Doppietta di premi: miglior regista e miglior attrice.
di Emanuele Sacchi
Nell'aria si respirava qualcosa di speciale. Come se la proiezione de Il vizio della speranza avesse lasciato il segno presso gli astanti al Tokyo International Film Festival. Nella mattinata di un ponte tutto italiano arriva la conferma: dopo il premio del pubblico alla Festa del Cinema di Roma, il film di Edoardo De Angelis fa en plein a Tokyo. Questa volta con una giuria - presieduta dal regista filippino Brillante Mendoza e composta dal produttore Bryan Burk, l'attrice Taraneh Alidoosti, il regista Stanley Kwan e l'attrice Kaho Minami - che conferisce a De Angelis il premio per la migliore regia e a Pina Turco, la protagonista del film, quello per la migliore attrice.
Un elogio a un cinema che sa essere naturalista e crudo, ma anche onirico e mistico, che ha il coraggio di affrontare il sacro dove molti preferirebbero ritrarsi intimoriti.
Un film che è anche un messaggio universale e multietnico, che riguarda la natura umana nel suo complesso, benché osservata dalla periferia più disagiata del mondo, una Castel Volturno apocalittica, inondata dai rifiuti. Perché è proprio da qui, dove il divario del privilegio si fa più sentire, che si rafforza il richiamo dell'assoluto. È qui che si pongono questioni che accompagnano l'uomo fin dal giorno in cui ha acquisito consapevolezza del proprio destino. Concetti che De Angelis, da Tokyo, ci riassume in poche parole di ringraziamento:
La geografia ci allontana, il cinema ci avvicina, la storia ci distingue, l'arte ci unisce. Il sussidiario della vita è un libro che contiene le storie di tutti noi, scritte nell'unica lingua universale, quella della gioia che costa dolore".
In videoconferenza da Londra, visibilmente emozionata Pina Turco, che ringrazia la giuria e il regista, nonché marito, Edoardo De Angelis. Le parole che ci ha rilasciato sembrano pronunciate da Maria, il personaggio a cui la Turco ha dato vita:
Basta un po' di calore per dimenticare l'inverno freddo. In attesa che la vita rinasca ogni istante è infinitamente lungo, eppure, per chi sa resistere, una ricompensa puntuale arriva, come miele su una dolce ferita. La polvere e la materia brillano di luce rinnovata, lo spirito trova ristoro. Resistere, o meglio - nell'idioma ispanico - esperar: che sta per aspettare e sperare. Due concetti enormi in un'unica parola. Grazie alla vita che rinasce e grazie a chi, illuminandola, mi ha insegnato come meritassi di viverla. Grazie Edoardo.