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Io vivo altrove!, una commedia d'esordio dolcemente tragica ma segnata da un contagioso ottimismo

Liberamente ispirata a 'Bouvard e Pécuchet' di Flaubert, l'opera prima di Giuseppe Battiston esalta la gentilezza e mette in luce il legame con la (propria) terra ed il paesaggio. Un richiamo diretto al cinema di Mazzacurati di cui il film vuole forse farsi omaggio nascosto. Al cinema.
di Simone Emiliani

Giuseppe Battiston (56 anni) 22 luglio 1968, Udine (Italia) - Cancro. Nel film di Giuseppe Battiston Io vivo altrove!.
giovedì 19 gennaio 2023 - Focus

Tutto parte dai suoni. Dal traffico nell’inquadratura iniziale a quelli della campagna. Sono proprio dei suoni ricorrenti che accompagnano l’opera prima da regista di Giuseppe Battiston, che ha scritto il film assieme a Marco Pettenello ispirandosi liberamente a "Bouvard e Pécuchet", il romanzo incompiuto di Gustave Flaubert pubblicato postumo nel 1881.

Anche lì c’era il contrasto città/campagna. Al posto della fattoria del Calvados del libro, l’ambientazione si sposta a Valvana, una frazione montana in Friuli dove si trasferiscono due persone, Fausto Biasutti e Fausto Perbellini, che si sono conosciuti casualmente in una gita di un corso di fotografia. Il primo è un bibliotecario rimasto vedovo da sette anni dopo che la moglie è morta in un incidente stradale. L’altro è invece vive a casa con la madre che si è invaghita del suo maestro di ballo che andrà a vivere a casa loro.

Tra loro sembra esserci una sintonia. Sono entrambi solitari, detestano la città e vogliono cambiare vita. L’occasione arriva quando Biasutti diventa l’unico erede della casa della nonna e ci va a vivere con Perbellini. Ma una volta arrivati sul posto si dovranno scontrare con l’ostilità degli abitanti del luogo e i loro ambiziosi progetti sembrano essere sempre sul punto di fallire.

I rumori scandiscono il tempo in Io vivo altrove! che sembra essersi fermato e ripetersi ciclicamente anche attraverso una serie di azioni: la luce che si accende per un po’ dentro la casa ma poi ritorna il buio, il lavoro della terra, gli incontri con padre Walter che, se necessario, fa pure le veci del notaio, interpretato da Teco Celio. Ma ci sono anche le fotografie (in bianco e nero e presenti anche sui titoli di coda) che catturano le istantanee di una storia dolcemente tragica ma segnata da un contagioso ottimismo.


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In foto Giuseppe Battiston in una scena del film Io vivo altrove!.


Quello di Battiston è un film che mette in luce il legame con la (propria) terra e con il paesaggio che richiama direttamente il cinema di Carlo Mazzacurati. Anzi, sotto certi punti di vista sembra proprio un omaggio nascosto al cineasta che ha diretto Battiston in La giusta distanza, La passione e La sedia della felicità che sono stati scritti anche da Marco Pettenello.

Poi c’è il richiamo alla semplicità che porta a paragonare Io vivo altrove! ai film di Gianni Di Gregorio. In particolare, nell’ultimo film diretto dal regista e attore romano, Astolfo (ancora Pettenello co-sceneggiatore), c’è una storia simile con il protagonista che si trasferisce dalla metropoli alla provincia in una vecchia casa di famiglia ma vede che gli abitanti del posto fanno di tutto per farlo tornare da dove è venuto.

Il film si concentra soprattutto sul rapporto tra i due protagonisti, interpretati dallo stesso Battiston e da Rolando Ravello, simili nell’evitare i contrasti (per tutto il film si danno del lei) ma in realtà diversissimi e la storia si concentra a mostrare in chiaroscuro le loro diversità. Ma trova anche momenti di complicità (la corsa sul trattore) e cattura, come nelle fotografie, i piccoli imprevisti della vita come il juke-box che all’improvviso torna a funzionare e fa risuonare le note di "Irresistibilmente" di Sylvie Vartan.

La vita riparte dalla musica, dai suoni, come quelli della voce-off di Fausto con le lettere che scrive alla figlia Claudia. Tutto finisce e tutto ricomincia.


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