato con il tempo il grande pubblico. Ci racconta cosa pensa di questa nuova serie, del cinema e della televisione.

Quando le hanno chiesto di interpretare questa fiction, quale è stato il suo pensiero?
Inizialmente ho avuto delle perplessità; io ricordavo la vicenda in maniera molto approssimativa, perché a suo tempo non la seguii con particolare attenzione, però ricordavo quanto furono significative le reazioni dell'opinione pubblica, quanto erano crudeli questi omicidi, queste sevizie, insomma, sono rimasto un po' perplesso. Poi, leggendo la sceneggiatura, mi sono reso conto che, fatte salve le esigenze dello spettacolo e del genere (un po' di sangue si vedrà), finiva per essere un grosso affresco di costume che riguarda il nostro paese in modo anche piuttosto serio. C'è l'Italia con i suoi grandi vizi, la mania del pettegolezzo, dell'omertà negli uffici della giustizia. Sappiamo sempre tutto di tutti, quando si tratta di spettegolare al bar, poi però ci rifiutiamo di prenderci le responsabilità quando le informazioni di cui disponiamo potrebbero essere utili per fare chiarezza.
Lei, nella serie, veste i panni del commissario Michele Giuttari, ci parla del suo personaggio?
È un bel tipo, anche se non l'ho conosciuto personalmente come mi ero ripromesso di fare prima di iniziare a fare la serie per trarre qualche ispirazione. L'ho visto in alcuni filmati di documentazione ed è sicuramente un personaggio affascinante. Successivamente, credo che si sia dato alla lettura, iniziando a scrivere sulla vicenda del mostro e poi di argomenti sempre polizieschi. È una persona di grande finezza, un gran segugio, un uomo di intuito, intelligente, che effettivamente ha dato alle indagini una svolta fondamentale. Inizialmente, l'ipotesi prevalente era quella dell'omicida maniacale, dello squilibrato che agisce in solitudine. Giuttari ha ipotizzato, e poi provato, che esistevano dei complici, i famosi "compagni di merende"; è stato il suo successo, la sua linea è stata confermata dalla sentenza del tribunale, che accusava e condannava Pacciani e i suoi complici. E poi a lui si deve l'ipotesi più inquietante e cioè che ci fossero dei mandanti, fase dell'indagine che poi non è stata mai portata a termine, e lì la nostra ricostruzione si ferma. Questa storia non ha un finale, è ancora in corso.
È stato difficile girare questa fiction dai temi così forti?
Il mio personaggio non è coinvolto nella ricostruzione degli omicidi perché Giuttari ha cominciato ad interessarsi al caso dieci anni dopo l'ultimo assassinio, il suo è stato un intervento di rilettura degli atti processuali e poi di ulteriori acquisizioni di prove, soprattutto attraverso interrogatori. Sono stati altri i colleghi coinvolti e con loro ho scambiato qualche commento ed impressione a caldo; devo dire che chi ha girato le scene degli omicidi, dei ritrovamenti, ha avuto delle grosse emozioni. Parlo di Duccio Camerini, che faceva il giudice Mario Rotella, ma anche di Nicole Grimaudo (il primo sostituto procuratore ad occuparsi del caso: Silvia Della Monaca), che essendo una ragazza giovane era particolarmente vulnerabile. Molti mi parlavano dell'abnegazione delle giovani comparse, a parte quella dei due giovani protagonisti (che interpretano Pia Rontini e Claudio Stefanacci), gli altri erano semplicemente comparse, il loro contributo era necessario al momento del ritrovamento dei corpi o per qualche azione nell'imminenza dell'uccisione, c'è stato un grande impegno da parte loro.

Perché, secondo lei, è importante rievocare in tv questi avvenimenti?
È un affresco molto italiano, come ho detto, e gli sceneggiatori hanno scelto la versione che più mette in risalto questa caratteristica, il fatto di essere una vicenda di costume molto spinosa. Si è voluto mettere gli italiani di fronte a questo nostro grosso difetto ovvero il fatto di essere vulnerabili e disponibili alla corruzione, che a volte ci rende insensibili alla necessità di essere civilmente leali nei confronti della collettività. È più facile che siamo sensibili agli interessi personali che a quelli degli altri, per cui di fronte ad un impegno che dia un contributo positivo alla soluzione di un caso giudiziario, che non ci riguarda personalmente, ci tiriamo indietro, preferiamo spettegolare al bar piuttosto che andare a fare una deposizione giurata davanti al commissario. Un po' dipende anche dal fatto che la nostra macchina della giustizia non è un orologio svizzero, ma è piena di ritardi. È una mia sensazione che nasce dalla lettura della sceneggiatura e di altri scritti per documentarmi sulla vicenda. Non so quanto tutto questo sia presente nella fiction realizzata da Antonello Grimaldi, mi auguro che si legga perché è la cosa più importante ed è un motivo serio per ricostruire una vicenda così scabrosa, così terrificante.
Lei ha avuto modo di conoscere la signora Rontini e sa se ha visto il girato?
Io non ho conosciuto la signora Winnie Rontini (la mamma di Pia, una delle vittime), ma so che si è molto prodigata. Ha letto questa possibilità che le veniva offerta come una sorta di tributo per la figlia e il fidanzato, penso che abbia anche visto il girato, che questa collaborazione sia rimasta viva anche dopo la post produzione e che lei abbia visionato il risultato prima della proiezione. Gli sceneggiatori ci hanno parlato di lei sempre con ammirazione, hanno parlato della forza d'animo di questa donna e del suo desiderio di collaborare. Poi la produzione stessa ha attuato, qualche volta su richiesta della signora, ma anche di sua iniziativa, tutta una serie di cautele nei confronti dei compaesani affinché la ricostruzione non divenisse una tortura mediatica. Certi luoghi sono stati scelti in altri posti per non urtare troppo la sensibilità delle persone, questo perché, per girare, qualche ostilità l'abbiamo avuta. Quello che nella ricostruzione è Vicchio, in realtà è un altro paese del Mugello perché sarebbe stato inopportuno, troppo pesante da sopportare per la popolazione.

Quale dei tanti ruoli, che ha interpretato fino ad oggi, le ha dato di più?
Sia da un punto di vista interpretativo sia da quello delle soddisfazioni ottenute, sicuramente il detenuto del film di Angelini, L'aria salata, che mi ha portato molta visibilità. Con questo film ho intessuto col regista dei rapporti ancora in atto. È stata un'avventura singolare, è considerato universalmente un bel film, ma la mia adesione è stata totale a quel progetto e ancora mi riferisco a questa vicenda come a un qualcosa di esemplare. Mi auguro che nella carriera di un attore possa succedere sempre una cosa di questo genere, che ti riconcilia con questo mestiere che spesso facciamo in condizioni poco gratificanti. Quando capita di fare un bel film, scritto bene, collaborando con le persone giuste, è meraviglioso. Mi sto attivando perché un'esperienza simile mi possa ricapitare.
Secondo lei, per un attore di cinema, fare la tv è riduttivo?
Anni fa era possibile fare cinema e non televisione, oggi è impossibile per un fatto, purtroppo, di evoluzione delle cose. Di cinema se ne fa sempre meno, di fiction di più. Tra l'altro, facendone di più se ne fa anche di discreta. Non è sempre vero che nella fiction si facciano cose di minore qualità o che l'attore venga impiegato in maniera meno qualificata, c'è un po' di tutto: quella a tirar via e quella fatta molto bene. La fiction si sta avviando a coprire un settore di intrattenimento che prima era del cinema. Quando noi ci rivolgiamo ai tempi in cui si facevano 400 film l'anno, dobbiamo riconoscere che in mezzo c'era anche tanta "monnezza". Adesso la fiction si interessa maggiormente dell'intrattenimento. Sarebbe bene che anche il cinema se ne occupasse di più, bisognerebbe articolare di più la proposta, oltre al "cinepanettone" e al film intellettuale, ci vorrebbe quello di intrattenimento, di qualità però.
Adesso a che cosa sta lavorando?
Attualmente sono a Milano, a girare un film di Luca Lucini, un film che si intitola La donna della mia vita con Stefania Sandrelli, Alessandro Gassman, Luca Argentero, Valentina Lodovini; una commedia brillante, una sceneggiatura scritta dalla Comencini. Ecco, questo è un film di qualità e di intrattenimento, magari ce ne fossero, è la strategia che potrebbe riportare la gente nelle sale e non far morire la migliore maniera di usufruire del cinema e cioè non con il dvd a casa, ma andando nelle sale, vedere il film sul grande schermo, insieme a tanti sconosciuti.

Gallery


{{PaginaCaricata()}}

Home | Cinema | Database | Film | Calendario Uscite | MYMOVIESLIVE | Dvd | Tv | Box Office | Prossimamente | Trailer | Colonne sonore | MYmovies Club
Copyright© 2000 - 2024 MYmovies.it® - Mo-Net s.r.l. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale. P.IVA: 05056400483
Licenza Siae n. 2792/I/2742 - Credits | Contatti | Normativa sulla privacy | Termini e condizioni d'uso | Accedi | Registrati