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Il Farinotti 2017, edizione numero 21

Le novità del dizionario di tutti i film: giudizi aggiornati, 520 titoli nuovi, 2.700 pagine.
di Pino Farinotti

lunedì 19 dicembre 2016 - News

Cercando alcuni focus per una sintesi della stagione passata mi soffermo su un concetto che potrebbe definirsi "l' altro cinema". Rilevo dunque alcuni caratteri. Il primo è un numero: sono inseriti circa 520 titoli nuovi. Forse è un record. Il cinema si auto-produce quasi con frenesia. Molti titoli sono italiani che arrivano alla distribuzione attraverso contributi certo utili, non sempre benemeriti. Un altro "carattere" sono i generi. Ormai prevalgono i titoli di "fantasy robotizzata": supereroi, effetti speciali, violenza e decibel. E l'animazione a sua volta "robotizzata", buona per bambini e genitori. Basta guardare i vari box office: italiani e stranieri si omologano in tal senso. Siamo, come si dice, in epoca di globalizzazione.

Altro carattere, del tutto diverso, sono i documentari, spesso di qualità. Nella valutazione in stellette è il genere più premiato.
Pino Farinotti

In questa chiave, generale, i numeri alti, le 4 stelle, per intenderci, sono molto rare.
Infine una sorta di mutuo soccorso: il piccolo schermo soccorre il grande. È stato l'anno delle Olimpiadi di Rio, e relativa overdose di immagini. Di qualità alta peraltro, perché ormai le decine di telecamere in azione producono, in tempo reale, un vero kolossal. La Riefenstahl ci mise due anni a montare Olympia, il racconto delle Olimpiadi del 1936 a Berlino, il piccolo schermo fa lo stesso lavoro in un secondo. Le vittorie di Bolt sono un vero kolossal, reale peraltro, oltre ogni immaginaria fiction: nove medaglie d'oro in 3 olimpiadi diverse. "Colosso" di longevità, per la velocità. Bolt: "titolo" di altissimo gradimento, dominatore del box office. Ma c'è di più, il Brasile ha vinto la medaglia d'oro del calcio, con un altro eroe, Neymar, che ha segnato il gol della vittoria. Rilevo dunque qualcosa di singolare: Olimpiade richiama Olimpiade, campione richiama campione o erede. Forse è stato un caso, forse no.
Sono usciti due film, Race e Pelé. Il primo racconta la vicenda di Jesse Owens, il nero di Alabama che vinse quattro medaglie d'oro, 100, 200, 4x100 e salto in lungo, in quelle olimpiadi di Berlino. Una corrente di opinione, autorevole, continua a ritenere quella la più grande performance di un atleta, in tutte le epoche. Poi le leggende si combinano all'infinito, una legata all'altra. Il nero Jesse, battendo il mondo a Berlino, diede una lezione a Hitler nel suo stadio. E quella è leggenda vera, più importante di una quinta medaglia. Il film di Stephen Hopkins, con Stephan James che fa Owens, è magari un po' didascalico, ma richiama con energia quella vicenda. Owens si fermò a quella olimpiade, Bolt ne ha vinte tre, è certo il più forte, ma Jesse è il più grande.
Pelé, ancora 17enne vinse i mondiali di Spezia nel 1958. Riparò a un dramma di otto anni prima quando il Brasile era stato battuto, in casa, dall'Uruguay. Tragedia nazionale con suicidi. Pelé divenne eroe nazionale. Era, ed è tuttora, considerato il più grande calciatore di tutte le epoche. E continua ad essere un modello politico e sociale intoccabile, con merito. Subito dopo la sua terza vittoria nei cento Bolt ha detto: "Ecco, adesso posso dire di essere come Pelé, una leggenda.". Nel film di Jeff e Michael Zimbalist, Kevin de Paula è Pelé. Performance corrette, degli autori e dell'attore. In questi casi la "didascalia" è quasi obbligata, ma la vicenda, anche qui come in Race, emerge chiara, ed è ciò che conta. Il primo luglio di quest'anno Olivia de Havilland ha compiuto un secolo. Non è stato fatto un film, ma è... cinema. Decisamente importante. Segnale, sortilegio, quasi soprannaturale. La De Havilland faceva film da protagonista nei primi anni trenta. In Italia avevamo il Duce, in America Roosevelt era alla sua prima amministrazione, in Germania c'era Hitler, Gandhi non aveva ancora mandato via gli inglesi dall'India. Sembra un libro di storia "antica". Olivia, presenza fisica e metafisica, connette tutte le epoche da allora. I suoi partner storici: Errol Flynn e Clark Gable non sono più qui da quasi sessant'anni, la sua antagonista "Rossella-Vivien Leigh se n'è andata da mezzo secolo. "Soprannaturale" appunto. È come se Olivia de Havilland dicesse: "Sono ancora qui perché vi serve un promemoria dell'età d'oro del cinema. E intendo rimanere, fino a quando farete un film bello come il mio Via col vento. Chissà, potrei arrivare a compiere due secoli..."


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