Anno | 2019 |
Genere | Commedia, |
Produzione | Italia |
Durata | 113 minuti |
Regia di | Sergio Rubini |
Attori | Rocco Papaleo, Sergio Rubini, Ivana Lotito, Bianca Guaccero, Gennaro Diana Alessandro Giallocosta, Ilaria Cangialosi, Antonio Andrisani, Cosimo Attanasio, Antonia Basta, Ivan Dario Buono, Pierluigi Corallo, Totò Onnis, Fabio Scaravilli, Nicola Valenzano, Serena Tondo, Pinuccio Tota, Ilaria Cangalosi, Niccolò Fava. |
Uscita | giovedì 9 maggio 2019 |
Tag | Da vedere 2019 |
Distribuzione | 01 Distribution |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,05 su 20 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 16 maggio 2019
Periferia di Taranto. Nel corso di una rapina, uno dei tre complici, Tonino detto Barboncino, approfittando della distrazione degli altri due, ruba tutto il malloppo e scappa. Il film ha ottenuto 1 candidatura ai Nastri d'Argento, In Italia al Box Office Il grande spirito ha incassato 300 mila euro .
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CONSIGLIATO SÌ
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Tonino è un ladruncolo sempre in cerca del grande colpo di fortuna: che sembra finalmente arrivare quando il bottino di una rapina, per cui lui era stato relegato al ruolo di palo, finisce fortuitamente nelle sue mani. Tonino fugge con la refurtiva sui tetti di Taranto e trova rifugio in un abbaino fatiscente abitato da uno strano personaggio: Renato, che si è dato il soprannome di Cervo Nero perché si ritiene un indiano, parte di una tribù in perenne lotta contro gli yankee. Renato, come sillaba sprezzantemente Tonino, è un "mi-no-ra-to", ma è anche l'unica àncora di salvezza per il fuggitivo, che tra l'altro si è ferito malamente cadendo dall'alto di un cantiere sopraelevato. Fra i due nascerà un'intesa frutto non solo dell'emarginazione, ma anche di un'insospettabile consonanza di vedute.
Che Rubini, alla sua 14esima regia, abbia le idee chiare si capisce da due scelte iniziali.
La prima è quella di far precedere la narrazione dalle immagini della fabbrica dell'Ilva, con le sue fornaci e le sue ciminiere fumanti, mescolandole alle immagini del fuoco "purificatore" acceso da Cervo Nero: inferno e praterie celesti, distruzione e devozione, peccato e redenzione. La seconda scelta fortemente simbolica è quella di ambientare quasi tutta la storia sui tetti di Taranto, in una ricerca visiva di elevazione fisica e spirituale: tutta la parabola (è il caso di dirlo) di Tonino e Renato si consuma nella verticalità, in ascese celestiali e rovinosi schianti a terra - quella terra avvelenata dalle fabbriche e infestata dalla malavita. Anche le ciminiere dell'Ilva incombono grazie alla loro altezza, che si erge arrogante sopra il livello del mare tarantino.
Tonino e Renato sono l'uno l'"uomo del destino" dell'altro perché attraverso il loro rispecchiarsi si accende la loro luce interiore, quella luce che lotta contro il buio circostante: la fotografia di Michele D'Attanasio è intenzionalmente livida e fosca, la scenografia di Luca Gobbi è lurida e monocromatica.
Le musiche di Ludovico Einaudi sottolineano ogni passaggio (a volte troppo platealmente) e la regia di Rubini passa dalle lunghe scene di dialoghi (ben scritti da lui stesso insieme a Carla Cavalluzzi e Angelo Pasquini) dal forte impianto teatrale, a sequenze movimentate di fuga, caccia all'uomo e colluttazioni violente, senza risparmiarci l'orrore e il disgusto.
Su tutto però dominano l'afflato poetico stralunato e il realismo magico che sono cifre distintive del suo cinema sempre in bilico fra materia e spirito, fra concretezza anche gretta e allucinazione sempre nobile. Il grande spirito è dunque una storia di miseria e nobiltà, con una grande attenzione all'elemento polisensoriale: il suono, in particolare, è molto curato, dal lamento gutturale di un malato costretto al ricovero forzato al ticchettio di una mano nervosa.
La questione dell'Ilva resta saggiamente sullo sfondo, ma permea - come un veleno silenzioso e letale - tutta la storia: le esistenze miserabili, la decimazione degli "indiani", la rabbia (mal) repressa, l'orizzonte forzatamente (de)limitato.
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Siamo andati al cinema senza troppe aspettative e ci siamo trovati di fronte a un piccolo gioiello. Surreale e a tratti bizzarro, ma anche profondamente calato nella realtà locale, Ilva sullo sfondo. I due personaggi principali creano una sinergia magistrale che dà forza e propulsione alla storia. La vicenda per lo più si sviluppa sui tetti e resta in alto, in una dimensione onirica, [...] Vai alla recensione »
“Il grande spirito” (2019) è il tredicesimo lungometraggio del regista-attore pugliese Sergio Rubini. Taranto e la Puglia, il Sud e l’Ilva, il Silenzio e i fondi, le giostre lavorative e le ruberie sottobanco. Sergio Rubini ci mette animo e passione in questo racconto fatto di impegni e disimpegni dove l’incontro tra Tonino e Renato, ovvero Cervo Nero e Barboncino. Vai alla recensione »
Meglio nudi che prigionieri della civiltà! Urla così uno straordinario Rocco Papaleo nel quattordicesimo film diretto da Sergio Rubini dall’emblematico titolo Il grande spirito. Una storia che nasce come western crespuscolare e che si muove tra le spire velenose dei quartieri popolari di Taranto funestati dall’acciaieria Ilva e dalle guerre tra bande.
In una zona malfamata di Taranto, la città pugliese contaminata dalla presenza dell' Ilva , un furfante che viene nominato Barboncino, sta assistendo un gruppo di malviventi come lui durante un colpo, fon quando lui stesso non sottrae il malloppo e fugge via per non essere trovato e soppresso dai suoi ex collaboratori, ed incontra un soggetto solitario ( presumibilmente un uomo con [...] Vai alla recensione »
Cervo Nero sogna il Canada, ma vive sui tetti di Taranto, le grandi praterie sullo sfondo sono le acciaierie dell’Ilva. E partiamo dall’interpretazione di Renato da parte di Rocco Papaleo. A mio avviso il miglior film dell’attore lucano che è perfetto nel dare volto e voce ad un uomo che affronta le proprie difficoltà psichiche rifugiandosi dietro un sogno: quello del [...] Vai alla recensione »
Tonino, soprannominato barboncino, è un piccolo criminale di Taranto spesso dileggiato dai suoi complici e ormai usato semplicemente come palo. Al termine di una rapina la refurtiva rimane nelle sue mani e fiutando la possibilità di riscattare una vita fatta di stenti decide di scappare braccato dagli ex complici e da una loro banda rivale.
Sono nata e cresciuta in quei posti e in quei posti ci si ammala di solitudine se si conserva un grande spirito, proprio come cervo nero. Adoro questo film perché rappresenta un po’ la mia storia e quella di molti altri cresciuti li, tra miseria e nobiltà tra il non essere compresi e il restare sospesi tra i tetti per non ammalare ulteriormente lo spirito! Adoro la musica che Ludovico Einaudi in maniera [...] Vai alla recensione »
Lo ammetto, viste certe premesse, ed alcune scelte precedenti non proprio azzeccate dei due (sia nella sezione "interpretazione" che in quella "regia") ho approcciato il prodotto in maniera imparziale: senza troppi entusiasmi o pretese, intendo. Invece... In "Il Grande Spirito" c'è tutto il sud. Quello con la "s" minuscola, quello martoriato da [...] Vai alla recensione »
Non ho mai amato le commedie, soprattutto quelle italiane, perché le ho sempre considerate monotone e con pochissimi contenuti interessanti. Ho avuto in questi giorni la fortuna di ‘penetrare’ in questo meraviglioso gioiello di Sergio Rubini ‘Il grande spirito’, che ha suscitato in me delle meravigliose e interessanti sensazioni.
E' un film romantico Il Grande Spirito:Cervo Nero (Rocco Papaleo) ci mostra come vivere in una dimensione diversa, che prescinde dall'essere prigionieri della civiltà. Senza acqua e senza luce, bastano quelle che il cielo gli fornisce, sognando però di trasferirsi un giorno nelle praterie e tra i bisonti del Canada dov'è la sua tribù dei Sioux.
Film con una sceneggiatura e fotografia bellissime. Tra i migliori film visti quest'anno
Da VE DE RE... Un Rocco Papaleo da Premio Speciale per una mirabilissima interpretazione: autentica, rotonda, profondamente convincente, al punto da essere carismatica, calamitante, al punto che ti porta via in una commozione inaspettata e rapita. È LUI il protagonista, LUI è il film... oltre ogni lettura banale e superficiale che si può trovare nelle versioni delle trame [...] Vai alla recensione »
Il trailer non rende giustizia a questo piccolo capolavoro. Mi aspettavo una commediuola senza pretese...invece é un film di rara sensibilità cinematografica, con personaggi e atmosfere, musiche e fotografia straordinarie. Davvero un'opera sottovalutata che merita piú attenzione. bravissimi Rubini e Papaleo.
Il trailer non rende giustizia a questo piccolo capolavoro. Mi aspettavo una commediuola senza pretese...invece é un film di rara sensibilità cinematografica, con personaggi e atmosfere, musiche e fotografia straordinarie. Davvero un'opera sottovalutata che merita piú attenzione. bravissimi Rubini e Papaleo.
Il claustrofobico tinellismo del cinema italiano (nello specifico: "La stazione", 1990) sfondato dalla celeste prospettiva dai tetti di Taranto: già con questa scelta Rubini liquida l'enfasi retorica e finalmente s'assiste a un gioco di contrasti. Pure l'accoppiata fra lui e Papaleo è quella di due emarginati/marginali diversi, realismo e surrealismo.
Emozionante e vero: un film "povero" dalla parte (o dagli occhi) degli ultimi, dei "non visibili" sui tetti, nella vita o nelle case (sullo sfondo di una Taranto trafitta ed afflitta, lividamente fotografata dai tetti), che regala con omogenea sapienza battute e verità, piccole chicche di malinconica dolcezza e schizzi di sordida cattiveria, saggezza di verità storiche e contingenti.
Gran film di Rubini dalla Terra mi mancava tranne il carino Dobbiamo Parlare ma come con la Terra ha fatto centro così con questo film Grande Soggetto,2 grandi interpretazioni di Rubini ed il migliore Papaleo, un personaggio indimenticabile.Un film da non perdere
Storia surreale che potrebbe scadere in ogni momento ma in realta si sviluppa egreggiamente. Sia Rubini sia Papaleo sono fantastici, ma anche Teresa. Era una scomessa andare a vederlo ma la scomessa e stata vinta. Lo consiglio a chi ama il buon cinema italiano
Sergio Rubini torna alla regia con Il grande spirito, che racconta in forma metaforica la vicenda dell'Ilva di Taranto. E non perde la sua vis polemica, o la sua voglia di fare cinema "contro". L'incontro fra il suo personaggio, Tonino, ladruncolo in fuga dai picciotti del quartiere, e Renato, un "minorato mentale" che in realtà si rivela molto più saggio di chi gli sta vicino, è poetico e ispirazionale, pensato per indicare ai tarantini - a agli italiani di oggi - una strada per uscire dall'impasse etica (ed estetica) in cui siamo intrappolati.
Rubini si confronta tanto con l'aspetto tragico quanto con quello comico della nostra contemporaneità, e lancia un messaggio di redenzione possibile a chi lo vuole ascoltare.
Come è nata l'idea de Il grande spirito?
Sono partito dal personaggio di Renato, interpretato da Rocco Papaleo, una sorta di Barone Rampante che vede la fabbrica dell'Ilva come un nemico contro il quale combattere. Nella sua ottica i tarantini sono i membri di una tribù indiana cui gli yankee hanno portato il veleno. Poi ho avvicinato a Renato il mio personaggio, Tonino: un topo di fogna che si muove nei bassifondi della città. Sono due ultimi che, messi insieme, generano una comicità naturale.
Anche il fatto che si esprimano in dialetto è funzionale?
Volevo che fossero due ultimi autentici, e ho usato la lingua del loro strato sociale per poter poi rivelare che sono più nobili di come appaiono, che dentro di loro c'è ancora una lampadina pronta a brillare.
Il grande spirito nomina anche Manduria, oggi sulle prime pagine dei giornali per la vicenda dell'anziano bullizzato da una baby gang.
Una vicenda da film dell'orrore, che dimostra come quando ci si approfitta dell'innocenza si è davvero cattivi. Il nostro film manda il messaggio opposto: solo l'innocenza ci può salvare. Chi ha figli lo sa bene: negli occhi dei bambini c'è il senso di tutto. Anche Il grande spirito racconta in forma metaforica una storia terribile: la situazione reale di Taranto.
Una situazione con la quale si deve confrontare anche la politica.
Ho preparato un video che ho mandato a Michele Emiliano, Presidente della Regione Puglia, per ricordare come prima a Taranto c'erano le praterie, e ora c'è questo mostro: ditemi voi se si può vivere con un obbrobrio così accanto. Finora il governo ha eluso tutte le domande dei tarantini. Il 7 maggio presenteremo a Taranto il nostro film e spero, da cittadino, che quella presentazione abbia un significato in più, e che i membri della politica e delle istituzioni decidano di farne parte.
Il suo è uno dei due film italiani che Moviement ha scelto per allungare la stagione cinematografica al periodo estivo (il film uscirà in 200 copie il 9 maggio, ndr). Che cosa ne pensa?
Spero che abbiano ragione loro. Ma temo che farà l'effetto di una campagna per aprire i pub all'aperto nella Londra autunnale. È un problema geografico prima ancora che culturale. E ricordo che quando il generale esclama: "Facciamo la guerra!", gli avamposti sono sempre i primi caduti.
Torna il cinema di Sergio Rubini con una commedia un po' amara dal titolo Il grande spirito. Dopo tre anni dal suo ultimo film, Rubini, in coppia con il bravissimo Rocco Papaleo, mette in scena una "favola nera" girata sui tetti della periferia di Taranto. Tonino è un ladro di professione, un rapinatore di mezza età con l'aria da barbone e un soprannome disonorevole - "barboncino" - conquistato [...] Vai alla recensione »
Nel nuovo film di cui è regista, sceneggiatore e interprete, Sergio Rubini è Tonino, un reietto senza qualità, un campione di meschinità e cupidigia. Uno di quei personaggi da cui un attore ha ben poco da guadagnare, niente fascino, niente redenzione, se non all'ultimo, quando non c'è tempo neanche per dire grazie. Nel Grande Spirito, faccia a faccia con il delirio di Renato (Rocco Papaleo), convinto [...] Vai alla recensione »
Un western urbano, un derelitto che si crede l'ultimo dei Sioux, un ladro sfottuto da tutti, una città, Taranto, dove si muore come bisonti. E' Il grande spirito di Sergio Rubini, che a quasi trent'anni dall'esordio alla regia, La stazione (1990), si dirige tra sogno e realtà, dramma e risata, ovvero gli argini abituali del suo lavoro dietro e davanti la macchina da presa.
L'anima un po' western Sergio Rubini l'ha sempre avuta: la Puglia che ha raccontato nel suo cinema, dopotutto, è uno stato dell'animo, un luogo fisico ben definito, ma anche un ideale altrove, ricettacolo di miti e magie in cui ogni gesto diventa mitico e ogni scorcio si trasforma quasi in un canyon da cui ti aspetti di veder uscire un pistolero. Tutto però sempre a livello di suggestioni, frutto più [...] Vai alla recensione »
Brutti, sporchi e cattivi: ma non è il film del 1976 di Ettore Scola, sono invece i due protagonisti di questo «western urbano» - «Il grande spirito» -, Sergio Rubini nei panni di Tonino e Rocco Papaleo in quelli di Renato. Tonino, detto «barboncino» (e poi scopriremo perché), è un rapinatore di mezza tacca che, insieme a due complici, sta per rapinare un «compro oro».
Taranto, giorni nostri. Un veterano del piccolo malaffare di provincia (Rubini) è coinvolto in una sparatoria sui tetti della città dopo il furto di un bottino succulento. Cadendo incidentalmente da una trave si frattura la gamba ma viene curato da un eccentrico personaggio (Papaleo) che abita una soffitta e si crede un indiano Sioux dal nome Cervo Nero.
Nella periferia di Taranto, durante una rapina, uno dei tre complici, Tonino, ruba tutto il malloppo e scappa per dimostrare quello che vale agli occhi di chi non ha più rispetto del suo carriera di delinquente. Inseguito dai suoi complici, l'uomo sale sulla terrazza di un edificio dove incontra uno strano individuo che sostiene di chiamarsi Cervo Nero e di appartenere ai Sioux.
I cieli sopra l'Ilva, skyline-recinto della città e cul-desac della storia industriale del Paese, contano quanto la parabola grottesca del ladro Tonino, in fuga con bottino sui tetti di Taranto, e del matto lucido Renato detto Cervo Nero, che sui tetti ci vive come un indiano del Far West. Inseguito da gang rivali e ferito, Tonino (un fetido e brutale Rubini in tempi esatti) viene nascosto e curato [...] Vai alla recensione »
Durante una rapina tra malviventi Tonino, detto Barboncino, scappa con un borsone contenente tutto il malloppo. Inseguito da due diverse bande, si nasconde in un abbaino che sovrasta Taranto. Il tredicesimo film diretto da Sergio Rubini si svolge a tre diversi livelli d'altezza. Due infernali (le ciminiere dell'Ilva e la strada, territorio della malavita) e uno intermedio, sgangheratamente paradisiaco: [...] Vai alla recensione »
Una riserva indiana appollaiata sui tetti di Taranto, un piccolo limbo sospeso sulle brutture della realtà circostante, segnata dai fumi velenosi e mefitici dell'Ilva, dalla violenza, dalla criminalità, dalla corruzione, da mariti che costringano le mogli a prostituirsi, da ragazzini amorali per noia. È il palcoscenico, ovvero la location dove si svolge gran parte della vicenda de "Il grande spirito', [...] Vai alla recensione »
Tonino, detto "Barboncino" (e scopriremo perché) è l'ultimo e il più scalcagnato di una banda che spadroneggia nei quartieri bassi di Taranto, colpa del suo passato di sbevazzatore di sambuca ("anche se mi porti le analisi del sangue, per te la pistola non ci sta"). Ma mentre in tre stanno effettuando un furto in casa di un boss rivale, preso da un raptus e dall'aggrovigliarsi degli eventi, prende [...] Vai alla recensione »
"Un western contro l'Ilva" lo ha definito lo stesso Rubini. Come il cinema statunitense della New Hollywood, il cineasta e attore pugliese utilizza il genere per parlare invece del dramma dello stabilimento di Taranto. La città sempre come sfondo opprimente. Dove tutto il legame con la Puglia che è sempre qualcosa di viscerale nel cinema di Rubini (Tutto l'amore che c'è e La terra) si fondono con i [...] Vai alla recensione »
Periferia di Taranto. Nel corso di una rapina, uno dei tre complici, Tonino detto Barboncino approfittando della distrazione degli altri due, ruba il malloppo e scappa. La sua corsa procede verso l'alto, di tetto in tetto fino a raggiungere la terrazza più elevata, per rifugiarsi in un vecchio lavatoio, dove trova uno strano individuo dall'aspetto eccentrico: sostiene di chiamarsi Cervo Nero e di appartener [...] Vai alla recensione »
Tonino, detto Barboncino per motivi poco onorevoli, è un delinquente di mezza tacca che partecipa a una rapina in periferia di Taranto con due complici di tutt'altra ferocia e determinazione. Ma coglie l'attimo e li frega fuggendo col bottino. Braccato, si rifugia in cima a una casa, il malloppo gli finisce inavvertitamente sotto il cumulo di pietrisco di un cantiere ma soprattutto si trova a dover [...] Vai alla recensione »
Pasolini sostenne nei primi anni Settanta che i napoletani sono l'ultima tribù. «I napoletani hanno deciso di estinguersi, rifiutando il nuovo potere, ossia quella che chiamiamo la storia o altrimenti la modernità, restando fino all'ultimo napoletani, cioè irripetibili, irriducibili e incorruttibili». Taranto è altrettanto irriducibile, sebbene non abbia certo deciso di estinguersi e, anzi, si batte [...] Vai alla recensione »
Il grande spirito, il nuovo lavoro di Sergio Rubini, non è solo un film ma anche una dichiarazione poetica, un discorso politico e un manifesto per la libertà: d'essere e d'essere stati. Rubini interpreta Tonino, un uomo affaticato dalla vita, stanco di dover fare il ladro per sopravvivere, senza più amici e con poche speranze di riconquistare la donna che ama.
Una volta qui era tutta prateria", spiega Rocco Papaleo con la bandana e gli occhi spiritati a Sergio Rubini. Adesso invece c'è Taranto con l'acciaieria fiammeggiante (pare proprio l'Ilva, lo stabilimento che secondo Beppe Grillo andava chiuso e trasformato in parco giochi). Sergio Rubini lo ascolta perplesso (ma non ne ha ragione, visto che il film lo ha pensato, scritto, diretto e recitato, tempo [...] Vai alla recensione »
Dispiace ricorrere ai pannicelli caldi, ma è giusto premettere che Rubini è un regista intelligente e Papaleo un attore più profondo di quanto a volte sembri. "Il grande spirito", però, non regge il peso di un leitmotiv metaforico greve e pretenzioso e spreca l'empatia ingenerata tra i due personaggi di sfigati e nobili perdenti. Il delinquentello Tonino, braccato dalla polizia, s'imbatte, infatti, [...] Vai alla recensione »
Ambiziosa e noiosissima commedia di Sergio Rubini: mille bla bla tra i fumi dell'Ilva e fumisterie pseudo ecologiste. A Taranto fa fessi i due complici il ladruncolo Tonino (Rubini) e via col grisbì. Saltando sui tetti incontra un tale (Rocco Papaleo) che vegeta lassù: sono Cervo Nero, dei Sioux. E intanto i compari braccano il fuggiasco. Caritatevoli sottotitoli tentano invano di tradurre una storia [...] Vai alla recensione »