Titolo originale | Day of the Fight |
Anno | 2023 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | USA |
Durata | 105 minuti |
Al cinema | 1 sala cinematografica |
Regia di | Jack Huston |
Attori | Michael Pitt, Nicolette Robinson, John Magaro, Phillip Johnson Richardson Kaili Vernoff, Steve Buscemi, Ron Perlman, Joe Pesci, Anatol Yusef, Jordyn Rax, Isa Wnek, Leo Solomon, Tim Gallin, Joseph Di Bari, Eugene Solfanelli, Billy Griffith, Charles Massey, Ryan Bostedo, Dennis Jay Funny, Holden Goodman, Amr El-Bayoumi, Joy Decker, Milan Marsh. |
Uscita | giovedì 12 dicembre 2024 |
Tag | Da vedere 2023 |
Distribuzione | Movies Inspired |
MYmonetro | 2,95 su 21 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 10 dicembre 2024
Il percorso di redenzione di un pugile tra passato e presente. In Italia al Box Office Il Giorno dell'Incontro ha incassato nelle prime 5 settimane di programmazione 21,8 mila euro e 9,4 mila euro nel primo weekend.
CONSIGLIATO SÌ
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In attesa di combattere un incontro al Madison Square Garden, Mikey Flanaghan, ex pugile di origini irlandese tornato a combattere dopo anni di lontananza dal ring, decide di sistemare i conti in sospeso della sua vita. Dalla mattina alla sera, l'uomo attraversa New York ripensando con dolore al passato (l'abbandono forzato della boxe, l'alcolismo, l'incidente che l'ha portato in prigione, la fine del matrimonio...) e incontrando le persone che ama: un amico di famiglia che lo aiutò dopo il suicidio della madre; un amico prete; l'ex moglie e la figlia nel frattempo diventata adolescente; il padre che lo sempre maltrattato. L'incontro sarà per Mikey l'occasione per dare un senso alla sua esistenza...
All'esordio da regista, l'attore Jack Huston, nipote del grande John, ritrova il compagno di set di Boardwalk Empire, il redivivo Michael Pitt, e gli affida il ruolo di un pugile maledetto a cui il destino ha regalato una chance per redimersi.
C'è tutta la retorica del cinema sulla boxe, in Day of the Fight (a cominciare ovviamente dal titolo che riprende il film di Kubrick): l'autodistruzione del campione che ha portato la violenza del ring nella vita privata; il retaggio di un passato familiare che grava sull'anima del guerriero; l'insperata seconda occasione che offre la possibilità del perdono; il rimorso per peccati impossibili da cancellare; il combattimento come testimonianza di un coraggio e una forza indomiti; il mito della caduta, della rinascita e, forse, della salvezza.
In un percorso dal chiaro valore simbolico, in cui di stazione in stazione il protagonista si distacca dalla vita terrena ed entra in una dimensione spirituale, la retorica non è solo narrativa, ma anche visiva, dal momento che Huston gira in un bianco e nero pastoso alla Toro scatenato (a sua volta omaggio al classici come Lassù qualcuno mi ama) e infarcisce il film slow motion, flashback a colori rapidi come ricordi improvvisi, uso massiccio della musica d'accompagnamento e di canzoni indie-folk, tra cui "The Book of Love" dei Magnetic Fields e "Have You Ever Seen the Rain", eseguita dal vivo da Nicolette Robinson, interprete della moglie di Mikey.
Tutto è ricalcato e greve, in Day of the Fight, come se per il regista aderire al genere del film sulla boxe - com'è noto il più cinematografico degli sport, quello che meglio si adatta alla parabola dell'antieroe in cerca di riscatto - implicasse anche sobbarcarsi tutti i suoi cliché, senza alcuna ironia o senso della misura, e nel finale pure qualche scivolone nel kitsch.
Se qualcosa nel film funziona è, da un lato, il ritratto di una New York fine anni '80 che da tempo non si vedeva così sporca e disperata (e il lavoro del direttore della fotografia Peter Simonite è onestamente splendido) e, dall'altro, la galleria di personaggi che Mikey incontra nel suo percorso e i loro magnifici interpreti: l'amico di famiglia Steve Buscemi, stanco ma compassionevole; il sacerdote John Magaro, compassionevole e sensibile; l'allenatore Ron Perlman, paterno e severo; il padre Joe Pesci, straordinario protagonista muto dell'unico momento emotivamente intenso del film. La prova di Michael Pitt, invece, per quanto intensa, è forse troppo caricata e prevedibile (volto deformato, movenze sgraziate, brama di vivere negli occhi) per essere sincera e per trasmettere lo stato di prostrazione del personaggio.
Day of the Fight è una sorta di via crucis in minore: un viaggio mitico che ha il suo culmine nell'incontro al Madison Square Garden, messo in scena come una lotta sanguinaria. Per sua fortuna Huston non prova mai a imitare Scorsese, ma è evidente come anche in questo caso la concitazione del montaggio e la violenza del combattimento vogliano trasformare il ring in un calvario. Del resto la trasformazione di Mikey Flanagan in una sorta di Gesù contemporaneo, prostrato da colpi e ferite le corpo vivo della città, è l'ultimo rimando cinematografico di un film sincero ma greve, schiacciato dal peso del suo stesso immaginario.
Chi poteva immaginare la presenza di Dio nella vita di un pugile? Sembra che Mikey sia davvero fortunato, anzi, baciato dalle labbra dell'Onnipotente che, ad ogni passo che lui fa, in ogni posto in cui lui va, ad ogni persona che lui incontra, pare regolarmente rivelarsi a lui mediante un amore sconfinato, travolgente, disarmante. L'amico prete è solo una pedina nell'enorme scacchiere divino che Mikey [...] Vai alla recensione »
Un film lancinante, potente, che ha il respiro delle grandi narrazioni degli anni ’50. Un film immerso in un bianco e nero che dipana ricordo, nostalgia, cinema, struggimento. Un film che racconta un pugile, ma in cui la boxe è poco più di un pretesto, per raccontare il momento in cui si fanno i conti con la propria vita.
Il giorno dell'incontro di Jack Huston, nipote di John, il regista del Mistero del falco e di mille altri film. Day of the Fight, stesso titolo di un film di Stanley Kubrick, un cortometraggio che Kubrick diresse nel 1951, e che ha in comune con questo film lo stringersi dentro una sola giornata, e il raccontare un pugile, a New York, filmato in bianco e nero.
Sembra fuori dal tempo, da qualsiasi tempo, Il giorno dell'incontro. Nel suo procedere dentro una New York anni ’80 di docks, di strade di Brooklyn dense di graffiti e di homeless. Un film che va, con il suo protagonista Michael Pitt, lungo la linea 2 della Subway, quella metropolitana dal tragitto infinito, che va da Brooklyn al Bronx. Un film che parla di boxe, sì, ma soprattutto di conti con la vita. Conti da regolare. In un bianco e nero che è più cinema di qualsiasi cosa abbiamo visto negli ultimi mesi.
Michael Pitt appare, lontano anni luce dal ragazzo che avevamo incontrato in The Dreamers di Bertolucci. Nel 2022, le cronache ce lo avevano raccontato dopo un suo arresto, con l’accusa di aggressione e furto. Era seguito un ricovero in un istituto mentale. Sembravano lontani gli anni in cui era una rivelazione, in cui aveva interpretato Kurt Cobain in Last Days di Gus van Sant. E tutto questo dolore, questa rabbia, questo deragliamento si vedono, in lui, nel suo sguardo, nel suo modo di recitare. Sembra quasi, in alcune scene, che faccia fatica a pronunciare le parole, come se ci fosse un nodo troppo forte da sciogliere, prima di parlare.
Lo vediamo correre, all’inizio del film, come Sylvester Stallone all’alba, nelle strade di Philadelphia, in Rocky di John Avildsen, il padre e la madre di ogni film sul pugilato. E non è un caso, certamente. Poco dopo, lo vediamo bere un bicchierone con delle uova appena tirate fuori dal frigo. Sbrodolandosi, come Stallone in Rocky, in quella scena in cui aveva messo la sveglia in piena notte, per andare ad allenarsi. E aveva ingurgitato sei uova, dal frigo allo stomaco, sbrodolandosi tutto sulla tuta grigiastra, uguale a quella di Pitt in questo film.
I residui della New Hollywood. È stato realizzato nel 2023 dove è stato presentato alla 80° Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti Extra, ma richiama il clima è quello del cinema statunitense degli anni Settanta segnato da protagonisti solitari alla ricerca di un riscatto impossibile che si muovono quasi confusi nella giungla della metropoli. Gli spostamenti di Mikey, interpretato da Michael Pitt la cui maschera somiglia a quella di Rourke in Homeboy (1988) con cui condivide il contrasto tra lo spirito distruttivo e i provvisori ‘ritorni alla vita’, sono simili a quelli di Joe e Rico, portati sullo schermo da Jon Voight e Dustin Hoffman in una delle prove più importanti della loro carriera, in Un uomo da marciapiede (1969) di John Schlesinger. Il protagonista si muove da solo sullo schermo. Il suo passato rimbomba soprattutto sulla sua testa, anche se ci sono i flashback di quando era bambino in alcuni momenti in compagnia della madre.
Mikey, un pugile che un tempo è stato un campione, è appena uscito di prigione e la sera stessa torna a combattere sul ring. La sua vita è però in pericolo. Ha un aneurisma e un colpo ben assestato potrebbe essergli fatale. Prima del match al Madison Square Garden di New York rivede le persone che sono state importanti per lui, soprattutto la sua compagna dalla quale ha avuto una figlia e da cui non cerca una riconciliazione ma solo di essere perdonato. È tormentato dai sensi di colpa (“Ho smesso di vedere le persone che amavo”). Ritornano nella sua testa le immagini dell’incidente ma anche quella di un padre violento con cui non si è mai riconciliato.
I residui della New Hollywood. Il giorno dell'incontro - dal 12 dicembre al cinema - è stato realizzato nel 2023 dove è stato presentato alla 80° Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti Extra, ma richiama il clima del cinema statunitense degli anni Settanta segnato da protagonisti solitari alla ricerca di un riscatto impossibile che si muovono quasi confusi nella giungla della metropoli. Gli spostamenti di Mikey, interpretato da Michael Pitt la cui maschera somiglia a quella di Rourke in Homeboy (1988) con cui condivide il contrasto tra lo spirito distruttivo e i provvisori ‘ritorni alla vita’, sono simili a quelli di Joe e Rico, portati sullo schermo da Jon Voight e Dustin Hoffman in una delle prove più importanti della loro carriera, in Un uomo da marciapiede (1969) di John Schlesinger. Il protagonista si muove da solo sullo schermo. Il suo passato rimbomba soprattutto sulla sua testa, anche se ci sono i flashback di quando era bambino in alcuni momenti in compagnia della madre.
Mikey, un pugile che un tempo è stato un campione, è appena uscito di prigione e la sera stessa torna a combattere sul ring. La sua vita è però in pericolo. Ha un aneurisma e un colpo ben assestato potrebbe essergli fatale. Prima del match al Madison Square Garden di New York rivede le persone che sono state importanti per lui, soprattutto la sua compagna dal quale ha avuto una figlia e da cui non cerca una riconciliazione ma solo di essere perdonato. È tormentato dai sensi di colpa (“Ho smesso di vedere le persone che amavo”). Ritornano nella sua testa le immagini dell’incidente ma anche quella di un padre violento con cui non si è mai riconciliato.
Ci sono le luci del palcoscenico che diventano l’attrazione con cui riprende forma il passato perduto ma che sono anche stordenti, dissonanti, che possono creare confusione, disagio nella sua testa. Michael Pitt si appropria dei muscoli e del cuore del suo personaggio e la sua interpretazione piena di dolore ma anche di slanci vitali dà a Il giorno dell’incontro l’impeto struggente di una ‘poesia malata’. Il film riprende il titolo di un documentario sportivo di 16 minuti girato da Stanley Kubrick nel 1951, Day of the Fight, e pedina il protagonista allo stesso modo con cui il regista di Il dottor Stranamore ha fatto con il peso medio Walter Cartier.
In un solo giorno, quello che segna il suo ritorno sul ring, il pugile Mike Flannagan ripercorre le tappe decisive della sua vita. Per farlo, deve vedere le persone che a vario titolo ne hanno segnato il destino: l'ex coniuge, la figlia già adolescente, il padre ricoverato in un ospizio, l'allenatore che ha sempre creduto in lui, l'amico ora prete. E, soprattutto, due figure di cui non restano che [...] Vai alla recensione »
Day of the Fight era il titolo del primo film di Stanley Kubrick, un corto documentario - ancora largamente basato sulla sua attività da fotografo - che seguiva la preparazione di un incontro (del peso medio Walter Cartier, un perfetto sconosciuto) ripercorrendo le tappe antecedenti al match, i momenti privati, lo sguardo attento ma distante di un pugile in attesa di combattere.
Jack Huston, nipote di cotanto nonno, omaggia, rispetta e personalizza una Via Crucis che dura 24 ore e 12 round: la discesa agli inferi della redenzione da parte di un pugile dilaniato dal dolore e dal senso di colpa. Il regista parte dal cortometraggio dell'allora sconosciuto Stanley Kubrick, quel «Day of the fight» dove seguiva per un giorno il campione dei pesi medi Walter Cartier alla vigilia [...] Vai alla recensione »
Il campione di pugilato Mikey (un Pitt compunto e solido) si appresta a tornare sul ring dopo 10 anni di carcere, benché corra il rischio della rottura di un aneurisma cerebrale. La giornata d'attesa del match della vita, al Madison Square Garden, sarà l'occasione di tentare una redenzione fatta di piccoli e grandi gesti. Dopo vent'anni di carriera da attore e una cinquantina di film all'attivo, Jack [...] Vai alla recensione »
Dalla mattina alla sera, la giornata di un pugile nelle ore precedenti al combattimento più importante della sua vita, l'occasione per dare un senso a un'esistenza in cui ha causato troppo dolore, a sé e agli altri. Una manciata di riprese, ma prima una serie di altri incontri, con le persone che hanno contato e che ancora contano. Poi si vedrà.Il giorno dell'incontro è l'esordio alla regia di Jack [...] Vai alla recensione »
I film come si facevano una volta. Non è un giudizio, è una categoria. Questo è in bianco e nero, di impianto teatrale - nel senso che le persone parlano una per volta e rispondono con calma, a tono. Al bar non parlano quasi, come al banco dei pegni. che qui serve anche da cassaforte. Nella palestra di boxe, dove cercare la rivincita (e intanto dare una lezione a chi approfitta di forza e tecnica verso [...] Vai alla recensione »
"Mikey l'irlandese" (Michael Pitt) è un pugile, ex campione dei pesi medi, "condannato a vita". Il suo passato sanguina per gli errori commessi: la dipendenza dall'alcol gli ha distrutto la carriera e spezzato i legami familiari ma, soprattutto, è stata la causa di un evento tragico che lo perseguita ancora. Dieci anni dopo il suo ultimo incontro, disintossicato, ma in frantumi, ha la possibilità [...] Vai alla recensione »
Nel giorno del suo primo incontro dopo essere uscito di prigione, Mikey, un tempo campione di boxe, intraprende un viaggio di redenzione attraverso il suo passato. Mentre si prepara per il combattimento più importante della sua vita, il giovane si riconnette con le persone a lui più care e cerca di rimediare agli errori commessi. Diretto dall'esordiente Jack Huston, nipote del leggendario John, Il [...] Vai alla recensione »
Nel 1951 Stanley Kubrick realizzò Day of the fight, un documentario sul pugile Walter Cartier. L'attore Jack Huston, qui sceneggiatore e regista, riprende il titolo e il film di Kubrick come ispirazione per un'opera che riesce a essere classica e nuova. Un Michael Pitt feroce e vulnerabile interpreta Mike Flannigan, pugile che ha deciso di tornare sul ring dopo dieci anni d'inattività e contemporaneamente [...] Vai alla recensione »
Il giorno dell'incontro sembra un balzo nel passato. Non solo perché il film (2023) è ambientato negli anni 90. Né perché è fotografato in un ottimo bianco e nero, come quel classico del boxe-movie che è Toro scatenato di Scorsese. O per la scelta dei brani jazz e rock. Ma perché Jack Huston, ultimo erede della dinastia cinematografica Huston, ricorda da vicino il grande nonno John (pugile dilettante [...] Vai alla recensione »
Jack Huston non è salito sul ring per un incontro facile. Il regista debuttante, nipote del grande John Huston e buon attore di retrovia in tv e al cinema (meno come leader nel remake di Ben-Hur del 2016), con l'opera prima Il giorno dell'incontro ha voluto sfidare Stanley Kubrick, Martin Scorsese e Darren Aronofsky. Tre pesi massimi. Conosceremo sempre meglio Mickey, pugile americano di origini irlandesi [...] Vai alla recensione »
Con questo esordio alla regia, l'attore nipote di John Huston ficca il naso nell'umore di uno dei film più riusciti e toccanti del nonno (Città amara - Fat City), la faccia in ombra e disillusa del mondo della boxe, in una New York in bianco e nero anni '90 che vale forse più del percorso di ostinato recupero delle relazioni (moglie, figlio, amici) di un pugile appena uscito dal carcere, pronto a giocare [...] Vai alla recensione »
«Chi dice che la boxe è una metafora della vita non sa niente della boxe, e secondo me ha capito poco anche della vita. Non c'è niente in comune tra la boxe e la vita, anzi, la boxe è proprio la vita come non dovrebbe andare». Nella vita si evita il dolore, nella boxe gli si va incontro. Un incontro che dura un giorno. Jack Huston costruisce il suo film come un match, e ogni incontro di Mike Flannigan [...] Vai alla recensione »
Con Il giorno dell'incontro (Day of the Fight ) - presentato alla Biennale 2023 nella sezione "Orizzonti extra" - Jack Huston decide di omaggiare non solo uno dei capolavori del nonno John, Città Amara (1972), ma anche il genere dei film sul pugilato, il quale almeno da Il Campione (1931) di King Vidor ha donato tanti capolavori al cinema hollywoodiano.
Il bianco e nero, il pugilato. Impossibile non pensare e al tempo stesso avvicinarsi al Toro scatenato di Martin Scorsese, impossibile non lasciarsi sedurre dal folk-blues di Sixto Rodriguez (Crucify Your Mind) che apre l'opera prima di Jack Huston (nipote del leggendario John), Il giorno dell'incontro (Day of the Fight in originale, proprio come il primo corto girato da Kubrick nel 1951.
Non puoi non prenderle nella vita, l'importante è darne una in più. Figuriamoci sul ring. Non bastasse il voltaggio esistenziale, Jack Huston rincara la dose: "Fino a che punto siamo disposti a spingerci per coloro che amiamo?". Succede in Day of the Fight, battezzato alla Mostra di Venezia nel 2023 e destinato agli annali pugnaci della Settima Arte: come se Rocky incontrasse Toro scatenato, sebbene [...] Vai alla recensione »
Vi è una curiosa tendenza neoclassica celata nel mezzo della selezione ufficiale a Venezia, un ritorno agli autori classici: Timm Kröger riscopre Hitchcock attraverso Lynch nella Teoria del tutto; il Michael Mann di Ferrari non sembra essere mai stato così vicino al cinema di Howard Hawks; infine, Jack Huston decide con Day of the Fight di omaggiare non solo uno dei capolavori del nonno John, Città [...] Vai alla recensione »
"Was it a huntsman or a player. That made you pay the cost", canta Sixto Rodríguez nella splendida Crucify Your Mind che il pugile Mike Flanaghan sceglie di ascoltare (non a caso) per iniziare il suo lungo giorno della redenzione. New York, fine anni Ottanta. Michael Pitt interpreta un trentenne da poco tornato in libertà dopo aver scontato in carcere la pena per l'omicidio stradale di un bambino. Vai alla recensione »
Il bianco e nero è tornato di moda, almeno nei lavori ospitati dalla Mostra di Venezia 2023 molti dei quali lo utilizzano o per tutto il film o per una parte (da El Conde a Povere creature! a The Green Border e altri ancora): nostalgia e ricerca di un tempo perduto? Ci sarà, forse, da interrogarsi. Di certo in b/n è girato anche l'esordio alla regia del quarantenne Jack Huston, nipote di John, e attore [...] Vai alla recensione »
Day of the fight di Jack Houston è un film drammatico, presentato nella sezione Orizzonti Extra all'80^ edizione della Mostra del Cinema di Venezia. A Brooklyn il pugile Mickey (Michael Pitt), noto al pubblico come "l'irlandese", si prepara ad un match epocale al Madison Square Garden. Ex campione dei pesi medi, adesso dovrà affrontare Fletcher, temibile campione in carica.