Chi sono i "lovers" dell'ultimo eccezionale film di Jarmusch? Adamo ed Eva, la coppia protagonista e decadente che si annoia ai bordi di un mondo umano talmente incivile da sembrare morto? Forse sì, ma il titolo in forma di sentenza allarga il campo a chi ama anche le cose, non solo le persone. A parte Christopher Marlowe, vampiro ancora vivo dal '500 e vero autore delle cose migliori di Shakespeare (tra cui celesti sonetti), evidentemente gli uomini - prima di diventare come zombie - qualcosa di buono lo hanno fatto, se vale la pena collezionarne testi, strumenti, ritratti, ricordi.
Quel che più sorprende di Solo gli amanti sopravvivono - goffamente ignorato a Cannes 2013, e preso per un "selfie" del regista e delle sue ossessioni - è la dimensione emotiva (o "emo" se volessimo giocare sull'etimologia del sangue) che somiglia a una lunga nenia dark che avrebbero potuto suonare i primi Black Sabbath o i Cathedral. In verità, il rock che punteggia (come sempre) il film di Jarmusch. Visto come i suoi vampiri malinconici tentano di catalogare e archiviare il meglio di quel che hanno attraversato, facciamolo anche noi: "Funnel of Love" di Wanda Jackson, "Gamil" di Y.A.S., "Can't Hardly Stand It" di Charlie Feathers, "Red Eyes and Tears" di Black Rebel Motorcycle Club, "Little Village" di Bill Laswell e altri capolavori pescati in una discografia da intenditore e soprattutto da musicofilo non conservatore.
Sì, perché i suoi vampiri, uno dei quali ha conosciuto e ispirato persino Schubert per un noto quartetto d'archi, poi si emoziona andando a vedere dove è cresciuto Jack White. E un violino istoriato è solamente il progenitore di una chitarra Gibson del Novecento. Continuando con la scienza e la letteratura, unite da alchimia e pensiero quantistico, citando Aleister Crowley e Einstein senza soluzione di continuità.
I vampiri di Jarmusch non sono né romantici cinefili come quelli di Neil Jordan in Intervista col vampiro, né baldi atleti vegetariani come quelli di Twilight, né tanto meno tossici assetati di sangue come in The Addiction, e infine manco tradizionali stokeriani come le mille e una trasposizione di Dracula. Piuttosto sono archivisti, sopravvissuti talmente a lungo da preoccuparsi di come tesaurizzare l'arte e la scienza che gli uomini fanno di tutto per disperdere o censurare, e sono dunque amanti delle belle cose, e dunque esteti di un mondo che... prosegue. Facile sarebbe stato, per Jarmusch, presentarli come figure legate a universi scomparsi, ai drammi elisabettiani e a Tesla, alla musica classica e alla poesia romantica, e invece continuano a cercare, ad ascoltare, a leggere, a scegliere, a scoprire nuove musiche e nuovi artisti, come l'ultima cantante nella quale si imbattono a Tangeri.
Infine, Solo gli amanti sopravvivono sembra parlarci anche di cinema, scegliendo una terza, sorprendente via tra il citazionismo rigenerante di Tarantino o dei Coen, e il cinema d'autore che cerca sempre di reinventare la realtà. I vampiri di Jarmusch arrivano dopo, arrivano tardi, sono stanchi, eppure possono catalogare il meglio e trovare il modo più estatico per eternarsi. Non citano affatto, anzi si fanno parte dell'esperienza scelta. Loro stessi vivono delle cose lette, viste, create. Un po' come il miglior cinema contemporaneo, che si finge conservatore e invece reinventa il suo stesso esistere al mondo.