Titolo originale | R.m.n. |
Anno | 2022 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Romania |
Durata | 125 minuti |
Regia di | Cristian Mungiu |
Attori | Judith State, Alin Panc, Marin Grigore, András Hatházi, Orsolya Moldován Macrina Barladeanu, Zoltán Deák. |
Uscita | giovedì 6 luglio 2023 |
Tag | Da vedere 2022 |
Distribuzione | Bim Distribuzione |
MYmonetro | 3,61 su 13 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 28 aprile 2023
Un film per comprendere come nasce e si diffonde il razzismo oggi. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Lumiere Awards, Al Box Office Usa Animali Selvatici ha incassato 22,1 mila dollari .
CONSIGLIATO SÌ
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Matthias, burbero e taciturno lavoratore di un mattatoio tedesco, litiga con il datore di lavoro e scappa verso Recia, il villaggio di origine in Transilvania. Qui trova una situazione complicata: la moglie Ana sta crescendo il figlio Rudi in maniera troppo protettiva, mentre la sua amante Csilla ha fatto carriera in un grande panificio locale. Quando quest'ultima, per poter ottenere dei benefici UE, si trova a dover assumere braccianti provenienti dallo Sri Lanka, nel villaggio emergono intolleranze sopite a lungo ma più vive che mai.
Benché il titolo lasci pensare alla Romania, ridotta alle sue sole consonanti, il riferimento ufficiale è a agli esami clinici - R.M.N. è l'acronimo rumeno della risonanza magnetica - a cui viene sottoposto Papa Otto, un anziano pastore rispettato da tutti.
Ma come le macchine passano allo scanner le condizioni neurologiche di Otto, così Mungiu sottopone a un'indagine approfondita lo stato delle cose in Romania e più in generale nella contemporaneità europea, pervasa da tensioni, intolleranza e paura. La scelta di ambientare la vicenda in Transilvania, crogiuolo di etnie (rumena, magiara, rom e ebraica), fedi religiose (cattolicesimo, cristianesimo ortodosso, islamismo) e idiomi eterogenei, non è casuale e ha lo scopo di rappresentare la fragilità di equilibri secolari, pronti a esplodere in fratture dilanianti alla prima scintilla. Matthias perde il lavoro per un insulto razzista - "zingaro" - ma infligge, insieme ai concittadini più facinorosi, il medesimo contrappasso ai nuovi immigrati singalesi, accusati di "rubare" il lavoro agli abitanti di Recia, che in realtà quel lavoro non hanno nessuna intenzione di praticarlo, per ragioni di denaro o di semplice lassismo, preferendo recarsi all'estero o vivere di sussidio statale. Una concatenazione di rapporti di vassallaggio che si traducono in infinite guerre tra poveri, tra fratelli, tra vicini, in una disarmante dissezione della natura umana e della sua incapacità di progredire su temi atavici e tuttora attuali. Mungiu ha la forza di rappresentare questo cumulo di contraddizioni mediante gli ormai celebri piani sequenza atti a "inseguire" i personaggi o con scene corali di pregevole fattura: in particolare, tra queste, la sequenza dell'assemblea del villaggio, un'unica inquadratura in cui ogni figura in campo segue un andamento autonomo e manifesta un differente punto di vista, mentre la macchina da presa sceglie di mettere a fuoco o fuori fuoco un intervento o l'altro in base all'andamento emozionale del dibattito.
Ad aggiungere una ulteriore quota di novità nello stile del regista di Un padre, una figlia, è l'abbandono di un realismo tout court in favore dell'applicazione di tecniche e stili realisti a una materia che esonda verso il surreale. La foresta che circonda il villaggio, così come le nuvole grigie e pesanti che si addensano nel cielo, forniscono la cornice ideale per un viaggio nell'inconscio che transita da premonizioni di immagini lasciate fuoricampo e simbolismi enigmatici - il travestimento da orsi - per raccontare l'esplosione dell'elemento ferino presente nella natura umana. Nel degrado di Papa Otto vive il progressivo decadimento di una società pervasa dalla paura e accecata dall'egoismo e dalla superstizione, in cui le lezioni di secoli di storia sembrano dimenticate e oggetto di un periodico reset. Un ritorno a uno stato di natura che non ha nulla di edenico e ha tutto del perverso simulacro di natura che l'uomo ha modellato a sua immagine e somiglianza.
Il vero protagonista dell'ultimo film di Cristian Mungiu è il paese della Transilvania in cui si ambienta (che non esiste ed è la somma di tre villaggi limitrofi): un centro ai bordi della foresta, circondato da una miniera dismessa, abitato da comunità rumene, ungheresi e tedesche, senza opportunità di lavoro, a parte quelle offerte da un panificio industriale che assume manodopera al minimo salariale [...] Vai alla recensione »
Cristian Mungiu torna a Cannes con un film a forte connotazione sociale. Siamo in un villaggio multietnico in Transilvania, luogo perfetto per scandagliare i più bassi istinti dell'essere umano. ll periodo natalizio è agitato da sentimenti poco cristiani, dalla fiamma xenofoba e dagli spettri dell'impoverimento. Seguiamo Matthias, che torna dopo un'infruttuosa migrazione in Germania, e la sua ex, Csilla, [...] Vai alla recensione »
Siamo nella cittadina di Bradu popolata da un misto di rumeni e ungheresi che da sempre faticano ad accettarsi, ma sono pronti ad unirsi nella caccia allo straniero che «toglie lavoro e porta malattie»: vedi tu, quello che da noi si dice degli immigrati dell'Est. Con abilità Mungiu traduce la realtà in una parabola morale, i cui protagonisti (qui un tosto personaggio femminile e un tormentato maschilista) [...] Vai alla recensione »
Matthias è un rumeno emigrato in Germania dove lavora in un mattatoio. In un momento di esasperazione colpisce il suo capo e, prima dell'intervento delle autorità, si rifugia nel paese da cui era fuggito, un piccolo villaggio tra le montagne della Transilvania. Lì è costretto a reinserirsi nel mondo che aveva lasciato, affrontando le emergenze familiari che si susseguono come un'interminabile serie [...] Vai alla recensione »
Torna a Cannes, in concorso, Cristian Mungiu, il grande interprete del nuovo cinema rumeno che proprio sulla Croisette si è fatto conoscere e ha maturato la sua carriera, dalla Palma d'oro rivelazione con 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni, alla migliore sceneggiatura con Oltre le colline e alla migliore regia con Un padre, una figlia. R.M.N., questo è il titolo del suo film in competizione, appare a oggi [...] Vai alla recensione »
L'altro film della giornata è R.M.N. (la sigla di Risonanza magnetica nucleare) del rumeno Cristian Mungiu che ci porta in un paesino della Transilvania dove le tensioni nascosto tra gruppi etnici (rumeni, ungheresi, gitani) esplodono quando la locale industria di panificazione assume tre lavoratori dello Sri-Lanka per ingrandirsi e ottenere i finanziamenti europei.
Dai vampiri del capitalismo spiaggiati alla moderna Transilvania in R.M.N di Mungiu (Palma per lui nel 2007 con 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni). Il titolo cita la risonanza magnetica perché si scansiona la mente di un rumeno indeciso tra machismo e cotta per la progressista del villaggio. Ambientato in un paesino dove tutti odiano dei migranti dallo Sri Lanka.
In un villaggio dove convivono rumeni, ungheresi e tedeschi, gli abitanti vanno in fibrillazione per la presenza di alcuni immigrati cingalesi, regolarmente impiegati. Mungiu esplora con il consueto stile scarno e implacabile un piccolo mondo in miniatura dominato dall'intolleranza sotterranea, nonostante l'apparente convivenza di diverse etnie. Cinema dichiaratamente politico, ruvido, mai esornativo, [...] Vai alla recensione »
R.M.N. in rumeno sta per "Rezonanta Magnetica Nucleara" nel senso della risonanza magnetica, ma in fondo l'acronimo può anche essere letto come una sorta di sigla apocrifa di "Romania". Mungiu offre una chiave di lettura del proprio film sin dal titolo, chiedendo allo spettatore di considerare R.M.N. come una specie di esame radiografico del proprio paese volto a esplorarne i minimi dettagli, quelli [...] Vai alla recensione »
Un villaggio, Ditrau, in Transilvania, dove capitalismo e razzismo mordono, alimentando l'eterna guerra dei poveri. È R.M.N., è la risonanza magnetica che Cristian Mungiu, aristocrazia di Cannes dopo la Palma d'Oro nel 2007 a 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni, porta in Concorso a Cannes 75, sottoponendovi la Romania qui e ora. Lo fa tallonando Matthias (Marin Grigore), che molla il lavoro in un mattatoio [...] Vai alla recensione »
Leggendo distrattamente il titolo del quinto lungometraggio di Cristian Mungiu, R.M.N., viene logico pensare a un acronimo che faccia riferimento alla Romania: in verità l'abbreviazione sta invece a indicare "Rezonanta Magnetica Nucleara", vale a dire la risonanza magnetica. Una scelta che Mungiu fa da un lato ponendo in risalto un passaggio secondario all'interno della narrazione - Otto, il padre [...] Vai alla recensione »
Si parlano tante lingue nel piccolo villaggio della Transilvania in cui è ambientato R.M.N. Il rumeno, ovviamente, ma anche l'ungherese e il tedesco. Persino il francese, segno storico della cultura occidentale più influente, e l'inglese, la lingua globale per eccellenza. Tutti sembrano capirsi, riuscire a passare con naturalezza da una grammatica all'altra.