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La politica degli autori: Luc Besson

Da Léon ai Minimei, un regista punk che non si può etichettare.
di Mauro Gervasini

In foto il regista francese Luc Besson.
Luc Besson (65 anni) 18 marzo 1959, Parigi (Francia) - Pesci. Regista del film Arthur e la guerra dei due mondi.

mercoledì 21 dicembre 2011 - Approfondimenti

Dovessero gareggiare i registi più detestati dalla critica in proporzione al loro successo, Luc Besson (Parigi, 18 marzo 1958) arriverebbe primo. Con la parziale eccezione del titolo d'esordio, Le dernier combat (1983), guardato con interesse forse perché sperimentale (un violento post-apocalittico in bianco e nero e in cinemascope), di solito i suoi film vengono accolti con fastidio misto a sufficienza, se non platealmente ignorati come i più recenti (qualcuno si è accorto dell'uscita dell'avventuroso Adèle e l'enigma del faraone, nel 2010?). Ebbene, il regista non merita tutto ciò, anche solo per aver regalato alla storia del cinema un gioiello come Léon (1994), certamente il suo capolavoro. Per carità, al suo attivo anche nefandezze clamorose, soprattutto come produttore, ma è stato tra i pochi uomini di spettacolo europei a realizzare il sogno irraggiungibile per definizione: fare concorrenza a Hollywood giocando sullo stesso terreno. Quello dei blockbuster. La sua grandeur è molto francese. Besson è il primo a riconoscere di avere qualche volta "esagerato", ad esempio lisciando il pelo ai gusti degli spettatori d'Oltreoceano, con i fast-food movie della sua società, la Europa Corp. Tuttavia si è sempre circondato di maestranze del vecchio continente, se non proprio dell'esagono, anche quando le produzioni prevedevano divi americani. E poi, diciamolo, è veramente poco etichettabile. Quante identità ha, monsieur Besson? Sei, sette? C'è il regista punk con i capelli arancioni che s'inventa con Nikita (1990) una icona femminile destinata a fagocitare un bel pezzo di immaginario, riproponendosi in formati e linguaggi diversi (dai videogame alle serie tv); oppure quello affascinato dalle donne votate alle cause assolute, come Giovanna d'Arco dell'omonimo film (1999) o la leader dell'opposizione birmana, nonché premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi, protagonista del suo ultimo The Lady, non ancora distribuito in Italia. C'è il produttore che si sintonizza direttamente sui riti & miti delle generazioni più giovani, spesso acchiappandoli prima di altri. Il caso più clamoroso è quello del parkour: ormai lo piazzano in tutti i film d'azione, da 007 a Die Hard, ma il primo fu lui con Yamakasi (2001, anche sceneggiatore) e Banlieue 13 (2004).

Poi il Besson autore per bambini. L'invenzione cinematografica più recente sono i Minimei, elfi pigmei che abitano in giardino, protagonisti di una saga sospesa tra animazione e live action giunta ora alla terza puntata. Arthur e la guerra dei due mondi, nelle sale dall'antivigilia di Natale, racconta lo scontro finale tra il perfido Maltazard, il bambino (ormai ragazzino) Arthur (Freddie Highmore) e i Minimei, però a parti invertite, visto che il cattivo è adesso diventato un gigante, pronto a fare un sacco di danni. Tutte le considerazioni sono lecite sulla trilogia, ma a Besson una cosa va riconosciuta: con il personaggio di Selenia ha creato la più sexy eroina mai apparsa in un film per bambini. Tanto per non smentire la sua principale cifra... "poetica". Non sarà infatti sfuggita, ai più attenti, una certa predisposizione del cineasta per le fanciulle, specie se caparbie, agguerrite e "dominatrici". Alcune di loro, le più celebri, Anne Parillaud (Nikita), dalla quale ha avuto una figlia, e Milla Jovovich (Giovanna d'Arco, Il quinto elemento), sono state sue mogli (ne ha avute ben quattro: anche Maïwenn Le Besco, autrice di Poliss, recentemente visto al Festival di Cannes). Ma non si contano in questo senso le scoperte, ultima in ordine di tempo Zoe Saldana, bellissima protagonista di Colombiana (2011, inedito da noi) diretto per la Europa Corp da Olivier Megaton (più che un nome, una dichiarazione di guerra...).

E proprio alla sua maison giungiamo infine. Le famose nefandezze... Certe cose realizzate dai suoi giannizzeri (ma quasi sempre scritte da lui e dal fido braccio destro Robert Mark Kamen) sono a dir poco indifendibili. Il paradigma è Io vi troverò (2008), storia assurda del veterano Cia Liam Neeson che ribalta come un guanto Parigi per trovare la figlia rapita da mercanti di donne senza scrupoli. A parte il razzismo tutt'altro che latente (i cattivi, tranne uno dei capi, francese, sono dell'Europa dell'est, descritti come rifiuti dell'umanità) a sorprendere sono la regia sciatta e ipercinetica e la scrittura becera. Eppure il film è stato un caso, guadagnando negli Stati Uniti uno sproposito (molto meno altrove) e facendo mettere in cantiere un sequel attualmente in lavorazione. La filosofia produttiva di Besson è elementare: cinema pop corn che vada incontro al gusto di un pubblico di sedicenni, senza grosse sorprese, anzi basandosi su trame che si riciclano (Colombiana è quasi una versione femminile di Léon) e location spesso francesi, comunque considerate esotiche dal pubblico americano dei multiplex.

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