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Illusioni perdute, una straordinaria scelta musicale per accompagnare la parabola di Lucien

L’affresco maestoso di Xavier Giannoli esalta i rimandi alla contemporaneità del romanzo, ma mantiene un linguaggio classico che si avvale della colonna sonora per contestualizzare e rafforzare i passaggi narrativi. Dal 30 dicembre al cinema.
di Emanuele Sacchi

mercoledì 15 dicembre 2021 - Focus

Per Marcel Proust “Illusioni perdute” era il capolavoro nel capolavoro, il punto più alto della “Comédie humaine” in cui Honoré de Balzac ha scandagliato i turbamenti, le inquietudini e le storture dell’animo umano. La parabola in tre volumi di Lucien sussume tutti i temi cari al romanziere francese e li colloca in un’epoca di fondamentale transizione storica: quella della Restaurazione post-napoleonica, in cui l’ancien régime si riappropria degli antichi privilegi e gira all’indietro le lancette dell’orologio della Storia. Lucien Chardon, figlio di un farmacista che nasconde le proprie origini sotto il cognome della madre nobile, de Rubempré, è un giovane provinciale, ambizioso e ingenuo, amante della Marchesa de Bargeton e poeta, smanioso di essere accolto nell’alta società dell’aristocrazia.

L’affresco maestoso di Xavier Giannoli esalta i rimandi alla contemporaneità del romanzo, ma mantiene un linguaggio classico che si avvale della colonna sonora per contestualizzare e rafforzare i passaggi narrativi e i saliscendi della parabola di Lucien. Vivaldi, Schubert, Bach e Rossini, tra gli altri, accompagnano le gesta del giovane dalla campagna alla città. Il film ha inizio con il Concerto per 2 violoncelli e archi RV 523 di Vivaldi, introducendo la realtà decentrata in cui il protagonista, pieno di speranze, si affida alla Marchesa per cercare una affermazione letteraria.

Il preludio al terzo atto di Hippolyte et Aricie di Jean-Philippe Rameau, con i suoi bassi e i suoi ottoni, diviene il contraltare ideale per l’ambiziosa marcia verso il successo di Lucien de Rubempré, disposto a tutto, anche a rinnegare il cognome paterno per poter aspirare ai privilegi di un ceto sociale superiore. Lucien cerca riscatto e sembra trovarlo tra le pagine di giornali anti-governativi, come Satan, e nel mondo dello spettacolo. L’amore per la giovane Coralie, attrice squattrinata e animo candido e sincero, è accompagnato dalle note del 4° movimento per quartetto d’archi di Guillaume Lekeu, intitolato Romance. Intenso e malinconico, quasi a presagire l’amarezza che seguirà alla gioia del momento.

I primi passi di Lucien nel grand monde della mondanità parigina trovano riscontro ideale nella Polonaise per violoncello e orchestra D 580 di Schubert. Un’immersione nel piacere della notorietà e della dissolutezza, guidata da consigli di lingue biforcute e melliflue. Il Canto del cigno, la serenata di Schubert, suona come un ulteriore presagio del destino che attende Lucien, dopo aver sceso la china. Schubert diviene uno dei legami invisibili tra il film di Giannoli e l’opera di Stanley Kubrick a cui è stato accostato, Barry Lyndon, che aveva nel compositore tedesco un costante contrappunto. Là si raccontava una scalata sociale nel Settecento prima della Rivoluzione, in Illusioni perdute il tentativo, ancor più anacronistico e disperato, di compiere analoga impresa nell’Ottocento della Restaurazione.

La Parigi di Balzac non ha pietà per i parvenus, i meno fortunati e mal raccomandati, ancor più – ma con molte somiglianze – di quanto avviene oggi. Un mondo di selvaggi vestiti alla moda e istruiti, come quello che emerge dalla Danza dei Selvaggi di Jean-Philippe Rameau, estratto da Les Indes Galantes. Trionfali ma inquietanti, gli archi sembrano preludere alla crudeltà dei “selvaggi” che popolano un mondo di ipocrisia imbellettata, senza pietà né amore. Lucien de Rubempré si reca al gran ballo per assaporare il proprio riscatto e pascersi di illusioni, ostentando il raggiungimento del suo nuovo status sociale sulle note di Johann Strauss e del Valzer Wiener Bonbons.

Johann Strauss diviene così la colonna sonora dell’affermazione di Lucien nell’alta società, o dell’illusione della stessa. Il ballo è il momento in cui i limiti vengono sfiorati o violati, in cui la ricerca del migliore aspetto e portamento si traduce in esibizione e conquista. Lucien danza con Strauss e crede di avere il mondo ai suoi piedi, come un bambino in una fabbrica di caramelle prima dell’indigestione.

A concludere il film e a sancire il crollo delle speranze di Lucien, destinato a tornare in provincia indebitato e screditato, è la Sonata in tre parti di Henry Purcell, un adagio dai toni funesti che avvolge di tristezza la discesa del sipario sul nostro protagonista.


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