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La Città Invisibile: ridere ridere ridere ancora

Un evento proprio in occasione della settimana della Perdonanza Celestiniana.
di Marianna Cappi

La cruda realtà dell'Abruzzo post terremoto
Alan Cappelli Goetz Altri nomi: (Alan Cappelli) (37 anni) 10 agosto 1987, Brasschaat (Belgio) - Leone. Interpreta Luca nel film di Giuseppe Tandoi La città invisibile.

mercoledì 28 luglio 2010 - Incontri

La cruda realtà dell'Abruzzo post terremoto
Secondo lungometraggio distribuito dalla Iris Film sull'Aquila dopo il documentario Sangue e Cemento, La Città Invisibile è un'opera di finzione, che affonda però la sua genesi e il suo intero sviluppo nella realtà cruda dell'Abruzzo post terremoto.
Dopo i documentari e le inchieste drammatiche, uno sguardo diverso, di giovani (una troupe rigorosamente under 35) sui giovani, con un occhio alla ricostruzione più che al giudizio.
In uscita il 30 luglio solo nelle maggiori città, arriverà all'Aquila il 27 agosto, proprio in occasione della settimana della Perdonanza Celestiniana, che i cittadini sentono con grande attesa e che funge da sfondo al finale del film.

Il regista Giuseppe Tandoi, pugliese ma aquilano d'adozione, ha studiato all'Accademia dell'Immagine e al momento del terremoto progettava la sua opera prima...
Tandoi: Dopo il terremoto sono tornato in Puglia, perché la città era paralizzata, ma appena ho potuto sono tornato all'Aquila e mi sono chiesto: ora cosa faccio? Non volevo vedere la città distrutta, non volevo prendere la telecamera. Poi, insieme ad alcuni amici, tra cui i clown e il coro della tendopoli di don Juan (quello vero), abbiamo attivato dei laboratori e io ho messo a disposizione la mia abilità di filmaker. Così è nata l'idea di questo film. Non volevo raccontare il dolore ma la speranza, che ritenevo la cosa più utile, anche ad un anno di distanza, visto che le case ancora sono distrutte e molti amici vivono ancora in camper. Con il sostegno, anche economico, della mia famiglia e di tante persone, con una prima versione della sceneggiatura ma la ferma decisione di girare subito, nella tendopoli, sono andato da Emanuele Nespeca della Fabbrichetta e gli ho chiesto di farmi da produttore esecutivo. In due mesi abbiamo riscritto la sceneggiatura, fatto il casting e cominciato a girare, due settimane all'Aquila e poi a Roma, dove ho ricostruito gli interni. Il film non ha pretese di verità, ho voluto raccontare una fiaba, scegliendo tra le tantissime storie a disposizione, compresa la mia. Ci ho tenuto a girare durante il momento dell'indulgenza plenaria, che mi pareva simbolico trattando della rinascita della città.

Il finale del film lascia credere che la situazione abitativa degli aquilani si sia sistemata ma così non è. Da che parte sta il film?
Tandoi: Il film non ha intenzioni politiche e non è il contraltare di Draquila, tanto più che è stato girato quando il film della Guzzanti non c'era ancora. Nel finale si dice semplicemente che le tendopoli sono state smontate e gli sfollati sistemati tra case ed alberghi, cosa verissima. Certo, qualcuno sta anche alla Guardia di Finanza e qualcuno ha deciso di restare nel proprio camper, ma non potevo dilungarmi. Quel che mi preme dire è che la città è ancora lì, in attesa di essere ricostruita, e tocca a noi farlo. È un invito ad insistere. La scenetta di don Juan e Remo che vanno a rubare la campana di notte, anticipa quel fenomeno del "popolo delle carriole" che poi è effettivamente esploso: gli aquilani hanno cominciato a violare i limiti e a iniziare i lavori. In questi giorni qualcosa per fortuna comincia a muoversi, ci stiamo facendo sentire, vogliamo riavere la città. La vita è difficile, manca il centro, qualcuno abita in casa, qualcuno nei quartieri-dormitori, ma non m'interessava fare un film politico, volevo fare un film di speranza. Quella speranza che a mio avviso manca nel film della Guzzanti, che pure mi è piaciuto.

La commedia, però, non nega i problemi. Il razzismo verso la comunità rumena, per esempio.
Tandoi: Il film ruota attorno ai problemi che nascono dalla convivenza forzata: il coro della chiesa e i rockettari, la famiglia insieme alla prostituta o al tossicodipendente, italiani e stranieri, tutti insieme. In una delle tendopoli che ho visitato, gli italiani volevano erigere un muro di separazione per tenersi lontani dagli extracomunitari che prima vivevano nelle case popolari e che il terremoto aveva portato accanto a loro. Si tenevano a distanza e rifiutavano di usare e pulire i bagni dove andavano rumeni, albanesi e marocchini. Il razzismo è una realtà, anche se non dappertutto. La protezione civile non ha permesso il muro, per fortuna, ma l'episodio mi ha dato l'idea del confine con i panni stesi e di una storia d'amore alla Romeo e Giulietta.

La parola agli attori
Roberta Scardola: Sono romana e sono stata chiamata, a un mese di distanza dal terremoto, a fare un laboratorio all'Aquila. Quando sono arrivata ho visto dei ragazzi che non avevano più voglia nemmeno di prendere un caffè o uscire per un aperitivo, nel centro commerciale che era ancora in piedi. Quando mi hanno chiamato per fare il provino per questo film, perciò, ero molto scettica, ma ho vissuto nelle tendopoli per tre mesi, per questo progetto, e ho spiegato cosa stavo per fare e chiesto l'opinione dei ragazzi di lì: è stato il loro entusiasmo che mi ha spinto ad accettare.

Nicola Nocella
Ho conosciuto Giuseppe quattro anni fa, quando era alle prese col suo primo vero cortometraggio. È stato il primo che mi ha pagato per un lavoro, ragion per cui gli avrei detto sì per qualsiasi cosa, per gratitudine. Siamo conterranei, dello stesso paese, ma non ci conoscevamo prima. Stavo girando il film di Pupi Avati quando mi ha chiamato per cui, in realtà, avevo detto di no, ma lui mi ha convinto, perché è tanto buono come sembra ma in fondo sa quello che vuole e come ottenerlo. Ho accettato perché il ruolo mi piaceva e poi è un personaggio vero, perché Remo esiste davvero. Quando Giuseppe mi ha fatto il nome di John Belushi come ispirazione, poi, non ci ho pensato due volte. Una volta all'Aquila ho scoperto che la tendopoli era tutta dalla nostra parte, ho vissuto lì, assistito all'annuncio del parto di una donna incinta che avevo conosciuto e, nonostante Draquila per me sia uno dei capolavori della scorsa stagione, credo che un film come questo, su dei ragazzi che ci riprovano, fosse necessario. E poi mi sono divertito. Nel momento in cui c'è l'assolo di batteria in mezzo alla macerie, un signore di 80 anni mi ha chiesto cosa stavamo facendo, ho detto: "un film da ridere", mi ha detto: "bravi, era ora".

Il 10% del ricavato del film andrà alla ricostruzione della chiesa di Santa Maria degli Angeli, una piccola chiesa dell'Aquila, con un miracoloso affresco del Quattrocento, che, da luogo deputato agli incontri galanti e alle droghe, era stato preso in comodato d'uso un anno prima del terremoto dal regista e da alcune associazioni culturali e trasformato nella sede di una scuola di musica.

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